CaputiNotizie03/351-400

De WikiPía
Revisión a fecha de 22:46 9 mar 2016; Ricardo.cerveron (Discusión | contribuciones)

(dif) ← Revisión anterior | Revisión actual (dif) | Revisión siguiente → (dif)
Saltar a: navegación, buscar

301-350
Tema anterior

CaputiNotizie03/351-400
Índice

401-450
Siguiente tema

Ver traducción en Castellano

[351-400]

351.Lui s’ingenocchiava e li bagiava il piede et alcuni li davano col piede sulla bocca, strapazzandolo malamente, e lui con grand.ma patienza più s’internava tra quei Poveri e li mostrava delle monete, facendo finta haver havuto delle monete da chi l’haveva malamente ripreso, i Poveri cominciavano ad urtarlo e correrli adosso dicendoli che volevano la parte loro di quel che haveva havuto da quei Sig.ri, che l’havevano dato dell’elemosine, e doppo haverlo trattato malamente non potendo più p. la stanchezza dava loro quei pochi testoni, che haveva in saccoccia, e tutto allegro si partì p. haver quel giorno guadagnato gran merito appresso a Dio, di questa annegatione di se stesso, et atti d’humiltà ne faceva spesso, e godeva sommamente quando li dicevano ch’era pazzo, poltrone e pitoccone, che alle volte li bagiava i piedi dicendoli che lo compatissero e che dicevano il vero.
352.Un altra volta se n’andò alli portici di S.Pietro, si pose in mezzo a Poveri e chiedeva elemosina tra di loro, passò il Cardinal Pio e non si vergognò domandarli elemosina, e non conoscendolo il Cardinale, tanto era estenuato, fece cenno al suo Decano che dasse qualche cosa a quel povero Prete, li diede due testoni, lui si mise a fuggire, li furono tutti adosso che volevano la lor parte, e lui ricusando di darla, ve n’era uno più fastidioso, e straciato che mostrava la carne e lo strapazzava, a questo non solo li diede i due testoni, che ne desse la parte, ma poi lo chiamò d’altro canto si levò le calzoni et il giubbone, li diede a quel poverello, e lui si prese quei stracci, le pose e poi se n’andò via con una grand.ma allegrezza come se fusse vestito tutto di Broccato d’oro, e di questo cambiar il vestito se ne potrebbe scriver di molte volte, che lo fece in molte chiese quando si facevano feste publiche.

Il Cardinal Pio domandò che rumore era quello che haveva sentito in piazza tra quei Poveri. Li fu risposto esser stato quel Pazzo del Abbe Landriani, a chi haveva data l’elemosina, e poi haveva cambiato il suo vestito di sotto con un straccione, e se n’era andato tutto allegro per haver fatta una pazzia cossì sfacciata.

Per il che il Cardinale li rispose che piacesse a Dio che tutti i Pazzi di Roma fussero come l’Abbe Landriani, che va rubbando il Paradiso con meritare e far conoscere al Mondo il suo niente, e farà cose grandi.

353.Passava un giorno con Francesco Selvaggi davanti la Parrocchia di S.Salvatore delle Coppelle, et avanti la porta della Chiesa vi era un poverello con una gamba impiagata, e puzzolante, che buttava marcia putrida. Il Poverello dimandò elemosina e lui disse al Selvaggio ingenocchiatevi fratello p. amor di Dio, e facciamo la carità a questo poverello, e purgamole la piaga, che forsi non ha havuto comodità di medicarla. Diede al Povero la carità, e poi s’ingenocchiò col suo Compagno dicendoli: fratello fate come faccio Io. Sí disse Francesco. L’Abbe cominciò a baciar quella piaga con tanta divotione, che Francesco li disse: che vol che faccia? Non vedete come puzza? Accostatevi bene, disse l’Abbe, et habiate fede che non vi puzzarà come pensate, anzi sarà odore prezioso. Vedete come faccio Io. Baciarò prima Io e poi voi che vedrete di sentir una fragranza grande nella bocca. Bagiò l’Abbe, poi s’accostò Fran.co basciò la piaga, e li parve che odorasse, e l’Abbe la cominciò a leccare sintanto che purgò tutta la piaga con la lingua, restandoli la bocca tanto odorosa, che il compagno la volle di nuovo bagiare, et ancorche purgata la piaga cominciò ad uscir del sangue, e più volte la baciò il Selvaggio, tant’era la dolcezza che p. molti giorni li durò, e non volle più l’Abbe che la bagiasse dicendoli che bastava pche non vi era più materia, et il Povero restò del tutto sano, et andava dicendo che l’haveva sanato un prete, che fingeva del pazzo, ma non era tale, e questo Poverello fù uno di quelli che lo strapazzarono a S.Silvestro ad Caput, come si disse.
354.Fratanto morì Francesco di Christo Portughese, e restò solo con il Selvaggio, essendo ambidue d’un genio attendevano solo alle devotioni, e far opere di Carità come s’è detto. Era già ben fondato il Conservatorioe provisto di quanto bisognava, ne prencipiò un altro, che poi ne diede il pensiero a Francesco Selvaggio pche li fù ordinato da Papa Paolo quinto, che stasse sotto l’ubidienza del P.Domenico di Giesù Maria Scalzo Carmelitano e non voleva che facesse niente senza sua licenza, e si lasciasse guidare dal suo parere, l’assignò ancora p. Confessore e che lo tirasse avanti nello spirito, mà che non facesse più delle pazzie p. Roma come chiamavano le cose dell’Abbe e fù la caggione che un giorno di Carnevale mentre che era la meglio del Corso s’accordò con un facchino che li mettesse un capestro al collo e lo trascinasse p. il Corso, al quale diede buona somma di danaro, accordatisi se n’andarono al Popolo da dove si comincia il Corso e postali la corda nel collo lo cominciò a trascinare e lo condusse quasi più della mietà del Corso in quella maniera.
355.La gente correva a vederlo e non si curavano di vedere le mascherate curiose che sogliono far in Roma i Prencipi Romani e l’Ambasciadori. Visto ciò dal Baricellone diede parte al Cardinal Burghese Nipote di Papa Paolo V /Scipione Cardle Borghese eletto da Paolo V suo zio di 17 luglio 1605, morì l’anno 1633 a 2 d’ottobre/, il quale diede ordine che fusse fatto prigione il facchino e dicessero all’Abbate che si ritirasse per ordine di N.Sig.re.

