CaputiNotizie01/351-400

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[351-400]

351.Aperto l’altro piegho vi erano molte lettere del P.Antonio ad alcuni Padri e Secolari dove li dava nuova delle nostre disgratie, e se volevano uscire scrivessero al P.Nicolò Maria, che l’haveria ottenuto il Breve con molto lor vantaggio.

Nel terzo piego non vi erano cose di rilievo, ma la maggior parte lettere di particolari di Caglieri, che scrivevano alli loro Parenti.

Fatte l’altre diligenze si trovò la patente fatta dal P.Stefano, che il fratel Lucifero era dichiarato Chierico e che poteva ascendere alla prima Tonsura, e poi agli ordini sacri. Prese tutte queste scritture, e poste da parte si viddero le Robbe, che portava, non vi era cosa di consideratione, fu rimesso il tutto dentro la balice, et aggiustata dal P.Gioseppe in maniera tale ch’era impossibile conoscersi d’esser stata aperta, e con questo si vidde quanto havevano da operare dette lettere, che tutto era contro il P.Pierfrancesco per screditarlo mentre non l’era potuto riuscire tante volte con haverlo fatto venir in Roma alla Sma Inquisitione come si disse, ma per l’integrità et innocenza del P. ne fù benignamente liberato, che questa era la pena che li nutriva essendo huomo di grandissimo talento per l’aiuto della Religione, che di questo havevano paura, acciò non intraprendesse qualche impresa che li poteva dar gran fastidio.

352.Accomodata la balice il P.Pierfrancesco voleva lui le lettere e Brevi, e le scritture per portarseli seco, il che non parve bene acciò non nascesse qualche accidente, e fosse scoverto il tutto, e facilmente s’havesse qualche disgusto, e cossì fù concluso che gettase il tutto alli luoghi comuni, che cossì non si sapria mai cosa nessuna ne si trovaria mai memoria di niente, e cossì anassimo d’accordo ai luoghi comuni, vi si buttò dentro tutte le scritture, e tutto contento il P.Pierfrancesco se n’andò a riposare.

La matina il fratel Lucifero cominciò a passegiare aspettando il P.Pierfrancesco, che si levasse acciò andassero a pigliar il danaro dal Mercante, mà non si levò sino che sonò l’ultima messa dicendo, ch’era stato male, e la notte non haveva potuto dormire, che doppo pranzo haveria visto d’haver il danaro acciò si vedesse se vi fusse l’imbarco per Sardegna.

353.Finito di pranzo il P.Pierfrancesco disse al fratel Lucifero che se n’andasse alla Marina a veder per l’imbarco acciò non si perdesse tempo, che lui saria andato per il danaro con un altro compagno acciò si sbrigassero quanto prima e facesse la lista di quel che haveva da comprare che l’haveria dato quanto danaro voleva e con queste promesse l’andava rincorando con ogni dolcezza.
354.Tornati la sera a Casa li domandò il P.Pierfrancesco se haveva trovata nessuna comodità, li rispose che vi era un vascello, mà che si tratteneva troppo, e non haveva ancor finito di scaricare che portava Cascio, e Tonnina, che l’haveria mandato il Sg.Brunenghi e tornaria a drittura a Sassari; li domandò quanto si poteva trattenere, perchè saria bene partir quanto prima, che facesse nuove diligenze che già la poliza di Cambio era stata accettata dal Mercante ch’era ad uso, e non l’haveva voluto dar il danaro se prima non passavano quindici giorni, con tutto ciò l’haveva promesso darglili prima, e dimani andaremo assiemi alla Marina per veder questa comodità s’era approposito.

La matina seguente uscirono assiemi et il P.Pierfrancesco comprò alcune bagatelle da donare, ma non havendo danaro disse a fratel Lucifero, che l’havesse prestato, che s’haveva scordata la borsetta sul tavolino, cavata la sua borsetta Lucifero non haveva altro, che tre doppie, et appoco appoco li fece spendere tutte perche li venne voglia a lui ancora pigliar molte galantarie, e cossì restò senza un quatrino e carico delle cose comprate se ne tornarono a casa tutti allegri dicendoli, che il giorno sariano andati a veder il vascello.

355.Tornati in Casa entrò in Camera il P.Pierfrancesco cercò la borsa e non la potè trovare, si cercò adosso, e non trovando se non il laccio perche disse che s’era rotto, e l’haveva persa per strada, fece finta d’andar in collera et il fratel Lucifero lo consolava, dicendoli, che mentre haveva da pigliar cento scudi dal Mercante questi bastavano per spendere et il viaggio si poteva pagare a Caglieri o vero far debbito con qualche mercante che in Napoli non mancavano negotianti di Sardegna e cossì l’andava consolando al meglio che poteva.
356.Disse il P.Pierfrancesco che quel danaro che haveva perso era della Marchesa di Chirra, che l’haveva dato per comprarne molte cose, e dentro la borsa era la lista che quello era più che lo conciava, faceva finta di fare diligenza dove erano stati matina, s’havessero trovata una borsa con alcune doppie, et una lista, e tutti li rispondevano non haver visto cosa nessuna; et il povero Lucifero l’andava sempre consolando, che la Marchesa di Chirra era Sigra capace, e non saria stata cossì come lui si pensava, che bastava dirli, che per disgratia era persa la borsa con la lista, che haveria visto, che non n’haveria parlato.

Passati otto giorni il P.Pierfrancesco disse al fratel Lucifero, che era necessario partire, et andar a Procida perche vi era una filuca, che partiva per Cagliari, e la mandava il Mercante che l’haveva da dar il danaro, al quale haveva girata la poliza di cambio, che metesse all’ordine, che domani andaremo a Procida pigliaremo il danaro e vedremo quando vol partire, acciò non si perda quella comodità cossì sicura dicendoli il nome del Padrone della filuca che Lucifero conosceva perche molte volte era stato a Caglieri, e restati d’accordo la matina partirono per Procida.

