BerroAnnotazioni/Tomo1/Libro2/Cap11
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- Cap. 11 Delle mortificationi che si usavano nel detto Novitiato di Roma
La mortificatione della carne, e di tutti gli altri sensi esterni, che si usava nel novitiato di Roma era straordinaria tanto, che mi si rende non solo difficile a scriverla; ma anche in considerandola, a me stesso che la praticai rende stupore, e di incredulità non piccolo dubbio; perchè in effetto hor mi par che all'hora o non in carne fussimo, o che non in questo mondo vivessimo, poiché lasciato da parte la es-satissima puntualità con che si osservava il rigor della vita, che nelle nostre Costitutioni si contiene, come di discipline, cilicii, catenelle e digiuni, queste pure stretissimamente nelli dubii interpretandole; et anche per molto piccoli mancamenti si penitentiavano con discipline, pane et acqua, et con altre simili mortificationi, in una mattina al Mattutino, solo per non essere a tempo in voltar le carte del Salterio io et il compagno fecimo in quel puoco tempo tre discipline, et ad altri molti occorrevan simili mortificationi.
Il mangiar poi della Comunità era scarsissimo nel companatico in tanto che per la pitanza {mangiandosi carne) non credo che passasse un onsa; poiché non eran se non due o tre morselli come piccole noci, e di torta, che si faceva più di pane, che di uova era l'istesso, se si mangiava latticinii. Le minestre poi ordinariamente eran foglie di cauli tritate come si danno alle galine, cogliendosi dal giardino una sol foglia numerica per ogn'un di noi, tagliandosi li piedi per solennità grande, o quando eran molto vecchi, et una volta, mi ricordo, che per di più di 40 religiosi missero a cocere quatro soli fasioli numerati per la minestra di tutti, in tanto che una sardella di acqua bolita (che brodo non si poteva chiamare) con alcune moliche di pane tocò per ognuno, a me però toccò di più la pelle di fasolo; et un'altra volta l'istesso successe delle lentichie, e tanto poco si attendeva a questo, che una volta in compagnia delli spinacci si pose a cocere lo straccio dello forno, essendo restato nella conca dove si lavarono li detti spinaci.
Questa cosa de facioli, lentichie e spinaci fu senza volontà del Superiore, ma solo una mera semplicità del cuoco al quale il Superiore disse: fate per minestra quatro fasoli, e cioè quelli necessarii, perchè accortosi dell'errore vi remediò la sera con dare più del solito. E per non essere in questa matteria più longo, basti dire che quando noi giunsimo da Genoa per regallo dopo un sì longo viaggio la prima volta che mangiamo nel novitiato, che fu la domenica mattina, ci mandò apunto un fico per ognun di noi di più del commune. Non essendo stato in communità, se non una minestra di cauli et un poco di carne. Nel pane però non vi fu mai scarsità.
Non si commetteva errore, che non havesse la sua mortificatione, e se per sorte si rompiva qualche cosa per inavvertenza, o per altra disgratia, fosse che cosa si voglia, bisognava portarla al collo etiam per le publiche strade, sino che il P. Maestro ordinasse il contrario, e però spesse volte si vedevano li nostri per la città di Roma tenire al collo scuderie rotte, boccali, pignatte, e cose simili, anche pezzi di mattone, tegole, canali, canne et altri legni. Altre volte ci mandavano con le mordacele al collo, et alla bocca per la città, altre volte con la testa mezza tossata, o con la barba mezza rasa; in tanto che rare volte si usciva di casa, che almeno uno non havesse qualche mortificatione, che cagionasse ad ambidue merito, et al popolo essempio, che grandissimo lo prendeva.
Si usava ancora di andare quatro, o sei, o almeno due insieme alle chiese dove era la festa, e particolarmente nelle quatro più insigni Basiliche dove era il Giubileo per essere l'anno Santo 1625 e posti vicini ad una delle porte tutti insieme con le cassette, o vogliam dire bussoli in mano, stavamo immobili come statue, senza ne pure scacciar da noi le mosche, che ci cavavano gli occhi, dove venivamo alla presenza di quello gran popolo concorso da tutto il mondo per il Giubileo, variamente trattati, poiché alcuni ci ingiuriavano con diverse spropositate parole, altri ci mettevano sopra la cassetta hor fiori, hor frutti, hor scorse di merangoli, hor foglie di cipolla, scar-ciofoli, fave e simili. A-kà con bastoni percotevano li gradi, o mura che dietro a noi stavano per farci voltare, o parlare, o alzare gli occhi.
Altri ci chiamavano ipocriti, colli torti, santocci, beatoni, et alle volte dicevano parole burlesche per farci ridere: come hanno perso la lingua? sono muti? sono ciechi? hor quanto sono belli! quanto sono buoni! Moiono di fame, e di sete! et altre cose simili. Ma però si stava talmente imobile ad ogni cosa, che molti non solo gridavano a quelli, che ci burlavano, ma ci scacciavano anche le mosche, et ci baciavano le vesti, e li piedi, et uno per pura divotione fu baciato in fronte da una donna, e gionto a casa saputo ciò dal P. Maestro, non solo lo fece più volte lavare in quel luogo, ma anche li fece radere; come fece un'altra volta ad un altro, che fu all'improviso baciato da sua madre, con la pietra pomice, il tutto facendo per dimostrare quanto si deve fugire la conversatione de secolari. Non era piccola questa mortificatione perchè oltre le cose dette lo stare così in piedi 4 o 5 hore cagionava una grande debolezza nell'estate, e l'inverno la tramontana ci tagliava le gambe, in tanto che mi ricordo, quando venivo chiamato per andare a casa non mi potevo movere sì subito, essendo restato per il freddo interizito.
L'essempio poi che ne pigliava il mondo tutto era grande, perchè et all'hora ci sentivan far molti atti di virtù Christiana, et a S. Maria Maggiore fu anche dato ordine ad un caporale di guardia che ci assistesse per oviare a qualche rumore, che per la scambievole intentione poteva succedere. Essendo poi io medesimo andato in più luoghi dell'Italia, ho sentito da chi ci vidde, che tale attiene e modestia era molto lodata.
Del silenzio era molto geloso e voleva che si osservasse molto stretto, se bene per tanta fatica, et impieghi pareva impossibile; particolarmente con secolari non voleva che si parlasse, in tanto che un novitio dubitando di non poter parlare (per esserli stato proibito) ne anche in tempo di necessità estrema, stette in pericolo della vita per non romperlo. Scendeva questo dentro il bastello per il pozo detto per andare alla pozzolana, et inavvertitamente scioltosi il bastello dalla fune restava apeso per le mani, et il bastello attaccato a piedi, faceva segni, ma non era inteso da chi lo scendeva con la conoccia per essere in quel stretto; da questi vedendo tali segni li fu detto più volte che parlasse, e finalmente tirato sopra lo ritrovarono in estremo pericolo, perchè se più longo tempo stava li conveniva cascando da sì alto o amazzarsi, o restare appeso per il gancio della fune. Un'altro per il contrario che per la città senza licenza haveva parlato ad uno suo conoscente, o paisano, saputo dal P. Maestro, lo fece sotterrar vivo per circa mezz'hora nel giardino lasciandogli la testa solamente scoperta, a fin che così sotterrato imparasse vivendo esser morto al mondo.