Fù legato il facchino p. portarlo prigione, e l’Abbe pregò il Baricello che portasse ancor lui prigione mentre, che quel poverello non haveva colpa a quel fatto poiche si guadagnava il pane con le sue fatiche, e non vi saria partito se non lo liberavano, che dicessse a chi haveva dato l’ordine che lui haveria ubidito, mà che voleva libero il facchino il quale l’haveva dato molto da meritare. Fì liberato il facchino, li diede due piastre acciò andasse a far Carnevale allegramente con la sua famiglia. Tutto questo fatto fù raccontato al Cardinal Borghese et il Cardinale lo raccontò al Papa, et il Papa cominciò a pensare come si poteva fare, che non facesse queste cose p. Roma, che erano di tanto suo disprezzo, e diceva che erano di suo merito, e perciò lo pose sotto l’ubidienza del Padre Domenico di Gesù Mª.

356.La causa perche il P.Abbate si dipinge con un capestro al collo fù quando fù trascinato per il Corso in presenza di quasi tutta Roma, e non diceva altro mentre era trascinato: fate penitenza e non provate Dio con tante offese che li fate.

Venne in Roma il P.Domenico di Giesù Maria con altro Padre chiamato P.Gio: di Giesù Maria, che erano Scalzi del Carmine più p. negotii della Religione che p. altro, e veramente erano tutti due di grandissimo spirito di Santità e pche erano spagnoli il P.Giuseppe Calasantio che era tanto devoto di S.Teresa l’aiutò molto acciò le fusse data un Chiesina in Trastevere vicino alla longara e S.Dorotea, che però quando li fù concessa lo chiamavano il P.Domenico della Scala, non si sentiva p. altro nome. Le cose che ha fatto questo Padre si possono leggere alla sua vita.

357.Questo Padre Domenico della Scala prese p. confessore D.Gioseppe Calasantio, e tutte le sue cose conferiva con lui, e con il P. Gio: di Giesù Maria suo Compagno, huomo di Santissima vita, questo fù Confessore di Paolo quinto, morì poi ad un Convento vicino a Frascati chiamato S.Silvestro, il corpo del quale sta intatto in una cassa di Cristallo, et Io l’ho visto più volte, e fra l’altre cose che raccontano quei buoni Padri che successe doppo la sua morte, andò un suo devoto e li levò il dito grosso dal piede dritto, se lo pose dentro un scatolino per sua devotione per haver una Reliquia insigne di questo Servo di Dio, e giunto a casa volle mostrare la Reliquia a suoi di Casa, aperto il scatolino non vi trovò il dito, del che restò tanto meravigliato, che li parve mill’anni di tornar la matina a S.Silvestro p. veder con quei Padri e conferirli quel che era passato havendo commesso un furto spirituale, e poi l’haveva perso senza sapersi come.
358.La matina si pose a Cavallo et andato a S.Silvestro entrò nella sacrestia dove riposa quel Sacro Corpo e posto inginocchioni vidde che il dito preso da lui era attaccato al piede come stava p.ma che l’havesse preso, ma si vedeva alquanto di segno di essere stato levato. Comunicò il tutto al P.Priore e ne restò questa memoria, et l’ho visto Io medesimo. E questo P. stampò molte opere et in particolare fece un libretto intitolato Instrutioni p. li Novitii delle Scuole Pie.

Quando poi prese il nostro habito il P.Castiglia che si chiamava D.Gio: Garzia, si volle chiamar P.Gio: di Giesù Maria p. la divotione grande che portava a questo Padre.

359.Si confessava il P.Gioseppe Calasantio dal P. Domenico della Scala e finito l’esercitio delle scuole se n’andava quasi ogni giorno da lui e conferivali tutti i suoi pensieri per aiuto della novella pianta, dal quale ne riportava ottimi consegli, non solo p. l’Anima sua, mà appro dello Instituto, e spesso si trovava alla Madonna della Scala con l’Abbe Glicerio Landriani, il quale era tutto intento alla Conversione de Peccatori, e pche haveva il precetto di Papa Paulo, che non facesse cose nessuna senza l’ubbidienza del P.Domenico. che come ubidientissimo mandava il tutto in esecutione che tampoco beveva un poco d’acqua senza cercarli licenza, e la matina li pareva mill’anni che fusse giorno p. andar a trovar il P.Domenico non solo suo Confessore, ma direttore e maestro in tutte le sue attioni; attendeva ad insegnar la Dottrina Christiana a poveri, e poi li dava qualche elemosina. Un giorno il P.Abbe disse al P.Domenico che si voleva ritirar con loro e farsi Scalzo Carmelitano tant’era l’affetto che l’haveva preso e l’haveva adescato in maniera tale, che era già risoluto, e più volte ne lo pregò instantemente.
360.Ma il P.Domenico come era staccato da tutte le cose terrene e conosceva l’inclinatione dell’Abbe, che non si poteva contenere d’insegnar la Dottrina, li propose, che saria assai più guadagno p. l’Anima sua se andasse ad aiutar D.Gioseppe Calasantio alle Scuole, già (che) Dio l’haveva dato questo talento d’insegnar la Dottrina a Poverelli, che meglio lo poteva fare in quelle Scuole, e con più frutto, che p. esser quella pianta assai tenera haveva di bisogno d’esser coltivata da più persone, che vedesse d’abbracciar quell’Instituto, ne facesse oratione, che lui ancora haveria pregato il Sig.re che ne cavasse la sua Maggior Gloria p. salute dell’Anima sua a profitto del Prossimo, et il P.Gioseppe haveva un spirito docile e discreto e stimava che haveriano fatto gran frutto alla Vigna di Dio.

Li rispose l’Abbe che ne facesse oratione, che quel che l’haveria inspirato la Divina bontà haveria fatto, mà non sapeva se il P.Gioseppe l’haveria accettato alla sua Compagnia pche lo vedeva si composto, e lui tanto imperfetto, che non era degno d’andarlo a servire nelle sue Scuole, che veramente conosceva esser l’instituto di gran merito per le fatighe grandi che faceva.

361.Di questo, li replicò, non vi dia noia, che al Padre Gioseppe parlarò Io quando volete applicare a far quest’opera cossì santa et utile per l’anima vostra e p. il Prossimo.

Questo trattato fù verso li 20 di maggio dell’Anno 1612.

Finalmente l’Abbe si risolvè e diede la risposta al P.Dome.co che voluntieri saria andato nella Compagnia del P.Gioseppe e non solamente lui ma ancora voleva portar alcuni Amici suoi che havevano lo stesso pensiero d’insegnar la Dottrina xpana.

