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Cap. 21 Risposta alla lettera sopra scritta
Pax Xri
Molto Reverendo Pre in Xro
Habbiamo ricevuto la Ira di V.P.M.R. delli 9 del corrente, scrittaci, come ella dice, per Iscarrico delPObligo suo.
A noi pare (con la dovuta riverenza alla dignità e persona sua) che con questa non solo non isgravi la sua conscienza, ma piuttosto venga maggiormente ad aggravarla, mentre o per sinistre informazioni o per sopraabbondanza d'affetto verso il Pre Stefano degli Angeli, se bene suo collega nell'Offitio, tuttavia suo suddito nella Visita, o forse per altri fini più occulti, venne a notar noi tutti, e tutta la Religione di disobbedienza verso la Sede Apostolica e d'in-dependenza, e non totale subordinazione al Vicario di Cristo. E perche questa è una Nota di troppo gran consideratione (come pure nella sua asserisce) notandoci in un certo modo come Scismatici, habbiamo stimato bene scrivergli la presente in risposta della sua, affinchè V.P. si rivochi il concetto, che di Noi e di tutta la Religione pare dimostri haver formato.
Dice donque nella sua:
Ob. P. Che da noi stessi habbiamo eletto chi governi la Casa di S. Pantaleo, mentre il P. Ministro per inavvertenza non ha fatto leggere a tempo la Bolla che sappiamo, operiamo di mal maniera, come se non vi fosse Tribunale Superiore a cui ricorrere o della Visita Ap.ca, o degli Em.mi Card.li Deputati.
Risp. 1. Si risponde che non habbiamo altrimente eletto da noi stessi chi governi la Casa di S. Pantaleo, ma secondo l'uso della Nra Religione riconosciamo e rendiamo obedienza al Sacerdote più antico di Professione, che tale è il P. Francesco della Nuntiata, fin tanto che da Sup.ri Magg.ri ci sia provisto di legitimo Ministro, non essendo conveniente ingerirsi in questo né il P. Generale, né alcuno degli Assistenti vecchi, due dei quali sono in questa Casa sotto pretesto che uno sia sacerdote più antico di Professione del d.o P. Fran.co.
Et essendo hormai tre anni, che V.P. ha il governo della Religione, non può né deve ignorar questa nra usanza, contro la quale non ha mai fatto ordine alcuno. Siche per questo caso pare non possiamo ne dobbiamo ragionevolmente esser notati come persone che procedine (de fatto) senza ricorrere a Sup.ri Magg.ri. E tanto più-che subito et in voce et in scritto habbiamo notificato il successo ali'Era .mo Sig.r Card.le Vicario con averlo fatto consapevole dell'uso della nra Religione.
2. Obi. Che non si riconosce il P. Stefano degli Angeli fatto Superiore con Breve del Papa, e non Ordine degli Em.mi Sig.ri Card.li Deputati, e che si revochi in dubbio il suo Breve, doppo il consenso di mesi et anni in una Giurisditione da V.P. publicata Canonicam.te et esser in tanto con saputa e consenso d'una S. Congreghe de Cardinali.
Risp. 2. Si risponde che domandiamo si produca il Decreto fatto nella Sacra Congreg.ne delli 11 di Novembre dell'anno 1643, con il quale fu eletto il P.re Stefano per Sap.re e Proc.re Generale della Religione et Amministratore delli beni del Collegio Nazareno. Non essendo mai comparso altro che un semplice Biglietto di Mons.r Albizzi diretto a V.P., ma non già mai Decreto alcuno, quale in una cosa di tanto momento pareva che fosse necessario, e tanto che il d.o P. Stefano haveva contro di se tutta la Casa, la quale dubitando di quello che è seguito, sarebbe essersi presentato che volevano eleggerlo per Superiore, reclamò immediatamente seguita et intesa la morte del Pre Mario. Intanto che havendo chiamato alla d.a Recla-matione V.P. si contentò, che si elegessero due Procuratori per la Casa di Roma, quali potessero dire le ragioni di lei, perchè non volessero accettare per Superiore d.o P. Stefano, li quali Procuratori sempre hanno contradetto, conoscendo benissimo la qualità della Persona. Havendo ella sempre ricusato, non ostante detta contra-dittione, fare inquisitione de Vita et moribus del Sud.o Pre Stefano.
Ne pare verisimile che questi Em.mi Sig.ri Cardinali fossero stati per dare il Supremo Governo della Relig.e a Persona tanto universalmente esosa, come hanno dimostrato i richiami fatti in tanto tempo, né havendo mai esso havuto Pacifico possesso e dominio* sopra la Relig.e, come chiaramente appare da Ire e memoriali quasi da tutti mandati contro il sudetto.