357.Trovato pronto l’imbarco, li disse il Padrone, che già era lesto, e che stava aspettando da Napoli un Cavaliero di Caglieri che era venuto per negotii, che fra due giorni al più sariano partiti, e di già era venuta la Robba e l’haveva imbarcata, e che quanto danaro haveva bisogno il P.Pierfrancesco tutto l’haveria dato, havendolo prevenuto il P.Pierfrancesco prima in Napoli. Trovato l’alloggiamento e portatevi le Robbe nella filuca la seconda matina s’accinsero alla partenza, et imbarcati il fratel Lucifero cercò la Balice al Padrone della filuca, che voleva pigliarsi un faccioletto, et apertala non la trovò con quell’ordine che haveva poste le robbe, et entrando in suspetto, cercò de Pieghi, e non li trovò per il che cominciò ad andar in tanta bestia contro il P.Pierfrancesco che l’haveva levate le scritture non mancandovi altro dove era il Breve che mandava Mons.Assessore a Mons.Arcivescovo di Caglieri, che voleva calar in terra in ogni maniera ne voleva più seguitar il viaggio e se ne voleva tornar a Roma a farsi far giustizia perche quello era stato un chiaro tradimento, che l’haveva fatto spendere il danaro che portava per il suo viaggio, e poi l’haveva levate tutte le scritture, e sempre gridava al Padrone, che lo ponesse in terra altrimente si saria buttato a mare.
358.Cominciò il P.Pierfrancesco: che scritture, che Breve, camina Padrone che questo è pazzo, e non sà che si dice, lo prese con le bone e li cominciò che lettere haveva che vedesse bene dove l’haveva poste, a chi andavano, e che quanto al Breve ne l’haveria dati stampati quanti voleva perche già ne portava nelle sue bisaccie, e che hora l’haveria e presa la saccoccia ne li mostrò quattro autentichi e sottoscritti dal Cardinal Ginetti che se le voleva tutti l’haveria dati, che stasse quieto e non scandalizasse più che i secolari, e quanto al danaro che haveva speso per lui era danaro della Casa di Caglieri alla quale lui ne doveva dar conto, e tratanto il Padrone della filuca s’ingolfò, et in due giorni giunsero a Caglieri verso due hore di notte, et arrivati in Casa diede ordine che il fratel Lucifero fusse serrato in una stanza, che solo li dassero pane et acqua, ne li potesse parlar nessuno se non quello che lo serviva senza suo ordine, e le robbe che portava ne fusse fatto un Inventario da due Sacerdoti, per caggione che haveva scandalizato la casa prima di S.Pantaleo, e poi quella di Napoli per haversi posta la Berretta da Prete uno, che non haveva fatto altro che sempre la Cucina, e che se ne facesse un processo, e costando lo voleva mandar in Galera, e se negava questa verità l’haveria fatta dar la Corda, tutto quest’ordine fù dato alla presenza dell’istesso povero Lucifero, che voleva rispondere, mà non l’era permesso.
359.Fù preso, e posto priggione e trovatali la berretta venne a tutti odioso e stiede prigione da due mesi, fece pregar il P. Pierfrancesco, che si contentasse che potesse passar ad altra Religione, che cossì saria stato meglio ne haveria dato fastidio a nessuno che lo serva.

Si contentò il P. Pierfrancesco: con tutti i Padri, passò alla Religione di S.Francesco de Minori osservanti, il qual fù ricevuto per chierico, fece la Professione, passò in Gierusalemme, e doppo qualche tempo venne in Roma per Procuratore delli Missionarii, mi venne a parlare più volte, mi disse molte cose che haveva passate, come era entrato a quella

Religione, e pensava quanto prima passar di nuovo in Gierusalemme dove era fatto cercante.

Quando poi venne il P. Pierfrancesco: in Roma all’Anno scorso mi raccontò tutto quello ch’era passato tanto a Procida quanto per viaggio e in Caglieri dal fratel Lucifero. Questo si cambio il nome di Lucifero in fra Francesco di Caglieri, che di Coco riuscì operario grande nelle Missioni et intendo che ancora sia vivo. Del P. Pierfrancesco: ne parleremo altrove.

360.Ho fatta una lunga digressione con metter alcuna cosa fuor dell’ordine, et è necessario vedere l’accidenti successi prima e doppo che uscì il Breve, acciò s’intenda meglio da dove nacquero l’accidenti della venuta in Roma del P.Honofrio del Smo.Sacramento Napolitano, mandato apposta dal Re di Polonia per due cose: l’una per la Religione, che pativa persecutioni dal P.Mario, che già era stato fatto Vicario Generale, e suspeso il P.Fundatore; l’altra perche il Prencipe Casmiro suo fratello era fatto Gesuita con suo grandissimo disgusto, per trattare dell’una e l’altra Causa con il Cardinal Savelli, Protettore del Regno di Polonia, e l’Abbe Orsi Parmeggiano Agente del Re di Polonia, Vladislao quarto, acciò il Papa comandasse al P.Mutio Vitelleschi, Generale dei Gesuiti, che non fusse ordinato in sacris il P.Casmiro suo fratello. Per queste due Cause partì il P.Honofrio da Polonia, e venne a Roma l’Anno 1642.
361.Mentre, che il P.Alessandro di S.Bernardo Genovese, haveva già cominciata la fundatione delle Scuole Pie introdotte in Varsavia dal Re Vladislao 4, che a suo nome s’era principiata con grandissimo esempio e divotione, tutti quei grandi della reggia cercavano aiutarlo havendone prima fatta instanza più volte il medesimo Re al P.Fundatore per mezzo d’un Vescovo, che andò in Roma per negotii del regno, e poi quando mandò il Duca d’Ossino per suo Ambasciatore d’Ubidienza a Papa Urbano ottavo, che fece quella cavalcata cossì celebre e ricca che fù tanto nominata per tutto il Mondo. Questo Duca era Secretario del Regno di Polonia al quale il Re haveva gran credito e confidenza, et a questo comise ancora che trattasse con il P.Fundatore delle Scuole Pie acciò li mandasse la sua Religione nel suo vasto Regno di Polonia, et il P.Generale li promise di farlo a suo tempo e di più il medesimo Ambasciatore volle più volte andar a visitar le Scuole, che più s’inamorò dell’Instituto e li venne voluntà ancor a lui di far la fundatione ad una sua Città, promettendo al P. che lui prendeva la protettione della Religione, come poi fece mentre visse.
362.Il P.Generale li promise di mandar a fare la fundatione a suo tempo come poi successe per accidente che si dirà ad altro luogo per seguitar quello, che habbiamo cominciato.

Era Provinciale delle Scuole Pie in Germania il P.Honofrio del Smo.Sacramento, il quale per il suo ufficio andò a visitare la nuova fundatione di Varsavia dove era come superior de la nuova casa, e giuntovi andò subito a visitar il Re, introdotto dal Duca d’Ossolino Secretario del Regno; il quale l’accolse con straordinaria amorevolezza dandoli la mano acciò la bagiasse, il che è favore singolare, che non si fà se non a persone grandi. Discorse a lungo con lui tanto dell’Instituto, quanto delle cose d’Italia, et in particolare della Città e regno di Napoli, sua Patria, con quella modestia religiosa, presenza e modo di trattare al suo ordinario.