Parlò il P.Domenico al P.Gioseppe, che haveva operato con l’Abbe Landriani che fusse andato ad aiutarlo e far le scuole, e l’haveva promesso portar seco alcuni suoi Amici p. servitio delle Scuole, e ne sperava gran frutto per stabilire l’Instituto, che vedesse trattarlo con piacevolezza sintanto che pigliasse amore all’opera e ne sperava gran frutto, e lui si saria levato da qualche spesa di pagar li maestri.

Li rispose il P.Gioseppe che ringratiava Dio della sua providenza e l’andava aprendo la strada per potere far qualche frutto maggiore alle Scuole massime con l’esempio di questo gran Servo di Dio dato veramente a disprezzo di se stesso e del mondo.

362.Il ultimo di Maggio dell’Anno 1612 il P.Abbate andò dal P.Gioseppe con cinque altri Compagni p.aiuto delle Scuole Pie con tanto fervore e spirito che non lasciava quietar il P.Fundatore che sempre andava trovando nuove inventioni di spirito et oratione per allevar bene i figlioli irrigandoli d’ottimi documenti et insegnandoli con una grand.ma facilità: allettandoli con premii quando si portavano bene, e sapevano la Dottrina Christiana dove era fundato tutto il suo talento datoli da Dio.

Cominciò a pensare che voleva seco i più poveri a quali provedeva di Corone, medaglie, e quanto havevano di bisogno, benche il P.Gioseppe havesse introdotto darli Carta, penne et inchiostro, il P.Abbate cominciò a comprar libri et ufficii della Madonna, e li dava a quelli ch’erano capaci e l’insegnava come li dovevano dir con divotione, e pose in prattica l’oratione continua delli Scolari come poi il P.Fundatore la pose nelle Constitutioni.

363.Si metteva quando uscivano li scolari fuor della porta della Chiesa con un Crocefisso a mano, e li raccordava che guardassero bene quelle piaghe, andassero modesti alla case loro e non l’offendessero, e sempre si raccordassero della passione di Giesù Christo, li faceva bagiar quelle piaghe con tanto fervore, che li faceva piangere amaramente, li faceva le Conferenze spirituali, e l’insegnava a fare molti atti d’humiltà, si metteva con le braccia in Croce e poi li baciava i piedi e voleva sapere dalli scolari più modesti e timorosi di Dio se i loro Compagni andavano dritti alle Case loro, se baciavano la mano alle loro Madri e se pigliavano la beneditione quando giungevano o partivano da Casa.

Li fù detto d’alcuni Normatori che cossì chiamava quelli che li davano le relationi, che alcuni scolari usciti dalla Scuola eran chiamati d’alcuno dentro i Palazzi e facevano del male, altri si mettevano a giocar p. le strade, et altri davano mal esempio, e non facevano conto delle Conferenze e buoni documenti che li dava, che rimediasse e li levasse l’occasione.

364.Conferì il P.Abbe il tutto con il P.Fundatore e li disse, che si trovasse il modo di levar l’offesa di Dio, et imbevessero li scolari con tanti consegli et esempi, e che mentre l’Instituto era fondato nella mortificatione et humiltà, li dasse licenza che lui voleva accompagnare con un altro sino alle proprie case a poco lontani acciò quando si partano delle Scuole vadano diretti alle Case loro, che li facesse una Conferenza lui med.mo, poi li facesse tutti confessare, et i capaci comunicare e poi dar principio ad accompagnarli e cossi le cose s’andariano agiustando a maggior gloria di Dio, e si levariano molte offese che si fanno a S.D.M.

Piacque molto al P.Fundatore questo pensiero dell’Abbe, che come vedeva esser illuminato da Dio, andava pensando di secondarlo et animarlo nelli suoi santi proponimenti, e pche il P.Gioseppe era humil.mo e da tutto cava bene, spesso chiamava l’Abbe e conferiva seco i suoi pensieri p. poi metterli in esecutione vedendo esser proficui all’Instituto.

365.Rispose all’Abbe che facesse oratione, come haveria fatto lui, acciò il Sig.re lo illuminasse, e li mostrasse la strada p. saperli mettere in esecutione, e benche l’accompagnar li scolari era di grandissimo sogetto alli Maestri, con tutto ciò se cossì fusse espediente si saria posto in prattica. Ne fecero oratione et Iddio l’inspirò che s’accompagnassero; p. il che il P.Fundatore fece una Conferenza a tutti i Padri e fratelli che abbracciassero voluntieri a far la Carità ad accompagnar quei poverelli e facessero l’ufficio d’Angeli Custodi e s’esercitassero nel humiltà di Christo, che n’haveriano riportato gran merito appresso Dio, e lui saria il p.mo a metterlo in prattica, ne voleva che nessuno ne fusse esente, che tanto i Superiori come i Confessori almeno una volta la settimana facessero quest’atto di pietà et humiltà insieme.
366.Cominciò il P.Fundatore ad accompagnar la squadra della Rotonda che arrivava sino alla Trinità de Monti, e l’Abbe prese quella di Campo di Fiori, che arrivava sino a Pecuaria, due altri quella del Giesù che arrivava sino a S.Maria Maggiore; due altri quella di Banchi, che arrivava sino a S.Pietro, e due altri quella della Scrofa che arriva sino al Popolo , et il P.Generale accompagnò sempre i scolari sino all’Anno 1642, mentre che la Religione stava nelle maggior turbolenze delle persecutioni, et una matina l’incontrò il Cardinal Colonna /questo Cardi. Colonna si chiamava Girolamo fatto da Urbº a 7 di febraro 1628/, e li disse P.Generale adesso sete molto vecchio, e pure vi volete straccare dietro qti figlioli. Li rispose, che li serviva p. esercitio, e p. guadagnar qualche merito a far quella Carità a Poverelli, siche tant’era il venerando vecchio innamorato di questo esercitio, che lo pose alle Costitutioni senza eccettuarne nessuno, e comanda che ognuno lo facci.
367.Successe al P.Abbe che mentre accompagnava la squadra di Campo de Fiori vi era un Calzolaro, che quando passavano i scolari sedeva fuor della bottega, e nel passar che facevano stendeva il piè e ne faceva cadere in terra qualche d’uno e poi ne faceva delle risate con l’altri lavoranti, del che avisato l’Abbate al ritorno che faceva a Casa ammonì dolcemente il Calzolaro, dicendoli per carità quando passavano li scolari non li dassero fastidio, ne li facesse più cadere perchè lui n’era il custode. Il Calzolaro li cominciò a dar la burla chiamandolo Ipocritone, che andava gabando il mondo, e lui s’ingenocchiò e li baciò i piedi, dicendoli che a lui dicesse quel che voleva, mà che lasciasse star li scolari che non era cosa giusta mentre, che non li davano fastidio altrimenti n’haveria rimediato.

