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Cap. 20 Come si rifabricò la casa delle Scuole Pie in Savona, con novi travagli de P.P.

Saputasi in Genoa la disgratia delle Scuole Pie di Savona, li Padri che ivi dimoravano, se bene per il Breve le case erano fra di loro segregate, nella carità furono sempre in ogni parte unite, agguatandosi dove potevano. Mandarono il P. Gabrielle della Nuntiata con un compagno per servire et aggiutare, come con ogni diligenza e carità fecero, con mandare dopo alcuni giorni il sacerdote Gioseppe ferito, et il clerico Agostino di S. Carlo, et il laico Antonio alle altre case per riaversi e solevarsi dal timore, chi a Genoa, chi alle Carcare, di dove poi a tempi buoni li due primi vennero a Roma. Il P. Gabrielle diede recapito ad ogni cosa per quanto le fu possibile, essendo allo-giato, servito e governato con il compagno con ogni affetto dal Sig. Gio. Antonio Sarvagno per tutto il tempo che vi si fermò, che furono più di quindici giorni.

Venne dopo pure da Genoa il P. Gironimo del SS. Sacramento sacerdote savonese, e vi ritornò il clerico Agostino con l'Oblato Antonio detto con pensiero di andar vedendo il modo di rinovare la casa delle Scuole Pie.

Qui si vidde novamente risorgere contro a nostri P.P. il mondo tutto, perchè la città medesima pretendeva la caducità del nostro luogo, e di quanto li era stato lasciato per una scrittura fattali dal V.P. Pietro nostro quando li Padri partirono dalla casa del Sig. Alessandro Abbate, e vennero in Ciapina, e volevano in detto scito fabricarvi un conservatorio di zittelle orfane per detta ruina.

Mons. Vescovo pretendeva esso il tutto, sì il luogo come la robba per il seminario, e ne scrisse in Roma come luogo ecclesiastico decaduto.

Li P.P. Carmelitani scalzi appresso il Senato Ser.mo di Genoa adopravano tutte le loro forze, e favori per havere il nostro scito, ed altri convicini, e ne havevano assai buona speranza, et ogn'uno aducceva raggioni potenti a loro favore e desiderio. Si che li nostri poveri Padri restavano come abbandonati da tutti, ed anche perseguitati. Ma con tutto ciò pieni di confidenza in Dio per l'intercessione della B. Vergine Signora Nostra comparivano avvanti a Magistrati, et Ill.mo e R.mo Vescovo a dire le loro raggioni con ogni modestia, et andavano superando alcune difficultà con apprirsi la strada alle loro giuste domande, e non havevano danari per fare cosa alcuna.

La Maestà del Sommo Iddio che a tempo e luogo mortifica e vivifica li suoi servi, mosse una buona Signora moglie del Sig. Gio. Stefano Gatto a compatire a' P.P. nostri in tante persequtioni, e persuase al marito che li dovessero aiutare, et ambi due fissi in questo desiderio si trovarono, per il che passando per quella parte li nostri poveri Padri, la detta Signora li chiamò, e ricercò come stavano e che faccevano, e sentendo le loro miserie e travagli, li disse che non dubitassero, et che vedessero d'apprire in qualche modo nel loro sito una capelletta, et offitiarla che poi con più facilità supererebbon le altre difficultà. Consiglio veramente non solo-leggale, ma celeste ancora.

Risposero li Padri nostri che non havevano danari per cavare non so che scritture, o decreti, e molto meno per fabricare. Essa all'hora prese una somma di scudi, et postili in un fazoletto li diede a' P.P. dicendoli spendete per la lite, ma fate dar principio a fabricare la capelletta, e non dubitate di danari, spendete che io ho il danaro per voi.

Parve a Padri nostri che fosse venuto loro dal cielo un angelo (e se ben mi ricordo Angela si chiamava) et con il danaro li havesse portato la sententia in favore. Hebbero le scritture, diedero principio alla capelletta, sotto pretesto di fare una scuola, et a poco a poco fecero anche dove poter dormire e mangiare, soministrandoli la sopradetta Signora Angela ed il marito il danaro che li era necessario sempre con più affetto.