363.Il Re, et il Prencipe Casmiro suo fratello li presero grandissimo affetto, che alle volte si trattenevano in lunghi discorsi familiari assiemi e perciò la famiglia e Nobiltà del Regno presero grandissimo credito non solo al P.Honofrio, mà a tutto l’Instituto, poiche trattavano le lor cose non solo con modestia, e divotione, mà il P.Alessandro Superiore della Casa con grandissima semplicità essendo i Signori Polacchi veri Cattolici e devoti facilmente se l’impresse il buon nome de nostri Padri, sibene non mancavano dell’altri Religiosi invidiosi, che mettevano qualche zizania da canto per non tanta confidente corrispondenza, che tutto veniva tagliato dal Duca d’Ossolino, e dal Principe Casmiro, et anco dall’Abbe Orsi molto benvisto dal Re, che per essere italiano di Parma spesso discorreva con il P.Honofrio, e più lo metteva in credito. Tanto più che il Re diede per moglie una sua sorella carnale al Palatino del Reno, e la condusse al marito il Principe, il quale alloggiò in un nostro Convento alli confini d’Ungheria, fatto fabricare dal Dº Lubomiski Palatino di Cracovia e poi Gran Maresciallo del Regno e con questo più s’accese alla divotione de Padri il Prencipe Casmiro vedendo la modestia et osservanza di quei Novitii e Studenti governati dal P.Gio:Domenico della Croce Italiano, e nato in Roma, siche sempre andava più e più crescendo l’amor del Prencipe verso il nostro Instituto.
364.Un giorno il Prencipe Casmiro se n’andò a trovar il P.Honofrio con l’Abbe Orsi, e li disse che li voleva parlar un poco al giardino per veder certe piante che il P. haveva fatte venire da Moravia, che in Polonia non havevano mai potuto allevare per i freddi et entrati nel Giardino li disse secretamente che lui haveva intenzione di farsi Religioso delle Scuole Pie, e che l’accettasse perche questa era la sua intenzione, e se ne voleva andare al Novitiato ma voleva che non lo sapesse nessuno perche facilmente saria disturbato, et il negotio non saria riuscito.
365.Molto rimase confuso il P.Provinciale, li dimandò se il Re ne sapeva niente di questo fatto, perchè non era cosa giusta a far questa resolutione senza il suo beneplacito, che hauria grandissima persecutione tanto sua altezza quanto tutta la nostra Religione e lui in particolare.

Li rispose che il Re non sapeva cosa alcuna, et al sicuro non si saria contentato, che vedesse di trovar qualche mezzo termine, che secretamente saria passato in Italia quando havesse havuto persona confidente che ve lo conduca con sue lettere.

366.Li replicò il P.Honofrio, che se si contentava ne parlasse al Re, haveria sentita con bella maniera la sua intenzione perche altrimente non poteva ne voleva farlo che lasciasse far a lui, ne si prendesse altro fastidio, che si quietasse, e facesse delle Devotioni alla Beatissima Vergine, et a S.Casmiro acciò S.D.M. disponga quel ch’è più maggior gloria sua, e fù concluso che solo ne parlasse al Re quanto prima, mà che di quello non ne dicesse niente al Conte Abbate Orsi, che poi saria venuto per la risposta quando sapeva haverne stato con S.Maestà.

Non trovava cossì facilmente congiontura il P.Honofrio di poter trattar questo negotio col Re, perche benche spesso vi andava, nondimeno s’attentava di trattare di questa petitione del Prencipe, il quale non passava giorno, che l’andasse a sollecitare.

Finalmente un giorno parlando con il Re, li venne il taglio parlando del Prencipe il quale vedeva il Re mutato assai di costumi, e sapeva che spesso l’andava a veder, e discorreva a lungo con lui, il che non faceva prima, che più presto era intento alle Cause.

367.Il P.Honofrio li rispose liberamente, che il Prencipe l’haveva conferito volersi far nostro Religioso, ne voleva che lo sapesse nessuno, ne lui n’haveva voluto far altro se prima non era contenta V.Maestà, e questa è stata la caggione di tanto spesso è venuto a trovarmi, e non mi sono attentato a dirlo a V.M. per non darli disgusto, e venisse la nostra Religione in disgratia sua.

Quando il Re intese questo, li disse, guardi P., non faccia questo perche mi darebbe disgusto tale che mai più saressimo Amici, perche il Prencipe Casmiro deve succedere al Regno doppo la mia morte, e cossì sarà necessario per deviarlo da questo suo pensiero in altre cose, li puol dire havermene parlato, e che Io m’andasse in collera, et il resto poi lo farò Io con qualche altra occasione.

368.Subito tornato il P.Provinciale in Casa vi andò il Prencipe Casmiro per saper la risposta, che l’haveva data il Re, et il P.Honofrio liberamente li disse, che Sua Maestà era andata in collera malamente, perche non voleva in nessuna maniera, perche venendo la sua Morte le saria successo al regno, e che haveria veduto applicarlo a d’altro, sicche V.Altezza si contenti lasciar l’impressa e facci la voluntà del Re che farà meglio, che se si facesse Religioso perche Iddio non l’ha chiamato a questo, ma ad altro stato.

Restò alquanto sospeso il Prencipe, ma stava aspettando che il Re ne li parlasse e dicesse qualche cosa de suoi pensieri, che più spesso si faceva vedere e non trovando riscontro alcuno, confidò quanto haveva pensato al Conte l’Abbe Orsi Italiano, il quale li rispose che S.M. non voleva che si facesse Religioso, che vedesse in (che) si voleva applicare, che haveria ogni satisfattione.

Li scappò a l’impensata al Prencipe, e già che è cossì andiamo alla guerra. Meglio saria questo, rispose il Conte, che V.A. darebbe gusto a S.M. e il suo nome facendo qualche impresa sarebbe celebre, e facilmente li succederia il Regno, passando all’altra vita il Re, che non ha figlioli e con questo fù chiuso il discorso.

369.Il Conte Abbate Orsi Italiano di tutto questo diede conto al Re, il quale le disse che vedesse se volesse applicar a la guerra, che voluntieri l’haveria mandato dove voleva lui con quel honore, che si conveniva, ma destramente acciò non s’impegnasse a cosa che non poteva riuscire.

Replicò il Conte: se V.M. li paresse che andasse a servir Re di Spagna in Fiandra saria bene per venturiero, come Cavaliere privato, saria bene a levarli qualche capriccio dal capo acciò possa col tempo valersi dell’Armi, che con la pratica potesse imparare, e darebbe a V.M. maggior gusto, et a lui industria, credito e valore a tutto il Regno. Tanto fù stabilito che trattasse col Prencipe, che il Re n’haveria presa consulta dal Duca d’Ossolino, Secretario del Regno e da qualche altro suo famigliare del Conseglio.

370.Con una occasione opportuna, che il Prencipe voleva andar alla Caccia a Lituania invitato ivi da alcuni Cavalieri, disse al Conte Abbe Orsi, che si contentasse impetrarli da S.M. la licenza di potervi andare per quindici o venti giorni e se voleva andar seco l’haveria assai a caro.