Non cessò il Calzolaro dar fastidio alli scolari, anzi ne faceva cadere in più quantità, se l’accostò l’Abbe e li diede un schiaffo con tanta veemenza che il buttò in terra e come se non fusse fatto ciò passò inanzi e seguitò la squadra delli scolari et tutti quei vicini del Calzolaro lo cominciarono a sgridar dicendoli che li stava bene, e si poteva gloriare esser stato avertito da un santo con tanta humiltà, che stasse in cervello un altra volta, che se fusse penetrato all’orecchie del Governatore l’haveria mandato in una galera, e vedesse cercar perdono al P., che altrimente stava in qualche pericolo di maggior castigo. Passavano alcuni Gentilhuomini mentre successe il fatto, lo cominciarono a sgridare dicendoli che non conosceva chi era l’Abbe Glicerio Landriani, il quale ha lasciato le richezze a fa vita da vero penitente.

368.Ripassato l’Abbe il Calzolaro se l’ingenocchio dinanzi, e li chiese perdono, che se voleva emendare, e non haveria dato più fastidio alli scolari. L’Abbe s’ingenocchiò ancor lui cercandoli perdono della percossa che l’haveva data e del scandalo che haveva dato a quella gente che non haveva havuto patienza a supportar le sue leggerezze. Fù chiamato l’Abbe dal Compagno pche era tardi, che dovevano servir a tavola. Giunto a Casa disse la colpa in Refettorio al P.Fundatore dicendo che haveva dato un schiaffo ad uno, che era un impatiente e scandalizava il Prossimo, e ne domandava la penitenza. Il P.Fundatore volle sapere il tutto minutamente e li disse che non perdesse il merito, e p. quella matina fecesse una disciplina in refettorio come puntualmente eseguì.
369.Un giorno li venne in pensiero d’andar a far penitenza al deserto et accordatosi con un altro suo Compagno la matina a buon hora se n’andò dal P.Prefetto, e li disse che voleva andar a far un servitio, e saria tornato tardi, non dicendo altro. Il P. le disse che andasse e non facesse delle sue, che pensava volesse andare a pigliar la rimesa della sua Abbazia, che già era maturata p. convenir alli debiti della Casa.

Chiamato il suo Amico se n’andò alla porta del Popolo p. andar al deserto come havevano concertato p. far penitenza et usciti fuor della porta trovarono due Poverelli stracciati e scalzi. Disse al Compagno questi Poverelli patiscono molto di freddo, diamoli di gratia le nostre vesti che n’hanno di bisogno, che Dio poi provederà noi, e spogliatosi tutti due vestirono quei due poverelli, e si vestirono delli loro stracci, e lui non haveva altro che la Scrittura Sacra, che non lasciava mai. Cominciò a cantare evviva Dio, evviva Dio per monti e p. piani, evviva Dio, cominciò a piovere e caminava fortemente in tal maniera che il Compagno non lo poteva arrivare e sconfidatosi del viaggio che facesse si ruppe tutti i piedi disse al P.Abbate: Io non posso più caminare p. che mi sono rotti i piedi e le gambe mi puiovono sangue, andate pure che Io me ne torno a Roma, ne voglio più seguirvi pche sono mezzo morto e licenziatolo se ne tornò a Roma tutto rovinato.

370.L’Abbe cominciò a dirli : Io non voglio tornare pche il P.Gioseppe si lamentarà di me, che non l’ho cercato licenza, già che non volete venire non dite niente a nessuno che siamo andati assiemi, che Io voglio seguitar il viaggio del deserto a far penitenza de miei peccati. Se n’andò a Fornello, ivi fece la Dottrina Christiana, e poi la matina se n’andò a Campagnano, se n’andò a trovar l’Arciprete, al quale chiese un poco di pane p. amor di Dio, e li disse, che voleva far la Dottrina Christiana a quei poverelli.

Si maravigliò l’Arciprete sentendo che voleva far la Dottrina Christiana, vedendo un straccione mal condotto e scalzo, li diede licenza se n’andò p. il Castello con un Campanello invitando tutti che andassero alla Chiesa a sentir la parola di Dio e la Dottrina Christiana. Andato quasi tutto il popolo, l’esortò alla penitenza, fece un bellissimo discorso, poi cominciò a far la Dottrina con tanto fervore che l’Arciprete ne restò fuor di se, lo tenne la sera a Casa e volendoli dar il letto non volse altro un poco di pane et acqua, dicendoli che quello li bastava, e si mise a dormir in terra non curandosi d’altro.

371.La matina volle confessarsi e comunicarsi, prese un poco di pane e s’avviò verso Loreto, quando fù vicino a Foligno incontrò un Prete Cappellano in Roma a S.Geronimo della Carità, al quale l’Abbe soleva dare quattro scudi il mese d’elemosina, quando li fù vicino volle pigliar altra strada p. non esser conosciuto, mà il Prete lo conobbe, fermò il Cavallo e lo chiamò per nome domandandoli dove andate Sig.Abbate, e come andate in questa maniera. Smontò da cavallo e li disse che cosa l’era avvenuto, che andava cossì stracciato e scalzo, che montasse a cavallo e se ne tornasse a Roma p. amor di Dio pche era vergogna che lui haveva danari et haveria preso un altro cavallo che potevano andar tutti due con ogni comodità.

Li rispose che lui voleva andar a far penitenza de suoi peccati, e che li facesse gratia a non dir a nessuno che l’haveva incontrato se li voleva bene. In fine non li potè persuadere che se ne tornasse seco.

372.Giunto D.Giacomo in Roma andò a trovar il P.Gioseppe e li raccontò come haveva trovato l’Abbe p. la strada di Spoleto in qlla maniera e che l’haveva detto che voleva andar a far penitenza de suoi peccati.

Restò attonito il P.Fundatore a questa nuova da una banda, ma dall’altra hebbe accaro p. haverne havuto nuova, pche l’haveva fatto cercare in molti luoghi e nessuno l’haveva visto delli suoi Amici, pensò di rimediare e farlo giungere acciò non passasse più avanti. Ne diede parte al Cardinal Vicegerente del Papa acciò prendesse qualche espediente e consultarlo come poteva fare a farlo ritornare.