Appersero la capelletta con titolo di S. Filippo Neri, et il medesimo giorno del santo si fece una festa assai bella con gran concorso. Cosa già solita alli P.P. nostri perchè ne havevano una reliquia, e capella nella chiesa vecchia. Apperta la chiesa cessarono alcune difficultà, ma ne nacquero delle altre. Per prima non se li voleva più restituire né le reliquie poste in deposito nella chiesa parochiale di S. Pietro, con diversi pretesti, ma particolarmente si fondavano con dire che la Congregatione delle Scuole Pie di Savona era estinta, et che li Padri di Genoa non potevano senza nova licenza apprir casa et che le robbe erano devolute alla chiesa parochiale vicina. E qui vi fu molto che fare, e bisognò ricorrere in Roma a dottori e s. Congregationi. Il Paroco veniva fomentato ed aiutato d'altri, che qui sotto nominerò, e la causa ancora.

Alcuni anni prima la Sig. Maria Bardella nobile savonese have-va fatto erede le Scuole Pie con obligo di fare una capella a San Filippo Neri, e pochi altri pesi. Nella detta eredità vi fu una casa assai buona nella strada degli oreffici, questa di già li Padri prima della ruina l'havevano venduta, et havutone contanti circa sei millia lire di quella moneta, et poste nel Banco della città a guadagno per poi compire alla volontà della testatrice. Della medesima eredità vi era anche una maseria, o vogliam dire podere che l'havevano venduto al Sig. Camillo Gavotto 10 M lire da pagarsi in più paghe, et intanto ne pagava li fruti, quali diminuivano secondo le paghe che andava facendo.

Hora la città, e questo Signore non pretendevano pagare, né restituire né frutti decorsi, né capitale sotto pretesto di non pagar bene per non vi essere più in essere quella Religione o Congregatione che era stata lasciata erede.

A questo mottivo vi si fece fatica e vi volsero ordini di Roma, e d'altri tribunali, finalmente si superarono con riavere apperto la capelletta, ed una scuola, et si andò poi proseguendo la fabrica.

Mons. IU.mo e R.mo Vescovo di Savona vista la fabrica habi-tabile di nuovo pose in campo di porvi il suo seminario con dire che li Padri erano pochi, et che vi potevano stare tutti. Non vi acconsentì il P. Gironimo del SS. Sacramento et dimostrando le sue raggioni superò novamente questo disturbo; né Mons. Vescovo disse altro perchè di Roma li veniva scritto con ogni caldezza. Aspettò però una occasione per mortificare il detto P. Gironimo, che era stato eletto Superiore, essendovi quatto sacerdoti et altri dell'habito nostro Oblati alcuni, e non professi.

Eravi fondata in detta nostra casa e chiesa più anni prima una Compagnia utriusque sexus, con titolo degli Agonizanti, quale fra le altre fontioni esponeva nella nostra chiesa la quarta domenica del mese al Vespro l'Oratione delle Quaranthore, et un de' nostri sacerdoti stando con la cotta e stola sopra la predella faceva un breve discorso alli fratelli e sorelle della detta Compagnia, e già sempre da molti anni si faceva tale fontione hor da uno, hor da un'altro, né mai Mons. Vescovo haveva detto cosa alcuna.

Dopo tanti anni, dico facendo il detto P. Gironimo al solito il detto discorso, Mons. IU.mo e R.mo Vescovo saltò in tanta colera perchè non li haveva domandato licenza di farlo che privò il detto Padre del Superiorato, ma anche della confessione con ordinare che non si facesse più detta fontione. Né valsero li favori di più persone della città medesima, né altri di fuora, né l'uso antico che vi era detta fontione, hostando ancora alle lettere di Roma che venivano scritte. E perchè detto Padre non si curava del Superiorato, che ad un altro di casa era stato appoggiato, et havendoli restituito la confessione, et il proseguire le dette fontioni, stando noi per ricevere le gratie dal Sommo Pontefice Alessandro Settimo regnante, al quale S.D.M. conceda consolatione e felicità, non si fecero altre diligenze, che si sarebbono fatte.

Essendosi publicato poi il Breve di Papa Alessandro 7 a nostro favore con la restitutione del Generale e Provinciale restò ogni cosa quieta, e la detta casa e chiesa molto decentemente aggiustata con l'eredità di detta Sig. Maria Bardolla, et li nostri Padri vi vivono con ogni quiete e decoro benissimo visti dalla città tutta, e dal Vescovo che di loro si serve ne' bisogni.

Notas