Con questa occasione l’Abbate li conferì quanto haveva parlato con il Re, e che già era huomo, e doveva mostrar al Mondo il suo valore, e dar animo anco al Regno che mancando un Re tanto valoroso, che ha fatto tremar il Turco, e fattolo fugire col suo intrepido guerregiare,/che l’amazzò il cavallo sotto la fortezza dil Smolesko/ al sicuro l’haverebbe subito acclamato Re, tanto più che il Prencipe Carlo suo fratello era fatto Arcivescovo e non haveva pensiero attender alle cose del mondo.

371.Con questo il Prencipe disse che voluntieri saria andato in Fiandra a servire il Re Cattolico con una picca in spalla da venturiero, e questo lo voleva comunicare con alcuni suoi Amici del Conseglio Reale per sentir il suo parere.

Il Conte Orsi ne diede risposta al re, il quale li rispose, che l’haveria a caro ogni volta che lui l’accompagnasse sino in Fiandra, ma la prima instrutione che li dava non voleva che in nessuna maniera passassero per la Francia per non impegnarsi con quella Corona, che mandasse un fratello contro la sua Corona, che con tutto, che sariano andati sconosciuti, non mancavano spie a dar aviso per tutto il Mondo esser partito un fratello del Re di Polonia incognito e non si sa dove sia andato, questo fù il primo comandamento che die il Re all’Abbe Conte Orsi, e l’obbligo d’andarne e far quanto comandava con ogni fedeltà

372.Fatto l’accordo col Prencipe parlò col Re, li die assolutissimamente ordine che non passasse per la Francia come li promese, furono apprestate le cose necessarie per il viaggio, e fatteli molte rimesse di danari per dove passasse, e poi in Fiandra, s’accinsero alla partenza per l’Italia, e giunti a Genova il Conte lo fece far una livrea modesta, et altri arnesi, che sconosciuti viddero la Città, accorto il Conte che il Principe come giungeva a qualche luogo andava osservando le piante della Città e fortezze, giunto la sera all’allogiamenti si ritirava e ne faceva la pianta per esser lui eccellente Cosmografo, e poi le mostrava al Conte, et a due altri Cavalieri sue Camerate, del che il Conte sempre lo essortava che non facesse quelle Piante perche gli Italiani facilmente s’ingelosiscono e non caminano con tanta semplicità oltramontana, che vedendo il suo modo di negotiare alla grande che spende voluntieri e buttar il suo danaro, al sicuro saria scoverto e lui saria necessitato a lasciarlo, e disgustarsi il Re che era quello che li pesava più d’ogni altra cosa.
373.Il Prencipe li rispose, che lui era nato figlio di Re, e che voleva fare quel che piaceva, e voleva passar per Francia, e veder tutte quelle Città nel passar per la Fiandra, che però haveva lasciato la patria per veder il Mondo, e non mancavano quei Cavalieri di rincorarlo dicendoli, che faceva bene già che erano usciti delle loro Case, e se il Conte Orsi l’havesse abbandonato erano loro buoni ad andar senza lui.

Disse liberamente il Prencipe al Conte Orsi, che lui voleva seguitar il suo viaggio per la Francia e n’haveria scrito al Re e nessuno l’haveria conosciuto, che si contentasse a accompagnarlo sino al Campo come haveva comandato il Re.

374.Il Conte Orsi li rispose, che vada pur felicissimo perche lui haveva necessità d’arrivar alla sua Patria, ne voleva più seguir il viaggio havendo altre Comissioni dal Re per Italia, che doveva trattare con il Cardinal Savelli, et con il Papa di gravissimi negotii per il Regno, sicche si separarono il Prencipe partì per la Francia, et il Conte per Roma per dar una vista alla sua Casa, e di tutto diede aviso al Re Casmiro (sic) acciò poi non ne dasse la colpa a lui.

Gionto il Prencipe a Turino fatte le sue devotioni alla Sma.Sindone del N.S.Giesù Christo, levò la pianta della Città, passò in Francia et in ogni città che entrava ne levava la pianta, e le portava seco. Fù scoverto questo fatto, e saputo ciò dalli ministri del Re Christianissimo, lo fecero far prigione in una fortezza, e saputo dal Re Christianissimo, fece far le diligenze chi egli era, e saputo esser fratello del Re di Polonia, che era capitato in Francia che passava per Fiandra a servire la Corona di Spagna, il quale andava pigliando le piante delle fortezze di Francia, era stato fatto prigione da Ministri del Re e che vedesse quel che si doveva fare.

375.Del che il Re Polacco subito spedì corriero in Roma al Conte Orsi che di già haveva havuto nuova esser arrivato, che vedesse con il Cardinal Savelli, Protettore del suo Regno, come secretamente si poteva fare per non restar obbligato, che per questo giudicava haverli scritto il Cardinal Mazarino, voleva che li mandasse un Ambasciatore a cercarli in gratia il fratello, e questo non l’haveria fatto mai perche era passato per la Francia contro la sua voluntà che si raccordasse esser stato questo il primo Capitolo dell’Istrutione dateli che non passasse per la Francia, che lui non ne voleva far altro e vi poteva morire perche haveva fatto contro la sua voluntà, ne mai haveria tampoco scritto ne una lettera, che lo lasciassero andare, che da Roma facessero loro le giustificationi, che le dessero parte perche lui haveva risposto parole generali, e perche acciò la Corona di Francia non prendesse gelosia, che lui li sa contrario, che intrando il Cardinal Mazzarino in qualche politica l’haveria obbligato ad inquietar il regno.
376.Cominciò il Conte Orsi a negotiare con il Cardinal Savelli, ne parlarono al Papa, et al Cardinal Barbarino quanto era occorso, e che il Prencipe veramente passasse in Fiandra, era vero ma per soldato privato e sconosciuto, ma perche era assai Curioso nella cosmografia quando passava per qualche Città si prendeva gusto a farne le piante solo per suo trattenimento, anzi il Re suo fratello l’haveva proibito assolutamente che non passasse per la Francia, come si vede dall’instruttioni, che il medesimo Conte portava seco, e per non obligarsi il Re di Polonia con qualche gelosia, haveva giudicato bene non parlarne, mà che lasciasse correre la fortuna dove lo portava, siche pregavano Sua Santità et il dº Cardinal Barbarino a trovar mezzo termino acciò fusse fatto rilasciare con qualche pretesto.
377.Furono tanto efficaci le parole tanto del cardinal Savelli quanto quelle del Conte Orsi, che fu scritto in Francia al Cardinal Mazarino et al Nuntio, che in nome di Sua Santità li pregassero a trovar mezzo termine di lasciar andar libero il Prencipe Casmiro fratello del Re di Polonia.