373.Subito il Vice Gerente li disse che facesse trovar Francesco Selvaggio, il quale era il più Amico che s’havesse e l’ordinò che prestamente si mettesse a cavallo e se n’andasse domandando p. la strada di Loreto, che trovasse in ogni maniera l’Abbe Glicerio Landriani, il quale era stato incontrato vicino Foligno, che andava verso Loreto, scalzo, appiedi e stracciato, che non haveva potuto far gran viaggio, che li portasse da vestire quanto bisognava e li dica da parte del Papa, che senza replica se ne torni con voi in Roma, non lo lasci e bisognando che non volesse tornare lo facci trattenere e me ne dia aviso.

Subito il P.Fundatore provedè d’un vestito, tanto di sotto qto di sopra, di calzette, scarpe, Capello, e quanto bisognava et anco danaro p. strada acciò trovandolo lo potessi condur a cavallo, lo pregò p. quanto l’haveva comandato il Papa, che facesse diligenza acciò si trovi p. amor di Dio, perche poteva morir p. quella strada p. non farsi conoscere essendosi dato tanto al disprezzo di se medesimo, e sperava che con far la diligenza guadagnarlo di nuovo, e se havete fatte tante altre opere buone, questa serà più meritoria di quante n’haveva operate appresso a Dio.

Promise Francesco Selvaggio di far il possibile a trovarlo, e come persona obbediente l’haveria fatto tornare.

374.Partì Francesco Selvaggio da Roma se n’andò p. la strada di Loreto, e come che sapeva il genio dell’Abbe, che erano stati assiemi più volte a visitar la Madonna di Loreto, voleva sempre andare a trovar la Carità a Religiosi Poveri. Giunto che fù a Spoleto la sera se n’andò all’ospedale, fece le diligenze e non vi lo trovò; la matina di notte se n’andò a frati Cappuccini che ancora non havevano aperta la porta a nessuno, sonato il campanello venne il Portinaro, li domandò se ivi fusse alloggiato l’Abbe Glicerio Landriani, se l’havevano visto e li dicessero la verità pche lo mandava a cercar il Papa pche era fugito da Roma. Li rispose il Portinaro che ivi non era stato l’Abbe Landriani che l’haveva sentito nominar più volte p. un gran Servo di Dio, e che non era capitato a quel Convento, che lui del sicuro l’haveria veduto, perche la chiave della porta la tiene sempre lui.
375.Vi sono bensì alla foresteria di fuora alcuni baroni, che ier sera fecero tanto rumore che fui forzato andarli a dar delle cordonate ad uno che haveva rubbati due giulii a due altri, il quale se l’havevano posto sotto, l’havevano conciato malamente e l’havevano levato quei pochi baiocchi che l’havevano trovato adosso, che dicevano haverli rubate a loro, e pche non facevano dormire i frati, havendo consignate le chiavi della porta al P.Guardiano, andai a vedere che rumore era quello p. quietarli, trovai questa differenza che se havevo le Chiavi l’haveria cacciato fuora a questo istesso furo, questo è quanto posso dirli e l’Abbate non s’è visto.

Li fece instanza il Selvaggio, che li facesse vedere quei Baroni, forsi uno di quelli fusse l’Abbate pche habiamo nuova che vada sclazo stracciato e sconosciuto, che è necessario che habia cambiato le sue vesti con qualche povero come più volte ha fatto in Roma.

376.Andarono col Portinaro a vedere et aperta la porta l’Abbate sentì la voce del Selvaggio, si voleva nascondere dentro certa paglia, mà Francesco lo vidde, lo chiamò p. nome, e lui mortificato solo le disse Francesco, che vuoi da me, pche mi perseguiti. Si voleva internar dentro la paglia, ma non li giovò pche Francesco cavò la lettera scrittali dal Vice Gerente e li disse che non occorreva nascondersi pche l’haveva mandato il Papa, che legesse quella lettera e poi vada dove li piace se può li sarà concesso, mà non credeva sapendo quanto fusse obediente, tanto al P.Domenico della Scala, al P.Gioseppe Prefetto dlle Scuole Pie, quanto a lui med.mo quando stavano assiemi. Uscì dalla paglia l’Abbe tutto rovinato dalle botte dateli da quelli due Poveri, e dalle cordonate, che haveva havuto dal Portinaro, era scalzo, stracciato, ed senza Cappello e non haveva altro che la Scrittura Sacra, e tutto vergognoso stese la mano l’Abbe, prese la lettera, la lesse, se la pose in capo e li rispose, che haveria ubbidito al Vicario di Christo, e fatto quanto comandava, che p.ma ne facessero assiemi oratione acciò Iddio li proveda del necessario.
377.Quando il Portinaro sentì questa stravaganza ne diede parte al P.Guardiano, il quale chiamò tutti i Cappuccini, che andassero a veder l’Abbe Landriani, fra i quali vi era un Cappuccino Milanese di passaggio, che andava in Roma, et era suo Parente, e benche non lo conoscesse n’haveva intese gran cose, entrarono tutti i Cappuccini nella stanza, e l’Abbe si mise in ginocchio e volle in ogni maniere baciarli i piedi cominciando dal P.Guardiano, e poi all’altri. Quando giunse al Cappuccino Milanese li disse chi era pche era suo parente stretto, li rispose: Padre mio Io non la conosco, mà se mi sete parte guardate che sete Parente di un Pazzo, del che il Povero frate restò assai mortificato.
378.Volse il P.Guardiano esaminar come era passato il rumore della notte passata de quei due Poveri, che dicessero la verità altrimente n’haveria data parte al governatore di Spoleto e l’haveria fatti castigare. Dissero che questo straccione, mentre che loro stavano giocando li mostrò alcuni giulii e poi se li nascondeva, li volsino levare acciò giocasse con noi et in cambio di giocare, ci voleva insegnar la Dottrina Christiana, ci saltò la collera, e p.ciò li dassimo delle bastonate e li levassimo li danari, venne poi il Portinaro ci domandò che rumore era quello che facevamo, li rispossimo che quel straccione ci haveva rubbato li nostri quadrini e non ce li voleva restituire, li diedimo delle bastonate, e poi il P.Portinaro cominciò ancor lui a darli la sua parte, e questo con grand.ma patienza non volle venir al letto con noi, ma se ne stato sempre ingenocchiato dentro la paglia, quest’è la verità; p. amor di Dio lasciateci uscire p. buscarci il pane. Voleva il Guardiano in ogni maniera farli castigare come anco mortificar il Portinaro pche fù cossì presto a far tal castigo a chi non haveva fatto nessun male e quelli che havevano levati i danari a quel Sig.re con quell’inventione dovevano andarsene via senza castigo. Era necessario darne parte alla Corte p. esempio dell’altri e da indi in poi ordinò al Portinaro che non desse alloggio a nessuno senza sua saputa.
379.Francesco Selvaggio haveva portato in un altra stanza l’Abbate, e fattolo spogliar da quei stracci, l’haveva fatto vestir delle vesti che haveva portate da Roma. Quando comparve l’Abbate vestito da Prete, se li buttò ai piedi il Portinaro cercandoli perdono e la cagione delle bastonate che l’haveva date, n’erano stata causa quei due Briganti, che il P.Guardiano li voleva in ogni modo far castigare. L’Abbe si mise in genocchio dicendoli che lo ringratiava della corr.ne che lui era stata Causa di disturbarli il sonno, e se ne le voleva dar altri tanti l’haveria presi voluntieri p. amor di Dio, e non sia mai, che il P.Guardiano facesse castigar quei due, anzi li ringratiava che l’havessero dato occasione di meritare.