Oltre che non si è mai attentato di leggere e publicare il suo Breve da esso ottenuto più mesi doppo il non giuridicamente preso* Dominio, se bene con l'Antidata delli 11 del Novembre del 1643. Et il tutto col favore del d.o Mons.re Albici, che in questo particolare, mosso per avventura da qualche fine a noi ignoto, ha preso-tanto in favorire il d.o Pre Stefano.
Obi. 3. Che si confermarà il concetto fatto della nostra Religione nei tempi andati. Cioè che sia cresciuta la Religione con diso-bedienza sempre verso la Sede Ap.ca e che se ne apportano li casi seguiti, quali sono in qualche numero et alcuni con assai apparente fondamento, e che ciò fu Ordine di Palazzo a tempo di Papa Urbano di fel. mem., e si publicò nella S. Cong.e
Risp. 3. Si risponde: Dato e non concesso che ciò fosse vero, che essendo hormai tre anni che V.P. ha il maneggio della Nostra Religione: all'Offitio suo spettava fare mettere in chiaro questa disobbedienza, e non permettere che detta Religione continuasse ad essere tenuta in tale Concetto senza essere state sentite le sue ragioni, massime in una cosa di tanto momento.
Circa li Casi seguiti, obligo suo parea richiedesse essaminare quelli a chi eran successi, a finche si fosse potuto rispondere, come in effetto si risponderà, tutta volta che venghino notificati.
Obi. 4. Che più Visite Ap.liche sono state infruttuose, né si sono accettate l'Ordinationi lasciate, né che erano per apportare gran Utile alla Religione.
Risp. 4. Si risponde con la dovuta riverenza che ciò si asserisce senza fondamento. Che sempre sono state accettate l'Ordinationi lasciate nell'altre Visite Apostoliche e si sono esseguite nel miglior modo ci è stato possibile.
Ob. 5. Che ha durato e dura tuttavia la disobedienza della Casa di Pisa, da che V.P. ha havuto cura della Nostra Relig.e.
Risp. 5. Si risponde che mai sono stati mandati Visitatori a proposito, che habbino saputo trattare con i Ministri del Ser.mo Gran Duca, sotto la cui protettione sempre è stata et è la casa di Pisa, alla quale spetterà giustificarsi di quanto gli è opposto.
Ob. 6. Che nella Casa di Cagliari contro il Decreto della S. Congr.e del S.to Off.o tenuta avanti il Papa, si sono ammessi alcuni all'Habito e si persiste in ritenerli.
Risp. 6. Si risponde che detta Casa mostrerà la sua innocenza.
Ob. 7. Che in Genoa, in Chieti et in altri luoghi si è fatta più volte oppositione alle Ordinationi della Visita.
Risp. 7. Si risponde che dette Case parimente produrranno le loro ragioni.
Ob. 8. Che ha procurato per tutto suo potere il nostro bene e che ciò è stato testificato dagli Em.mi Sig.ri Cardi! al Nro Pre Genie.
Risp. 3. Si risponde che si gradisce la sua buona volontà, ma che se V.P. havesse prestato fede a Persone tra noi Religiosi degni di qualche Credito, non haverebbe tanto favorito il P. Stefano contro il quale si sono fatti richiami e cosi non sarebbono seguiti li mali effetti che poi si sono visti. Cioè non haverebbe il d.o P. Stefano, forsi confidato nella sua Protettione, dannificato la Religione con l'Alienatione di venti sette luoghi di Monte Novenale 2.da Erec.e et con havere accollato sopra di quella il debito delli settecento scudi presi da Mastro Simone Brogi a Compagnia o Offitio, nel quale debito la Religione entrava solamente per sicurtà, restando hora debitrice principale per essere da quello stato liberato il d.o Mastro Simone.
Ob. 9. Che non ha spedito molte cose della Visita Apiica per non haver havuto arbitrio libero, ma dipendente da una Congr.e de' Sig.ri Card.li.
Risp. 9. Si risponde che se bene non ha havuto arbitrio libero, tuttavia pare dovesse solecitare la Speditione, nel che non si può negare non vi sia stato qualche mancamento con esser una volta passati circa undeci mesi tra l'una e l'altra Congr.e.
Ob. X. Che mancando l'Obedienza particolarm.te verso la Sede Ap.ca, è necessario che manchino e disolvino le medesime Religioni.
Risp. X. Si risponde che non si dimanda mancare all'Obedien-za, mentre da impositioni di Ordini fatti da Inferiori si ricorre a Superiori Maggiori. Anzi è lodevole che nei dubij si faccia ricorso alla Suprema Sede, come a drittura habbiamo fatto Noi alla S.tà di Nro Sig.re, come consta per Memoriali molti fatti e dati anco personalmente.