Fù secretamente licentiato, e diedero nuova che fusse fuggito da dentro la fortezza, e non sapeva dove fusse andato.

Doppo diciotto mesi in circa capitò alla Madonna di Loreto per compiere il voto che haveva fatto acciò fusse liberato da quella sua disgratia, e vi giunse da pellegrino con bastone in mano come se fusse stato un Poverello viandante, ne mai disse a nessuno chi era perche si vergognava per la miseria e povertà che li fù necessario andarsi buscando il vitto per Carità.

378.Giunto alla Madonna di Loreto il Prencipe Casmiro se n’andò con l’altri Peregrini all’ospitio della S.Casa, e cercò di farsi una Confessione Generale dal P.Penitentiero, e questo scoprendo chi era restò maravigliato nel stato in che si trovava, sicche poco appoco li cavò da bocca quanto l’era successo. Li cominciò a dire se voleva far l’essercitii spirituali l’haveria fatto dar ogni comodità di star da pari suo, che n’haveria fatto parte al P.Penitenziere Maggiore, e Rettore del Colleggio se cossì si contentava, d’altra banda non voleva esser scoverto chi era, e li disse che voluntieri haveria fatti l’esercitii spirituali, ma che non dicesse a nessuno esser fratello del re di Polonia, ma un semplice Cavaliero Polacco, e cossì restarono d’accordo che cominciasse l’essercitii spirituali, lo fece vestir e mutar di Biancheria e poi il Gesuita lo cominciò ad essortare con una dolza Rettorica, ad abbandonar il Mondo, et abbraciarsi con la Croce di Christo, che saria un attione grande, che haveria imitati tanti altri.Corone, che hanno lasciati li scettri e le grandezze del Mondo fragili e frolli, et abbracciata la Religione sono stati santi, e con l’esempio loro hanno indotto ad altri a far il medesimo, in fine fù tanta la persuasiva del P.Giesuita, che l’indusse a prender il loro habito, e dar nuova al Re di Polonia, che il Prencipe Casmiro, inspirato da Dio, s’era ascritto alla Compagnia di Giesù, ma prima n’haveva dato parte al P.Mutio Vitelleschi Generale della Compagnia di Giesù. Il Prencipe Casmiro fratello del Re di Polonia era tanto spinto che era d’esempio a tutti i Padri Giesuiti, et era posto peranco per essempio a tutti i Novitii della Compagnia, sicche in poco tempo se ne sparse la nuova per tutto il Mondo.
379.Penetrato ciò dal Conte Orsi ne diede subito parte al Re in Polonia, mà non sapeva il modo come era passata questa risolutione; il P.Vitelleschi scrisse ancor lui al re l’inspiratione dal Signore data al P.Casmiro, che l’haveva chiamato alla loro Compagnia, et haveva seguitato la Croce di Giesù Christo con un spirito tanto profondo d’humiltà, che faceva stupir tutti.li suoi, che pareva Religioso consumato.

Fratanto il Conte Orsi pose ogni diligenza di saper il mezzo come passava questa resolutione ne trovava riscontri adequati a quel che li dicevano i Padri Giesuiti e li chiusero l’ingresso non poterlo parlare quando venne in Roma a far il suo Novitiato.

380.Saputo dal Re Vladislao questa nuova diede in tal scandiscenza, che non si poteva dare pace, e fece ordine, che da tutto il suo Regno sfrattasero i Padri Giesuiti, e da questa resolutione non lo poteva mai rimovere e perche molti grandi del Regno si frapossero per mezzo et anessino lagnandosi di questo, dicendoli che considerassero la stima che facevano del regno, tampoco volevano che li parla il suo Agente ch’era in Roma, in fine voleva che nel regno suo non voleva più Giesuiti: venuta questa nuova a Roma il P.Vitelleschi Generale pregò il Papa che si framettesse in questo negotio col Re, acciò non succedesse qualche scandalo, e se voleva il fratello, che se lo pigliasse perche la Compagnia non era attaccata a nessun huomo del Mondo; che li facesse gratia soprasedere sino alla prima Dieta, che succedesse questo saria di grandissimo scandalo all’heretici e Turchi de quali e cinta tutta la Polonia e quel Regno è santimoniale della Christianità e ne potria succeder qualche gran male.
381.Scrisse il Papa al Re e lo pregò che in gratia sua soprasedesse, che si sia trovato mezzo termine a soprassedenza a dar sfratto, et il Re come ubbidientissimo alla Santa Sede Apostolica fece quanto li comandò.

Scrisse al Conte Orsi et al Cardinal Savelli, che procurassero ordine dal Papa che il P.Vitelleschi non permetesse che il Prencipe suo fratello fusse ordinato in sacris, ne li facessero fare Professione senza ordine speciale del Papa, e tutto questo fù puntualmente eseguito.

Cominciano in Roma li disturbi del P.Mario di S.Francesco, e più volte n’haveva il P.Honofrio del Sant.mo Sacramento parlato al Re Vladislao che scrivesse in Roma come più volte haveva fatto senza nessuno profitto, e cavò giacche si risolvè di mandarlo a Roma che di persona con sue lettere haveria potuto fare assai, et assistere al Conte Orsi, al Prencipe Casmiro, che li parlasse a bocca, acciò non l’inducessero a farsi ordinar in sacris, sinche lui non l’havesse avisato, ma che non li dicesse altro, ne che palesasse il suo pensiero perche lo voleva far uscire dalla Compagnia con sua reputatione con nominarlo Cardinale che si trovava nella prima promotione, con questo il P.Honofrio si preparò per il viaggio per Italia, dandoli il Re due Casse dove era una paranza di Candelieri, e Croce per un Altare, Ampolle, Baule, Bucale, e sotto coppe per il servitio d’un altare tutto d’Ambra finissima lavorata acciò la portasse da sua parte al Cardinal Savelli, Protettore del suo Regno, come il P.Honofrio puntualmente esseguì.

382.Giunto in Roma il P.Honofrio, consegnate le lettere et il Regalo al cardinal Savelli, et al Conte Orsi, cercò subito di parlare al P.Casmiro, con el Conte Orsi, dove stiede in lungo discorso narrandolo come la Maestà del (Re) l’haveva mandato aposta, che stasse pure allegramente (illegibile).. non facesse altro motivo, e mai acconsentisse che pigliasse ordini sacri, perche il Re haveria procurato darle ogni satisfattione del che il P.Casmiro restò molto satisfatto fratanto il Cardinal Savelli cominciò a trattar con Papa Urbano ottavo, e procurando che l’havesse fatto Cardinale, che di già n’haveva la nomina, e con questo fù concluso che nella prima promottione l’haveria dichiarato Cardinale.
383.(395)[Notas 1] Date le risposte al Re tanto dal Cardinale come dal Conte Orsi dell’arrivo e negotiato del P.Honofrio col Prencipe Casmiro che stava contento e sodisfatto delle propositioni fatteli, e che voleva dipendere dalla sua sola Voluntà, e li chiedeva perdono, che tutto quel che l’era avvenuto era stato non haver eseguito i suoi comendamenti.

