BerroAnnotazioni/Tomo3/Libro1/Cap30
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- Cap. 30 Strapazzi fatti a' nostri Religiosi nelle Scuole Pie di Campie
La nostra casa delle Scuole Pie di Campie casale principale nella provincia d'Otranto dieci miglia di qua da Lecce prima città di quella Provincia quale casale era già molti anni prima posseduto dalPIll.ma Casa Paladina, et essendone restata legittima erede l'Illustrissima Sig. Giovanna Paladini, con titolo di Marchese di Campie, si congionse nel santo matrimonio con l'IU.mo Sig. D. Giovanni Enriques uno delli IU.mi Regenti colaterali del Regno di Napoli.
Hor con questa occasione fu fondata la nostra casa in detto casale, dove fu fabricato da fondamenti una bellissima casa con due cortili collonati il primo per le scuole, il 2° per li nostri Padri, haven-do ancora porte separate con chiesa dedicata allo Spirito Santo. In questa fondatione, e fabrica fu la guida il P. Pietro di S. Gioseppe bolognese, et seco fu il P. Francesco della Corona di Spine, parmegiano.
Si appersero a suo tempo le scuole, e vi sono stati sempre Maestri eccellenti, con famiglia numerosa, et si sono havuti da quel casale e Provincia sogetti assai e buoni.
Publicato in Roma il Breve di Papa Innocenzo X et essendo Campie della diocesi di Lecce della cui città era Vescovo Plll.mo e R.mo Mons.........<ref group='Notas'>I nomi sono omessi nel Ms.</ref> Papacoda napolitano, questo Prelato come amicissimo del N.V.P. Fondatore dimostrò gran compassione verso di noi tutti, et affetto grande al nostro S. Istituto, però fece diligenza appresso l'Em.o Roma con più lettere per bavere in Campie il P. Francesco di S. Carlo nostro professo, quale sebene era nativo della città di Oria provincia d'Otranto, con tutto ciò si trovava in detto tempo nelle Scuole Pie di Poli sudito al detto Em.o, essendo d'ambidue conosciuto per Religioso di molta virtù e carità regolare si compiacque S. Em.za di darli licenza perchè andase a Campie, con facultà però di tornare servito che riavesse Mons. di Lecce.
Gionto il P. Francesco in Campie fu da Mons. Papacoda in Lecce, presentandoli lettere delli Em.mi Roma e Ginetti; sua Signoria Ill.ma hebbe molto gusto dell'arrivo del Padre, lo accolse con molto affetto, et lo nominò Superiore delle Scuole Pie di Campie con amplissima autorità.
Il zelo del detto Padre è grande per l'osservanza regolare, non solo nelli altri, ma prima in se stesso, essendo però nel resto persona e sacerdote semplice, e non molto versato. Non so per qual cagione precisa, ma bene con quel zelo ardente disgustò non so che persone del luogo, forsi troppo liberi in praticare nella nostra casa et che pretendevano jus sopra li nostri Religiosi et alcuni anche de' nostri che volevano vivere con più libertà, che il detto P. Francesco non li permetteva, havendo anche il Breve di uscire, volevano vivere come li piaceva con danno della casa, e scapito dell'honore dell'habito nostro.
Uniti tutti insieme i seculari clerici, e li nostri poco osservanti impirono la testa di molte bugie apparenti a Mons. IU.mo Vescovo però con il tempo perse la confidenza al detto P. Francesco et anche la stima che faceva de nostri, dimostrandolo nella seguente attione.
Venne Mons. IU.mo Vescovo in visita in detta terra e casale di Campie, fu ricevuto dal Clero con tutte le cerimonie solite in luoghi principali. Il detto P. Francesco con altri di casa fu a riverire Mons. con ogni sommissione gionto che fu all'allogiamento, e poi se ne ritornarono a casa nostra.
Mons. Vescovo haverebbe voluto che li nostri Religiosi tutti fossero stati con il clero secolare nell'atto di renderli l'obedienza, per il che se ne lamentò assai, e ne riprese il P. Superiore Francesco quale si scusò con l'essempio delli Emi Roma e Ginetti nel pigliare il possesso delle nostre case di Roma e Poli, andarono però poi li nostri tutti a compire unitamente, ancorché paresse che bastasse quell'atto fatto dal P. Francesco come Superiore.
