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:'''Cap. 31 Infirmità e morte del R.mo P. Muzzarelli Inquisitore di Firenze | :'''Cap. 31 Infirmità e morte del R.mo P. Muzzarelli Inquisitore di Firenze |
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- Cap. 31 Infirmità e morte del R.mo P. Muzzarelli Inquisitore di Firenze
Non sarà fuori di proposito stendere qui quello che successe al R.mo P. Maestro Giovanni Muzzarelli, il quale essendo Inquisìtore in Firenze tanto favorì, aiutò et inalzò il P. Mario di S. Francesco la cui infermità e morte habbiamo nelli sopra scritti capitoli brevemente notato. Et io per più sicurezza della verità scriverò quello che a me in questi giorni mi ha scritto un de' nostri Padri sacerdote paesano e conoscente del detto. R.mo P. Muzzarelli,, come testimonio di vista, e quanto fece ricercato da me suo Superiore per essere io hora indegnamente Provinciale Romano. Dice dunque così:
« Io N. di N. con ogni verità, e sincerità, et in ogni miglior modo dico haver conosciuto, e praticato domesticamente il P. Maestro Giovanni Muzzarelli, detto il P. Fanano, per essere lui nato in un villaggio della terra di Fanano stato di Modena, la detta Villa dista dalla sudetta terra circa un miglio, e si dice Sarazzone. Ho anche conosciuto sua madre, la zia, et una sorella che si fece monaca nella Nuntiata di Fanano.
Il suddetto P. Maestro Giovanni hebbe un zio pur Maestro nello stesso Ordine de' Conventuali di S. Francesco chiamato parimente Maestro Giovanni Muzzarelli, quale fu Guardiano nel suo convento di Modena lo spatio di anni trenta, et era teologo di quel Serenissimo, e credo morisse del 1635.
Questo fra Giovanni 2° di cui parlo, fu nominato Inquisitore di Firenze l'anno seguente 1636 per quanto posso ricordarmi, mentre stava Guardiano in Bologna.
Io poi fui mandato in Firenze di stanza l'anno 1641 a dì 15 gennaro, et ivi hebbi nova occasione di trattar seco per varii accidenti. Alli 26 giugno 1642 il P. Mario Provinciale di Toscana mi mandò di famiglia a Fanano.
Prima di partire per detto luogo andai molte volte a vedere il suddetto R.mo P. Inquisitore che in letto stava con un grandissimo cancro sopra dell'orecchio sinistro se non erro. Era tanto grande che pendeva quasi su la spalla, et era di forma e grandezza di un salame.
Si fece il P. R.mo in segetta portare da Firenze a Lucca, dove era un valentissimo chirurgo con speranza di esser guarito da lui. Ma saputosi in Luca da Signori che il detto Inquisitore veniva in la loro città con un tale cancro, dubitando di qualche danno al publico se intrava nella città, li mandarono espresso ordine che non passasse più avvanti, ma poi per gratia li concessero che arrivasse sino alla porta della città, et ivi fuora fosse visitato dal chirurgo. Il quale in vedendo sì pestifero cancro li disse: Padre pensate al morire, et aggiustatevi con N. Signore atteso che non vi è modo di guarirla, e V.P. è spedita.
Per il che voltò a dietro, e per la strada di Pescia e Pistoia si fece riportare a Firenze. Et io dopo questo suo ritorno essendo in Firenze lo andai a visitare, e condolendomi seco di sì gran male, et per il contatomi da esso medesimo senza rimedio, rispose esso: Padre carissimo, credo che a tutti gli amici dispiaccia il mio male, quale temo di essermi comprato per la protettione havuta di quel sciaurato del P. Mario, quale benissimo conosco essere un tristo, ma mi viene raccomandato da personaggi grandi, e da berrette rosse, si che non posso far di meno. E Dio lo perdoni a voi Padre, che tante volte vi ho pregato di passare ufficio col vostro P. Generale acciò mi mandasse una informatione de vita et moribus di detto Mario, e mai si è veduta detta informatione, acciò l'havessi potuta mostrare a chi mei raccomanda con tanta caldezza questo sgratiato.
Io veramente feci l'istanza al N. P. Fondatore, ma egli rispose: Lasciamo fare a Dio benedetto. Non sarà fuor di proposito che io dica d'avantagio: Più volte il detto Inquisitore mi diceva: Non me lo posso vedere intorno questo Mariaccio, gran maligno, accecato dalla passione, e lontano dallo stato religioso; Dio l'aiuti meschinaccio, troppa libertà si è presa.
Dio lo perdoni a chi crede a questo hipocritaccio, mostaccio di fachino; fisonomia di un traditore, e pure, e pure è sentito, e credutoli quanto dice. Et anco questo Arcivescovo di Firenze l'ha preso a confettare.
Di simili cose me ne diceva quantità sempre che andavo da lui. Morse finalmente per il detto cancro stando Inquisitore, ma sopra le stanze dell'audienza dell'Inquisitore di Firenze, di agosto 1643. Piaccia a Sua Divina Maestà di haverli ascritto a penitenza salutare sì grave, et dolorosa infermità di cancro, et anco la cogni-tione che hebbe di haver favorito, et inalzato una persona indegna; non so però se mai scrivesse al santo Tribunale di Roma cosa alcuna di questa verità da lui conosciuta, perchè ivi haveva l'obligo.
Iddio per sua misericordia conceda a tutti noi la sua santa gratia.
Il fine del Primo Libro del 2° Tomo.