Una Domenica a bon hora fù avisato il Cardinal Savelli che il giorno seguente si doveva far la promotione de Cardinali perche già N.S.Papa Urbano haveva dato ordine al Mastro di Casa Pontificio che facesse metter all’ordine le posate e prevedere per il pasto, che si doveva far dal Cardinal Francesco Barbarino. Subito il Savelli fece chiamar il Conte Orsi, e le disse che preparasse le vesti per il Prencipe Casmiro che lunedì si faceva la promotione et avisato il P.Honofrio andarono assiemi al Noviziato de Pri Giesuiti a visitar il P.Casmiro e protarono seco un sarto, che pareva un Gentil huomo e fatteli l’imbasciata da parte del Conte Orsi venne abasso cominciarono a discorrere tutti dandole aviso, che il Re stava bene e dimandava sapere come la passava havendo havuto assai a caro essersi rimesso alla sua voluntà e che sempre n’haveria tenuta memoria e protettione, e dandole parla fratanto il sarto prese le misure delle vesti e si licenziarono, e dato ordine l’Abbe Orsi al Sarto che comprasse le cose necessarie, e che la notte fussero fatte le vesti Cardinalitie come fu fatto con ogni diligenza a la matina le furono portate in casa che fù il lunedì della pronuntiatione.

384.(396) Subito l’Abbe Orsi andò al Corteggio del Cardinal Savelli, et accompagnatolo al Consistorio se n’andò al Novitiato de Pri Giesuiti, fece restar il suo servitor alla Portaria con le vesti: sito con l’ordine che non dicesse ne mostrasse niente a nessuno, fratanto che lui lo chiami dentro, e fattosi chiamar il P.Casmiro cominciarono a passeggiar assiemi sotto le loggie discorrendo di vane cose sintanto venne la nuova d’un P.Giesuita dicendoli P.Casmiro V.P. è stato fatto Cardinale e fingendo di non sentire seguitarono passeggiare senza darli importanza, veniva altri Gesuiti a rallegrarsi e non dava risposta a nesuno come se non dicessero a lui, lettione del Conte Orsi, acciò aspettasero prima il Prelato che lo venisse a pigliare,
385.(397)finalmente venne la Carozza del Cardinal Barbarino col suo Mastro di Camera a dirli che N.S. l’haveva fatto Cardinale, e li mandava a pigliare per darli la berretta. Subito il Conte Orsi fece chiamar il suo servidore et ivi medesimo lo fece vestire delle vesti Cardinalizie, e postisi in Carozza lo servi di Mastro di Camera sino alla presenza del Papa, il quale li pose la berretta in Capo, e poi andò apresso del Cardinal Barberino con i Cardinali nuovi, dove stiede in recreatione un poco, poi prese licenza d’andar al Novitiato, che a suo tempo fusse chiamato per andar a S.Pietro conforme il solito havendo già ringratiato il Papa, per poi cominciare le visite, e far preparar la famiglia che bisognava, non sapendo che farsi si trovava confuso vedendosi in tanto corteggio havendo visto quel che mai haveva pensato vedere, e giunto al Novitiato tutti quei Reverendi Padri s’andarono a rallegarse della nuova dignità di Cardinale, li fecero veder l’Arme che havevano fatto fare per metterle alla porta della sua stanza, per vedere s’estava giusta et a suo comodo dove erano l’armi del Regno di Polonia e Svetia, et al meglio del luogo quelle della Compagnia di Giesù; li disse che tutto stava bene e che lui non era stato mai Giesuita, e non voleva che vi fusse posta, che fusse cassata, che solo li bastavano le sue imprese: ma che ben ebbe prima intentione esser delle Scuole Pie.
386.(398) Restarono mortificati li Pri Gesuiti essendo che pensavano esser Padroni, del che fecero qualche legiera doglianza con il Conte Orsi, il quali li rispose esservi ordine di S.M.
387.(383) Sicche presto fù datoli il Cappello e si preparava il Palazzo dove pensava stanziare mentre si trattenesse in Roma, ma poco vi stiede perche il Cardinal Mattei intese un ambasciata portateli da un Gentiluomo suo per sapere come stava, li disse che l’Altezza del dº Cardinal di Polonia suo Signore lo mandava aviso di saper come stava, il Cardinal Mattei li rispose che altezza, non siamo tutti Cardinali, e tutti habbiamo il titolo di Eminenza che bastava. Riferì al Cardinal Prencipe questa risposta, il quale fatte le visite al Sacro Colleggio, e Prencipi sin fino a Frascati, sintanto che venne la risposta del Re suo fratello, ne si vidde più in Roma, ma si partì per la volta della Polonia con quella splendidezza che comportava la sua nascita, sicche mancato al P.Honofrio i favori et assistenza necessaria più che mai, fece la resolutione che dissi di sopra.
388.(384) Tutto questo fatto più volte mi raccontò il Sr.Abbe Conte Orsi mentre stava internuntio in Napoli del Re Vladislao di Polonia, che spesso veniva a consolarci perche era uscito il Breve della Religione, et ogni ordinario mi mostrava le lettere del Re circa l’interesse della nostra Religione, che dicevano, che se lui campava, al sicuro havessi a farla rimettere la Religione nel suo primiero stato sapendo di perderne il Regno, questo l’ho visto Io medesimo e testimone di ciò è Mons.Domenico Panti il Camerire segreto di N.Papa Clemente Decimo, che in quel tempo era Secretario del medesimo Abbe Orsi Internuntio nel Regno di Napoli del che ne puol fare fede, e più volte n’habbiamo discorso assiemi in Roma mentre era Secretario di Mons.Altieri, oggi Pontefice. Le sopra scritte che faceva il Re Vladislao quarto erano in questa maniera: Al Rev.mo Mons.L’Abbate Conte Orsi nostro Internuntio. Napoli.

Subito che il P.Honofrio hebbe la nuova in Norcia dove stava che era uscito il Breve, se n’andò in Polonia, et il Re li disse che stasse allegramente che sempre haveria aiutato la Religione e quanto prima mandaria un Ambasciadore per li Prencipi d’Italia , il quale era suo Amico e molto amorevole della sua Religione, che piacendo a Dio li riesca quel che pensava la prima fundatione haveria fatta in Constantinopoli./ e che haveva lui il modo di poterlo facilitare hora/ Cercò il P.Honofrio sapere, chi fusse l’Ambasciadore, ne il Re li rispose altro, perche era l’hora d’andar alla Dieta che principiava contro il Turco.