Pregò Francesco Selvaggio che l’havesse dato qualche cosa per darlo a quei poverelli. Li diede due testoni, e chiamatili avanti al P.Guardiano li disse: prendete fratelli questi vi dò per Carità per la buona Compagnia che m’havete fatta questa notte, ma guardatevi di non giocarli come è vostro solito pche l’elemosine sono il riscatto de peccati.

Si licenziarono, e si posero a cavallo, non havevano fatti pochi passi volle l’Abbate che Francesco passasse avanti a lui restando adietro, vi era una donna p. strada con un bambino in braccio, la quale li chiese elemosina non havendo che darli si lasciò cascar il Cappello di Capo, e disse alla Donna che non haveva altro che darli, che se lo vendesse e governasse quell’Angelo che haveva in braccio.

380.Veduto ciò dal vetturino, che andava da dietro, n’avisò il Selvaggio che il Prete andava senza cappello e l’haveva dato a quella Donna. Francesco cominciò a dirli che faciamo delle nostre? Pche havete dato il Cappello, che par che siete pazzo? Li rispose: sì era vero che se lui l’havesse dato danaro p. far elemosine non l’haveria dato. P. il che Francesco fù forzato tornar a dietro e farselo restituire. E l’Abbe li disse, se volete il Cappello pagate che già n’ha acquistato il dominio essendoli stato dato p. carità. Fu necessario che Francesco si tornasse e diede alla Donna due giulii acciò li restituisse il cappello, e portatolo all’Abbe li fece un precetto da parte del Papa in virtù di s. ubidienza, come l’haveva data la potestà alla lettera che haveva scritto il Vice Gerente all’Abbe, che ubidisse Fran.co Selvaggio a tutto quello che li comandava sotto la medesima pena, che non voleva che dasse niente a nessuno p. elemosina, ne si facesse cadere il Cappello o Mantello, e che volendosi qualcheduno pigliarli p. forza, non le lasci pigliare, anzi che li resista e chiama aiuto, e questo pche non haveva danaro p. tornar a Roma. L’Abbe si mise a ridere, dicendoli: Io non darò più cosa alcuna pche non ho niente, ma la providenza di Dio che tante volte habiamo assiemi sperimentato, vol che vi venga meno?
381.Hor sia come si voglia, disse Francesco, cominciamo l’oratione e tenete forte il Cappello in Capo, e passate avanti, e caminiamo di buon passo pche ho promesso al Mons.Vice Gerente esser quanto pma (a) Roma, e di gratia non mi fate delle vostre stravaganze, quando è ora di mangiare mangiamo, che non siamo in casa nostra. Cominciarono l’oratione, e giunsero al Borghetto, e mentre volevano far riposare i Cavalli e prender un poco di rifezione, vedino una Donna con un putto alle mani, la quale conosceva l’Abbe con l’occasione che era passato un altra volta p. la Madonna di Loreto, e l’haveva fatta una grossa elemosina come si dirà più sotto. S’accostò la Donna dicendoli: Sig.re fattemi un poco d’elemosina. Che son poverella, non posso campar con questo mio figliolo, ricordatevi che due anni sono quando passasti di qua prendesti questo putto che era nelle fascie, vi chiesi elemosina e lo portaste in braccia p. tutto il Borghetto cercando elemosina p. lui e m’abuscasti due scudi. Dammi qualche cosa che non ho che dar a mangiar al mio figliolo.
382.L’intese l’Abbe e pregò Francesco che dasse qualche cosa a quella povera Donna, o vero che li dasse licenza che saria andato con quel figliolo mendicando p. la terra, che sa quanto importa aiutar i Poverelli, come lui medesimo l’haveva insegnato, che si saria curato di mangiare pur che dasse qualche cosa a quelli Poverelli.

Li rispose Fra.co che voleva far delle sue solite pazzie, che stasse quieto, che l’haveria dato qualche cosa, ne si prendesse altro fastidio. Chiamò la Donna li diede un giulio, e la mandò via senza dir altro all’Abbe; il quale era tutto mesto che l’haveva licenziata senza darli nulla. Non si potè mai quietare se non li dava qualche cosa a lui che glielo dasse; l’andaron cercando un pezzo, alla fine la trovarono vicino al fiume che voleva passar dall’altra banda, chiamò il figliolo e li diede un altro giulio dicendoli: prendete Madonna, vi vorrei dar più, mà pche non ho altro accetate questo p. Carità.