Il che seguì la Vigilia dell'Epifania, come è benissimo noto a tutta Roma. Ma altre volte ancora habbiamo fatto ricorso ali'Em.mi Sig.ri Card.li deputati con quali habbiamo communicato qualunque cosa benché minima e piuttosto hanno occasione di Em.mi et in particolare Roma, Ginetti e Spada (che aU'Em.mo Queva per esser tanto lontano non habbiamo potuto havere facil accesso) di querelarsi di Noi d'essere stati troppo importuni e molesti, che di dolersi che non siamo mai comparsi a dedurre avanti di loro le nostre ragioni.
Che poi non riabbiamo fatto ricorso da V.P. da che sono cominciati questi Movimenti, ci pare non habbi giusta raggione di lamentarsi di noi, perche l'habbiamo in concetto tale (con la dovuta riverenza) che deposta la parte di Giudice per sopraabbondanza d'affetto verso il P. Stefano si sia fatto parte. E certo non ha V.P. ragione di dolersi in non esser Noi ricorsi da lei, mentre in quel Decreto pubblicato di Ordine suo e del P. Stefano il giorno di Capodanno, e poi con sinistre informationi, non ostante l'appellatione da noi interposta alla Santa Sede, fatto confirmare dagli Em.mi Sig.ri Card.li, con dichiarationi delle pene arbitrarie di Carcere formale e di Galera, favorì tanto, in sì gran pregiudizio nro il P. Stefano, dal quale e non da Noi si haveva da riconoscere il danno, che asserisce sia per seguire a tutta la Religione.
V.P. ha fulminato contro di Noi tutte le pene temporali e spirituali né altro vi restava che far precetti sotto pena della vita.
Doveva ella prima di fulminare scomunica latae sententiae, venire alle comminatorie, et avanti di queste venire anche alle Paterne e suavi ammonitioni et informationi, e non sfoderare subito la spada della terribilissima pena della scomunica latae sententiae. Qual modo di operare non crediamo si costumi nella sua Religione, la quale a tutto il mondo è noto con quanta suavità e rettitudine proceda.
E se bene habbiamo qualche occasione di temere che nella Religione sua non vi sia alcuno particolare a noi poco bene affetto, essendovi pur stato un che disse, che sperava se ne saressimo partiti, con il Breviario sotto il braccio, d'Ancona, quale ci persuadiamo sarebbe castigato da vri Sup.ri Magg.ri, tuttavolta ne riavessero notitia.
Nondimeno universalmente crediamo ci siano bene affetti. Né porgiamo orecchi a quelli, che asseriscono che la sua Religione per Politica cerchi distruggere la nostra. Anzi stimiamo si rallegrino che si accreschi il numero degli Operarij che lavorano nella vigna del Sig.re e per haver noi questo concetto dell'integrità e della rettitudine della Compagnia, non habbiamo mai voluto prestar fede ad alcuni delle Paternità loro, li quali dissero a' Nostri che non occorreva spettare dalla P.V.ra aggiustamento veruno, ma che potevano si bene temere qualche notabile danno e mina.
Si che concludiamo che ragionevolmente rendiamo obedienza al P. Francesco della Annuntiata. Che revochiamo in dubio il Breve del P. Stefano. Che speriamo non habbi a confermarsi il mal concetto della pretesa disobedienza della nra Relig.e al Vicario di Christo. Che non sono state infruttuose altre Visite Ap.liche. Che non diso-bedisce la Casa di Pisa. Ne devon esser condannate inaudita parte le Case di Cagliari, Genova e Chieti et altre.
Che non ha procurato a tutto suo potere il bene della Religione. Né ha spedito molte cose della Visita che poteva spedire, sotto Pretesto di non haver arbitrio libero. E finalmente che non dobbiamo essere notati d'independenza e non totale subordinatione al Vicario di Cristo, ma esser piuttosto ammirati e lodati per la patienza havuta per lo spatio di tre anni, ne' quali non habbiamo goduto alcun buono effetto della Visita.
E questo è quanto brevemente possiamo dire in risposta della. sua. Riservandoci farne più ampio Manifesto, sperando nella Divina Gratia e nella Protettione della Beatissima Vergine Maria, sotto la cui insegna militiamo, et anco nell'integrità di Nro Sig.re che non dissolverà e mancherà la nra Religione non havendo noi dato causa reale né sufficiente.
Per fine preghiamo S.D.M. conceda a V.P.M.R. l'accrescimento della sua Divina Gratia.
Dalla Casa di S. Pantaleo li 16 Feb. 1646.
Di V.P.M.R.
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