389.(385) Era in quel tempo Nuntio in Polonia Mons.Torres mandato da Papa Innocentio Decimo, molto favorevole della nostra Religione, et in particolare del P.Generale per esser stato suo Confessore, e nostro visitatore in Roma alla casa di S.Pantaleo, questo Prelato era fratello del Marchese Torres, che dissimo quando il P.Generale fu menato al S.Ufficio, che disse a Mons.Assessore in compagnia del Pietro de Massimi, che in gratia loro mandasse via li sbirri e li consegnasse a loro il P.Generale che l’haveriano condotto con ogni fedeltà, sicche ad istanza di questi Sig.ri fece licenziar li sbirri, e poi lo condusse lui proprio come s’è detto.
Secretario di Mons.Torres in Polonia fù uno dei nostri, il quale era spogliato e si chiamava D. Geronimo Cosetti e tra di noi P.Filippo dell’Angelo custode, questo era d’Arquento, vicino alla città di Norcia, e mostrava tute le lettere che venivano da Roma del Cardinal Panzirola spettanti le cose delle Scuole Pie, il dº Panzirola era molto contrario al nostro Instituto, et in particolare del P.Fundatore, che favoriva il P.Stefano per esser stato aiutante di studio al Dr.Laertio Cherubini suo Padre, et erano Amici grandi da quando era figliolo.
390.(386) Più volte ne parlò il Re Vladislao a Mons.Torres Nunzio con fervore che scrivesse al Papa da sua parte che non era bene che una Religione di tanto esempio al suo Regno fusse ridotta in una semplice Congregatione di Preti Secolari, e come si poteva mantenere e dar satisfattione essendo Poverissima e senza entrata nessuna non poteba sussistere e perciò lui non voleva, que questo Breve nel suo Regno havesse nessun valore.
391.(387) Rispose il Card.Panziroli a Mons.Torres, e li mandò l’Istruttioni come doveva rispondere al Re, a come si poteva mantenere la Religione delle Scuole Pie, le quali furono subito copiate e mandate al Re acciò vedesse quanto scriveva Panzirola in nome del Papa, et un altra copia fù dal P.Honofrio mandata al P.Generale, che poi venne in mano mia, e tutte le scritture del Cardinal Panzirola, che venivano da Roma, et secrete lettere circa le cose nostre ne venivano copie date come disci dal dº D.Geronimo Cosetti Secretario di Mons.Torres Nuntio in Polonia, che tutto mi dava a leggere il nostro venerabil P. perchè lui non vi vedeva, da dove sempre andavo comprendendo, che il maggior contrario che havevamo era il Cardinal Panzirola, che poi un giorno discorrendo con un Prelato che li raccomandava le cose delle Scuole Pie, e li raccontava li nemici del nostro venerabil Padre, e lui li rispose che il più cattivo religioso, ch’era nelle Scuole Pie, era il Generale con altre parole senza fundamento, e perche era Secretario di Stato, e nessuno haveva la mano posata quanto lui non se li poteva rispondere adequatamente.
392.(388) Fù riferito al venerando Vecchio le parole dette dal Cardinal Panzirola e lui non disse altro che tra lui et il Cardinal Panzirola l’haveva da giudicare Iddio, e questo Cardinale li fù sempre contrario sino a doppo la morte, come si vedrà al suo luogo.

Morì poi il dº Cardinale al tempo di Papa Innocentio Decimo, e doppo morto cavò tutta la lingua senza mai haverla mai potuta metter dentro sicche questa li chierughi lo sparavano li tagliarono la lingua e li legarono il mento acciò non si vedesse, e li posero un straccio che non si potè trovar tampoco un assistente per legarlo, e questo lo viddi Io medesimo con il P.Vincenzo della Concezione dentro l’oratorio di S.Silvestro de Padri Teatini a Monte Cavallo dove stava esposto, che per curiosità l’andessimo a vedere essendoci stato detto, e non lo credevamo, il che posso testificar con giuramento e cossì castiga Dio chi strapazza suoi servi.

Al 1647 fu dichiarato dal Re Vladislao quarto doppo la dieta Imbasciatore a Prencipi d’Italia per la guerra che voleva fare contro il Turco per divertirlo dalla presa di Candia ad instanza dell?Imabasciador della Reppublica di Venetia publico il D.Francesco de Magni Conte de Straniz nostro fundatore nella medesima Città.

393.(389) Saputo ciò dal P.Honofrio se n’andò subito a trovar il Conte Magni e rallegrandosi seco li cominciò a raccomandare le cose delle Scuole Pie, poiche il Re l’haveva detto, che haveria mandato un Imbasciatore alli Prencipi d’Italia contro il Turco, e voleva far la prima nostra fundatione in Constantinopoli, e che lui haveva il modo di poterlo fare, e che solo haveva de trattar questo negotio, et l’interessi della nostra Religione acciò sia reintegrata, che questo era che quello più li premeva a S.M.

Li rispose il Conte che lo ringratiava e che lasciasse fare a lui che dall’Istruzione che li daria il Re si saria regolato e quel che toccava a lui non haveria lasciata diligenza di trattativa con ogni premura havendo spesi tanti danari per far la fondatione alla mia Città, et hora la vedo cadente sicche mi preme quanto preme a loro stessi, e più a me.

