BerroAnnotazioni/Tomo3/Libro1/Cap13
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- Cap. 13 Di quello successe in Frascati ad un de' nostri Maestri
Non trovandosi rosa senza spina, sarebbe similmente cosa rara, se in questa Provincia Romana non vi fosse in qualche casa delle nostre successo qualche infortunio particolare, e degno di memoria a posteri.
Di Roma già si è detto, che sempre li nostri Religiosi furono amati e compatiti da Superiori. Di Poli anche si è visto il sentimento che ne faceva l'Em.o Roma Vescovo di Tivoli; di Moricone in Sabina non vi è che da notare stante che Mons. Suffraganeo, et l'Em.o Vescovo li lasciava come li haveva trovati, ancorché fossero pochi, et l'Em.o Barberini li diede licenza che facessero scuola a Monte Rotondo, et uno de' nostri fu fatto confessore delle Monache in Magliano dove risiede Mons. Suffraganeo. DelTIll.mo e R.mo Mons. Bocciarelli Vescovo di Narni li nostri ne possono dire sempre mille e mille lodi, mentre che li amò e stimò sempre assaissimo, adoperandoli in carichi onorevoli senza però impedirle l'Istituto delle scuole, né ingerirsi nelle cose di casa, lasciandoli vivere con ogni loro quiete.
In Ancona Mons. Ill.mo e R.mo Galli Vescovo di quel tempo li adoprava in quasi tutti li suoi Conventi di Monache, et in ogni altro suo desio giusto, et honorevole con fare però che non patissero le scuole, lasciandoli nel resto in ogni quiete, e religiosa vita.
Di Mons. Ill.mo e R.mo Castrucci lucchese Vescovo di Spoleti in riguardo delle Scuole Pie di Norcia di sua giurisditione non possiamo se non lodarci in ogni cosa; sebene un de' nostri detto il P. Bernardino di Giesù Maria da Cascia con un altro detto Pierdomenico Pierdomenici di Norcia più dedito al predicare, che all'Istituto delle Scuole Pie, procurarono di fondarvi la Congregatione dell'Oratorio di S. Filippo Neri, se bene saputosi da noi altri habitanti in Roma con lettere, et con qualche timore si tratenero, et l'ultimo mutò habi-to, facendo però prima, per mezzo di seculari armati in prima notte, mettere non poco spavento al P. Gio. Stefano della Concettione luchese sacerdote di quella casa, perchè era contrario a suoi disegni spropositati, non vi fu però sangue, né altro male fuorché terrore.
Mi resta solo di parlare delle Scuole Pie della città di Frascati, nella quale casa in questi anni si mutarono li Superiori due volte, o tre. Nel principio questa casa fu il nido dell'ordinatione di molti de' nostri laici ignorantissimi, e di pochi buoni costumi, né di Roma vi si poteva da noi remediare perchè essendovi per Vicario Generale et Arciprete il R.mo Sig. Gio. Antonio Pallotto, questo ci rispondeva che esso era il Superiore et che lo poteva fare; né valse il farli sapere che il Sommo Pontefice l'haveva espressamente detto a Mons. Vitrice Vicegerente che esso non lo facesse, che non si doveva fare, et che fuor di Roma lo lasciasse sopra la coscienza degli Ordinarli, con tutto ciò non desistè, ma proseguì a farli ordinare con le sue dimissorie, delli quali ordinati se ne è havuto poco honore, anzi ne sono successi molti disturbi, et inconvenienti; né si sa per qual cagione il detto R.mo Vicario Generale si movesse a questo, se non per dar gusto ad altri, o per esser egli desioso di ossequii che dalli medesimi se li facevano con assisterli nel Duomo alle fontioni ecclesiastiche, o per altro suo interesse da noi altri non penetrato.
Stando donque questo R.mo Vicario Generale in detto offitio, mandava alle nostre scuole, et precisamente alla prima della gramatica un clerico, che li serviva in casa, assai libero, e superbo in riguardo del suo padrone. Era di questa scuola Maestro il P. Mateo di S. Anna sacerdote nostro napolitano, virtuoso e molto intelligente, e diligente e spiritoso, amato e stimato dalla città per li suoi talenti, e modo d'insegnare e procedere.
Occorse che da lui venne in tempo di scuola un de' primi di Frascati, l'accolse come conveniva, e trattando seco fuor della porta della medesima scuola, sentì che in quella si faceva rumore, affacciatosi diede ad uno cura del silentio, e che andasse in ginocchio a mezzo la scuola chi parlava.
Il detto clerico del R.mo Vie. Gen. non facendo conto dell'ordine dato dal Maestro faceva l'insolente in più modi; sentendo il Maestro questo lo sgridò e disse che andasse in ginocchioni. Non obedì, né si quietò di parlare, con dire che non haveva paura, et più che mai insuperbendo sopra gli altri scuolari. Licentiato il sopradetto gentil'huomo, il Maestro chiamò il clerico detto nel mezzo della scuola et con il solito istromento che adoprava nel castigare li scolari li diede tre o quatro colpi sopra le spalle, ne vi fu altra sorte di castigo, o danno che il dolore, facendolo restare in ginocchio.
Proseguì il Maestro li suoi essercitii di scuola, et il clerico detto con buona occasione, senza licenza del Maestro, se ne fuggì di scuola, né vi comparse per due o tre giorni in circa. Comparve dopo detto tempo il R.mo Sig. Vie. Gen. molto colerico, e fatti adunare tutti li P.P. di casa voltato al detto P. Marco Maestro del clerico suo servitore, li disse parole di molto affronto, e vilipendio perchè haveva castigato il detto clerico, dicendo che era scomunicato, ed anche irre-gulare per haver celebrato in scomunica, et altre parole indecentis-sime. Né volse appagarsi per le raggioni che il povero Maestro li ad-duceva per la verità del fatto, et che non vi era né sangue, né lividure, né altro eccesso di castigo, ma la insolenza del scolaro, come ne poteva fare testimonianza il detto gentil'homo, che haveva sentito il tutto.
Si partì poscia il R.mo Vie. Gen. tutto arrabbiato ordinando al detto P. Marco Maestro che non partisse di casa, e non so che altra mortificatione ancora, il che tutto fu esseguito. La mattina seguente ritornò poi il R.mo Vie. Gen. alla casa nostra con il suo cancellerò e chiamato tutti li nostri Religiosi in sacrestia, fattosi porre avvanti in ginocchio il detto P. Marco sacerdote e maestro li fece un'altra intemerata, chiamandolo scomunicato, et irregulare e volse ivi publica-mente e solennemente assolverlo come scomunicato faccendone rogare atto dal suo cancellerò, con tanto vilipendio del nostro habito, et Istituto, e di un sacerdote. Il quale piangendo li disse che se ne appellava in Roma, et in effetto l'istesso giorno se ne venne a S. Pantaleo, dove contato il fatto al P. Gio. Castiglia Superiore et a noi altri, si determinò di parlarne con l'Em.o Sig. Cardinale Giulio Sacchetti all'hora Vescovo Tusculano. S. Em.a sentita l'ingiustitia, fece venire il clerico, e visto che non vi era alcun eccesso nel castigo, scrisse con sentimento al suo Vicario Generale; ma perchè il negotio era già compito non vi si potè fare altro, solo che trattenuto il detto P. Marco due o tre giorni in Frascati nella medesima sua scuola per sua reputatione, si fece venire a Roma, dove si fermò alcuni anni et è morto in Napoli di peste.
Contai il fatto all'Em.o Chigi hora Papa, che molto si stupì dell'imprudenza del Vicario e patienza de nostri in sopportare dette ingiustitie.