383.Giunti a Civita Castellana disse l’Abbe a Fra.co: andiamo di gratia all’ospedale che staremo più comodi et Io procurarò da mangiare per tutti, già che non havete danari. Ho alcuni Amici, li cercarò elemosina, darò di guadagnar a chi ci fa bene e noi mangiaremo qualche cosa. Li disse Fra.co, ma voglio che andiamo assiemi. Accomodato il Vettorino con i cavalli se n’andarono di porta in porta, trovarono del pane e qualche quartuccio e fatta una quantità di tozzi l’Abbe disse che p.lui bastava un tozzo di pane, e l’altro era bene dispensarlo a Poveri. Si contentò Francesco e non portò altro all’ospedale che due tozzi di pane e con qllo si contentarono e bevero un poco d’Acqua.
384.Mentre che havevano mangiato venne un servidore di Mons.Governatore, e chiamato l’ospitaliere e lo dimandò chi erano quei due che andavano cercando elemosina, che li pareva che fusse l’Abbe Landriani. Il quale li rispose che non sapeva chi fusse, s’erano ritirati in una stanza, havevano mangiato un po di pane e bevuto un poco d’acqua, et hora stanno serrati e fanno oratione. Sentì l’Abbe questo discorso, e pregò Francesco che partissero allora pche al sicuro erano stati scoverti et il Governatore l’haveria fatti portar a casa sua, che lo conosceva. Subito se n’andarono dal Vettorino, lo pregarono che mettesse all’ordine, che volevano partire a quell’hora, altrimente sariano partiti a piedi pche volevano andar a Narni p. negoti importanti.
385.Il Vettorino, che era stanco, cominciò a biastemare dicendoli, che haveva a far con due pazzi, uno più dell’altro, che p. non farlo più impatientare li dissero, che loro sariano andati pian piano, che li seguisse, e pagasse quanto bisognava all’Hoste, che tutto l’haveriano fatto buono a Narni, e cossì s’aviarono all’oscuro a piedi e non si vedeva. Posto in ordine il Vettorino cominciò a caminare seguitava la strada dove avanti li pareva che fusse un lume e giunti i due viandanti, vide che li precedeva sempre un lume, che l’accompagnò sino a Narni e l’Abbe non volle cavalcare, et andò sempre a piedi, dicendo al Vettorino che lui (non) era stanco e p.strada li cominciò ad insegnarli come doveva vivere christianamente, raccontandoli molti esempii, che non biastemasse quando faceva il suo esercitio, e non si facesse tentar dal demonio, e con questo discorso giunsero a Narni all’osteria, dove trovarono aperto e furono accolti con ogni amorevolezza.

Fecero dar da mangiar al Vettorino con ogni lautezza, e loro non volsero prender tampoco un boccone di pane, e quando il Vettorino pensava che fusse mezza notte sonarono due hore, contentandosi tutti due di dormir alla stalla et al vettorino fecero dar la stanza con il letto, acciò si riposasse, pche loro non eran stanchi.

Si seppe poi che il Governator di Città Castellana andò all’ospedale e non trovandoli caminò tutta la notte pche haveva havuto ordine da Roma, che se passasse di là l’Abbe Landriani l’havesse trattenuto e mandato a Roma ben custodito.

386.La matina si misero in viaggio p. Roma et andarono a scavalcar da Mons.Vicegerente, il quale quando lo vidde li cominciò a far una buona ripassata, dicendoli, che il Papa stava in collera p. haver fatta una dissubidienza cossì grande e fugir dal P.Gioseppe senza cercarli licenza e che le voleva castigare.

L’Abbe stava in genocchio cercandoli perdono del scandalo che haveva dato, e che lo castigasse pure pche n’haveva raggione, mà che si voleva emendare, ne haveria mai più commesso tal mancamento. Al che rispose che lui li perdonava, e n’haveria parlato con N.Sre, che sapeva quanto l’amava.

Stava osservando il Selvaggio, ridendo li disse: Mons.re l’Abbe è pazzo. E lui li rispose: son pazzo è vero, ma Mons.re li devo cercar due gratie, che quanto vale la sua protettione et autorità con il P.Gioseppe Calasantio, il quale non sò come pigliasse questa mia leggerezza, mi faccia perdonare, e che mi torna a ricevere nella sua Compagnia; l’altra è che paghi il Vettorino, che ci ha portato, pche ci ha fatta buona compagnia, che non è cosa giusta che Io possi questo debito a Casa del P.Gioseppe che poi la restituirò il tutto quando mi verrà la rimessa da Milano, che sarà fra due settimane.

387.Voluntieri vi accettarà il P.Gioseppe et Io li parlerò, anzi andremo assiemi, che vi voglio condurre Io medesimo a Casa, e quanto al pagar al Vettorino haverà ogni satisfatione. Fece chiamar il suo Mastro di Casa, e li diede ordine, che fusse pagato, come fece.

Fu subito avisato il P.Gioseppe della venuta dell’Abbe da Fra.co Selvaggio, il quale venendo dal Vice Gerente e vedutolo l’Abbe si mise in genocchio, dicendoli che lo perdonasse se haveva fatta qualla scappata, che mai più saria incorso a tal mancamento, che si ricordasse della pietà di Christo, che mai scacciò nessun peccatore dalla sua faccia quando veramente pentiti s’accostavano da lui, che si contentasse riceverlo di nuovo alla sua Compagnia, che mai più l’haveria dato disgusto con far tal leggerezza ed inobidienza, come anche intercedeva p. mi Mons.re.

388.Ripigliò Mons.Vicegerente dicendo: P.Gioseppe compatisca all’abbondanza di spirito del P.Abbe, pche è stato eccesso d’amore p. farsi più perfetto, mà pche l’ha fatto senza l’ubidienza il Papa ha comandato, che ritorna sotto la vostra direttione e non lo mortifichi p. questa volta.

Rispose il P.Gioseppe che l’orationi di tanti poveri fanciullini innocenti l’hanno fatto ritornare, i quali hanno fatto sempre oratione acciò li dia il pavolo (sic) che li soleva dare e lo stanno aspettando, non merita mortificatione chi pensa di non haver errato, mà se considerava bene quel che ha fatto, ha fatto contro li ricordi della Sacra Scrittura che dice manete in illa vocatione qua vocati estis, et reddite vota Domino Deo vestro.

Lui sà molto bene le promesse fatte alla Beat.ma Vergine in presenza mia, mà pche il Demonio cerca di trasformare le promesse fatte a Dio con apparenze finte con darli ad intendere che andar al deserto a far penitenza era più perfettione, e non conosceva esser inganno p. non star sugetto all’altrui voluntà p. mezzo dell’ubidienza. Questo solo desidero che conosca et andiamocene a Casa a servir quel Sig.re, a quale habbiamo promesso, che da lui solo e dalla Beata Vergine habiamo da dipendere, e dalla sua Divina providenza.