394.(390) Tornò di nuovo il P.Honofrio dal Re per saper da bocca sua quanto si doveva fare; e li rispose che non si prendesse altro pensiero delle cose della Religione, perchè haveria dato ordine al Conte Magni, suo Ambasciatore a Prencipi d’Italia che ne trattasse con il Papa, con Mons.Assessore, e con chi bisognava, che essendo il Conte oggi il primo oratore del Europa teneva per sicuro che quanto li commetteva tutto li saria successo felicemente, tanto più che la Dieta Generale haveva concluso che in ogni maniera si vedesse l’aggiustamento di questa Religione, ch’a non parer Io appasionato l’hanno fatta proponere al Duca Ossolino Secretario del Regno, e l’haveva portate tante raggioni, che tanto l’ecclesiastici, quanto l’equestri tutti havevano concluso che s’agiustasse la Religione delle Scuole Pie havendo esperimentato il frutto che ne ricevono l’Anime in questo Regno, mà che si crescessero le Scuole, tanto più che l’ordine dell’Accademici ne l’havevano supplicato, il che non havevano potuto ottenere li Padri Giesuiti di poter aprir almeno due scuole, e tutta l’accademia l’era stata contraria, apportando le raggioni, che hanno havuta nella lite di Cracovia fatta nella Sacra Rota Romana, et il Capo di questa accademia, è l’Arcivescovo di Gnesna (Gniezno) Primate del Regno, il quale sta tanto mal posto contro la Compagnia, che no vol che tampoco se ne parli, sicchè, è necessario tirar avanti la vostra Religione per essere tanta buon accetta, non solo a mè ma anco a tutto il Regno, darò l’ordini necessarii al Conte Magno acciò facci il tutto, e supplichi non solo a mio nome ma di tutta la Dieta, e di già si son date le Minute del Secretario del Regno ai Secretarii Italiani che facino le lettere.
395.(391) Fece chiamare il Re il Conte Magno, e discusse con lui allungo di quel che doveva trattare, e dateli l’Instruttioni più volte li racordò la reintegratione delle Scuole Pie, che prendesse l’articolo con il Papa, Panzirola, et Assessore, e con chi bisognava della Congregatione sopra le Scuole Pie d’haver distrutta una Religione senza nessuna causa, con il solo titolo propter nonnullas graves dissentiones, se per le dissentioni si devano destruggere le Religioni, nessuna più ne restaria in piede, questo capo tenga forte, che tutto riuscirà bene per la Religione e a nostra satisfatione, e che questo capo l’haveva ben consultato con li maggiori Teologi del Regno, che tutti se ne ridono, et in particolare gli heretici che entrano in Dieta i quali ancor loro sono concorsi all’aiuto di questa Religione. Tanto disse al Conte Magno il Re nella sua partenza da Polonia, che il tutto poi riferì al P.Pietro della Natività quando venne in Roma in presenza mia che fui suo Compagno.
396.(392) Fece poi il Re chiamare il Nuntio, e li disse, che mandava in Roma il Conte Magno per le cose, che già haveva in Dieta, che ne scrivesse al Papa et in particolare la restitutione nel primitivo stato della Religione delle Scuole Pie.

Li promise Mons. Nuntio che haveria fatto quanto li comendava Sua Maestà, et il P.Geronimo Cosetti suo Secretario ne mostrò le lettere a nostri Padri, de quali venne la copia in Roma al P.Generale, sicche pensavamo che al sicuro tutto saria riuscito conforme alla mente del Re. Ma perche Iddio non haveva determinato per allora, riuscì tutto, come si suol dir, fuoco di paglia.

397.(393)Scriveva tutto il P.Honofrio al P.Generale et al Pietro della Natività, il quale era stato Confessore del Conte Magno in Germania, che lo visitasse e li comunicasse i suoi pensieri e del P.Generale, acciò d’accordo facessero le propositioni loro al Sr.Conte,. mà che tutto caminasse con secretezza, e non si fidi (di) persone suspette, che havessero mal’Animo contro la Religione, che non ne mancavano.

Havute queste buone nuove in Roma propose il P.Generale, che si metesse in ordine una dotta accademia acciò quando venisse il Conte in Roma in presenza sua fusse rappresentata dalli migliori scolari nelle nostre scuole.

Furono fatte molte compositioni, un Poema latino et una dottissima oratione, epigramme, anagramme et altre compositioni, e sonetti in lingua Italiana come anco in lingua spagnola

398.(394) Li compositori furono il P.Francesco della Nuntiata, il P.Gioseppe della Visitatione odierno Generale, il P.Camillo di S.Gerolamo Rettore del Colleggio Nazareno e poi Generale, il P.Carlo di S.Antonio di Padova, il P.Gabriele della Nuntiata, il P.Antonio di S.Michele, questo compose in lingua spagnola, et il fratel Filippo di S.Francesco vi fece due sonetti alla sua usanza, e finite le compositioni ne fù stampato un libro con l’armi del Conte Magno, che per non saper giusta l’impresa, fù fatto più volte; tutto questo s’operò prima della sua venuta.
Gionto il Conte in Venetia fù ricevuto da quella Serenisima Republica alla grande nel Palazzo di S.Marco, dove li fecero quell’honori che meritava il personaggio, pochi giorni vi si trattenne et inviato in Roma vi giunse nel mese di Genaro 1647 dove fù incontrato dall’Imabasciador di Venetia per ordine della sua Republica acciò lo conducesse a stanziar seco al Palazzo di S.Marco, acciò più facilmente potessero far le loro conferenze con più comodità e senza disturbo.
399.Subito giunto in Roma il Sig.Conte Magno fece avisato il P.Generale della sua venuta, che a suo tempo saria venuto a far il suo obligo come doveva, e questa imbasciata la portò un suo Gentilhuomo Tedesco di Strasniz, che conosceva il P.Pietro sin da quando fù in Germania con il quale tenne un lungo discorso delle cose di quel Paese.

Fù grande l’allegria del nostro V.P.Fundatore, e dell’altri Padri, tanto più che il messo disse al P.Pietro che il Sr.Conte più volte haveva detto che prima di morire voleva sentir la Messa del P.Pietro che lo teneva per Santo, havendolo pratticato in Germania.

La matina fù apprestata una Carozza, dove vi si pose il P.Generale, il P.Pietro, et un altro Compagno et andarono alla visita del Sg.Conte Magno Ambasciator del Re di Polonia, il quale fece quelli parti da suo pari et assicurò il P.Generale che haveria fatto per la Religione quanto l’haveva comendato il suo Re, et un poco di più perche cossì haveva promesso, e lui doveva anche per proprio interesse, che non si prendesse altro fastidio che quanto succedeva haveria comunicato con il P.Pietro, il quale lo pregava se cossì le fusse comodo dirli qualche volta la Messa al Palazzo dove stanzava. Molto satisfatto ne restò il P.Generale delle promesse sperando, che haveria operato come diceva, e veramente la sua intenzione era tale.. mà fù defraudata dalla fortuna, che non prese quando da per se stessa li stiede nelle mani.

400.Si vedeva il P.Stefano tutto smarrito, e sotto mano faceva dir al P.Generale, che lui ancora haveria cooperato in quel che poteva con Mons.Assessore perche in questa maniera non si poteva stare, e se n’andava remirando a tornar a S.Pantaleo per veder d’haver apertura di potervisi introdurre per parlar al P.Generale, o almeno al P.Pietro. Ma li fù consultato che attenda a vivere perche non era tempo opportuno per lui, poiche l’Imbasciatore era huomo di parte e politico et informato di tutte le persone, e massime di lui che li poteva fare qualche scherzo col Papa, che forsi non poteva rimediare. S’era dichiarato di voler parlare al Sr Conte Magno Ambasciadore per giustificar le sue attioni, e qui fù disuaso, mà a starsene quieto.

Notas

  1. Aquí se da en el original un error de paginación poniéndose esta página más tarde. El autor del índice no se fijó y la numeró al margen en el sitio en que estaba. Por eso ponemos entre paréntesis la numeración que consta en el índice, aunque corregimos aquí el error de paginación.