Volse poi Mons. IU.mo Vescovo venire alla casa e chiesa nostra per fare la visita, et volendo venire con baldachino, mandò a dire che si dovesse preparare trenta palmi fuori della nostra chiesa un strato con il suo ingenocchiatore et che il P. Superiore in detto luogo dovesse incensare Mons. Vescovo et darli a bagiare la S. Croce, stando li nostri tutti presenti inginocchioni, con molte altre cose da farsi da nostri in chiesa et in casa.
Parve questa cosa al nostro P. Francesco assai nova e strana, et come che non si era fatta né in Roma all'Em.o Vicario del Papa, né in Poli all'Em.o Roma Vescovo, dubitò che fosse cosa di gran pregiudi tio et aggravio alli nostri poveri Religiosi. Però se ne andò subito per parlare a Mons. nella sua habitatione, et incontratosi con non so che offitiale nella sala, discorse con quelli dell'imbasciata che li era stata fatta e trovandoli dell'istesso parere, rispose che non voleva fare più di quello, che si era fatto alli sopra nominati Emi Cardinali nel tempo di pigliare possesso delle case nostre, et perchè in questo presisteva, e si scaldava fu referito il tutto a Mons., il quale fece introdurre in sua presenza il P. Francesco Superiore et alla presenza di tutti aspramente lo riprese, e mortificò, et perchè stava saldo con dire che non voleva fare più di quello che si era fatto a due Cardinali di S. Chiesa in simile fontione, Mons. lo maltratò molto, facendoli non solo la perquisitione sopra la persona in presenza di tutti, ma anche li mandò a rompere la camera et inventariare ogni cosa, con intimarli la scomunica se non dava tutte le lettere, e scritture che haveva, et lo fece rinserrare in una stanza del detto palazzo, con molti altri strapazzi.
Sopportò il tutto il P. Francesco con quiete facendo solo istanza di volersene ritornare a Roma. Io non mi ricordo a memoria cosi ogni cosa, ma se potranno aggiongere se si trovassero le scritture che io conservai di questo fatto.
Perchè il P. Francesco detto mandò informatione compita del successo alli detti Em.i Roma e Ginetti, et havendoli io informati, se ne hebbe risposta grata, et Mons. Albici Assessore del S. Officio scrisse anche compitissimamente al detto Ill.mo Mons. Papacoda, et ogni cosa si aggiustò con quiete, et il N.V.P. Fondatore le scrisse la seguente lettera.
Ill.mo e R.mo Sig. e Pr.ne mio Col.mo
Non ho mancato né mancherò mentre Iddio bened.° si compiacerà di darmi vita, di pregarlo quanto più humilmente posso per V.S. Ill.ma acciochè in tante tribolationi, che vi sono di presente, e si dubitano per l'avenire, e forse maggiori, a finché S.D.M. dia a V.S. Ill.ma un cuore grande pieno di carità e patienza Christiana, acciochè con grandiss.0 merito suo e profitto grande del suo grege, sappia superare le tribolationi et imperfettioni del suo popolo.
Et con la presente supplico V.S. Ill.ma si compiaccia di aggiu-tare quelli pochi religiosi nostri che sono restati in cotesto convento di Campie, ordinando che quelli che hanno il Breve di poter lasciar l'habito nostro, lo lascino e non perturbino quelli, che hanno carità di tener l'Instituto in piedi, al quale speriamo che S. S.tà in breve si compiacerà dare qualche opportuno rimedio. Che lo riceverò per gratia particolare, come cosa venuta da Dio per mano di V.S. Ill.ma, alla quale pregando dal Signore ogni vera consolatione e felicità, riverente bacio le sacre vesti. Roma 22 Gen.° 1648.
Di V.S. Ill.ma e Rev.ma.
Servo devot.mo nel Sig. Gioseppe della Madre di Dio
All'Ili .mo Papacoda Lecce
Il detto Ill.mo Prelato lasciò levare a' Padri una vigna lasciatali per la lampada del SS.mo et altre opere pie da farsi in detta chiesa, sotto pretesto che non vi erano più le Scuole Pie Religiose.