389.Stava con l’occhii bassi l’Abbe, non disse altro che conosceva esser stata una pazzia, e mai più haveria trasgredita nessuna Ubidienza, sino alla morte, che Dio l’haveva dato lui p. Maestro da hora avanti saria stato più pronto in ogni cosa, che lo perdonasse e ne li dasse la penitenza. Si licenziò il P.Giuseppe e se ne tornarono alle Scuole Pie, e l’Abbe andava dietro al P.Gioseppe quasi ballando diceva Ubidienza, Ubidienza, Ubidienza Santa mai più vi lascio e durò questo sinche giunsero a Casa, et il Compagno, ch’era il P.Francesco Fabio Siciliano, che poi si chiamò P.Fra.co della Madre di Dio li cominciò a dire che non gridasse, che dava ammiratione alla gente, che lo sentivano.
390.Li rispose che l’ Ubidienza era santa, e che mai la voleva lasciare; e giunti in Casa s’ingenocchiò in presenza di tutti cercando prima perdono al P.Prefetto e poi a tutti l’altri del scandalo che haveva dato, ne si volle levar in piedi se non li perdonavano, come fecero tutti a quali baciò i piedi, e p. una settimana sempre matina e sera ne disse sua colpa in Refettorio et il P. p. tenerlo esercitato alla patienza, spesso lo fece raccontar quanto haveva fatto in quel viageto, et in particolare quando andò allora che prese quel Puttino nelle fascie e lo portò p. il Borghetto cercando l’elemosina con bambino in braccio, e poi diede il tutto alla sua Madre, e lo raccontava con tanta gratia e rossore, che tutti ne restavano stupiti.
391.Da indi in poi stava tanto assorto nella lettione della mensa, che non mangiava quel che l’era portato a tavola, et il tutto riportava in Cucina senza assagiar vivande, del che ne fù avisato il P.Gioseppe il quale lo faceva sedere appresso di sè, comandandoli che mangiasse quel che l’era dato, e non mandasse le vivande a dietro pche qsto era frutto di beneditione, e dell’ubidienza, et era vero che mentre si ciba il Corpo si deve ancor cibar l’Anima, ma con quella moderatione dovuta, che Dio non vol che non si mangia. Ubbidiva l’Abbe, e mangiava con tanta velocità, che pareva che divorasse, che un boccone non vedeva l’altro, e finiva sempre prima d’ognuno, poi si levava in piedi e stava assorto a sentir la lettione, e di quando in quando buttava qualche sospiro massime in qualche passo della pasione di Christo, o la morte di qualche Martire piangeva dirott.mamente, e quando il P. lo dimandava di che haveva pianto nella mensa, rispondeva che non s’era accorto d’esser a tavola, mà nel luogo dove era tormentato Christo Sig. Nostro, overo di quei Martiri di cui si leggeva la vita.
392.Quand’era il Venerdì il P.(Abbate) diceva che seguitassero e facessero quel che faceva lui, si metteva carponi in terra e caminava dall’Oratorio con le mani e genocchi, e diceva che cossì andavano le bestie a prender la paglia apparecchiatale dal Padrone p. la fatica che havevano fatta, che loro senza merito Iddio li prepara il Cibo, che pensassero che fussero bestie senza merito, e non havessero senso nel mangiare, e con queste mortificationi l’Abbe l’andava essercitando, et il p.mo che giungesse al refettorio era lui, il quale si poneva calce a traverso fuor della porta, acciò lo calpestassero quando i Padri passavano o vero si poneva in genocchio avanti la porta dimandando a tutti un schiaffo p. amor di Dio, mà che li dasse forte, acciò lo possa sentire, in queste at altre mortificationi s’andava esercitando sino che fù vivo.

Procurò una volta una Testa di Morto e la pose a tavola avanti dove sedeva lui appresso il P.Fundatore p. meditar la morte mentre che mangiava, la quale il P.Fundatore non volse, che si levasse più, et Io med.mo la veddi dell’Anno 1635 et 1637, mentre che fui Novitio in Roma, poi fù fatta levare dal Capitolo dell’Anno 1641.

393.Andava alle volte a pigliar le rimesse, che li venivano da Milano in compagnia del P.Castiglia, si poneva il danaro dentro il ferraiolo, e quando tornava i Poveri che lo conoscevano li dimandavano elemosina e lui a tutti ne dava un pugno p. uno, siche il P.Castiglia li diceva che fate Abbe, date tutto ai Poveri, e che portaremo a Casa, con che pagaremo i debiti, che vi sono, il P. gridarà che stava aspettando questo danaro. E lui li rispondeva se me li cercano p. amor di Dio, che vol che faccia? Il P. m’insegna che stiamo alla providenza di Dio, provediamo adesso questi poverelli che Dio poi provederà noi. E questo raccontava il P.Castiglia esserli successo molte volte.

Molte volte veniva a Casa senza il mantello e senza cappello, che non haveva altro da dare a Poveri, et alle volte li diede la scarpe, et il P.Gioseppe li diede ordine che non dasse più niente a nessuno senza sua licenza.

Un giorno andava con il P.Fra.co Fabio, e trovati alcuni poveri che li domandavano elemosina, e li rispose che non haveva niente che dare o non lo poteva dar, mà che se volevano qualche cosa se la pigliassero che non la poteva dare.

Uno il più ardito li prese il mantello et il cappello, e tornava in quella maniera onde dimandatolo il P.Gioseppe che haveva fatto del mantello e cappello li rispose, che lui non l’haveva dato a nessuno, mà che se l’havevano presi i Poveri, e pciò il P.Prefetto che da indi inanzi non solo non dasse niente a nessuno, mà che facesse resistenza a chi prendeva qualsivoglia cosa da lui pche non li dava licenza.

394.Haveva ordinato Papa Paolo quinto il P.Prefetto, che vedesse di fare una fund.ne a Frascati pche quei giovanetti erano mal allevati ne portavano rispetto a nessuno, che a tutti davano fastidio, pche il Papa andava spesso a Frascati, e faceva far la fabrica di Mondragone , che chi l’ha vista sa che cosa si sia. Il P.Gioseppe fece la fond.ne con g.ma difficultà p. la scarsezza di danari, come si puol vedere dal libro delle lettere scritte da Napoli al P.Giacomo di S.Paulo a Roma l’anno 1626 e 1627 a Roma. Vi pose le scuole e fece quel frutto, che suole come faceva in Roma. Un giorno p. esercitar l’Abbe e stabilirlo all’ubidienza li disse, che a quell’hora se n’andasse a Mondragone dove era il Cardinal Burghese con molti Cardinali, che vedesse di trovar al meno quaranta scudi p. far un Calice et una Pianeta pche non sapevano, come far a dir la Messa, che li prestavano ogni matina, e l’andar in presto ogni giorno non era cosa giusta a dar tanto fastidio ai Preti del Duomo, mà che facesse presto, che altrimenti non l’haveria trovato.
395.Parse all’Abbe che fusse hora troppo calda, e che il P. comandava una cosa che non si poteva far in quel tempo, e con tutto che non replicasse, conobbe il P. la tentatione, che l’andava p. la mente, e di nuovo li disse, che sollecitasse che non l’haveria trovato. Presa la bened.ne se n’andò con il P.Castiglia e nell’entrar del Cortile di Mondragone lo vidde il Cardinal Borghese, che a quell’hora si voleva metter in Carozza p. andar a caccia con venti altri Cardinali, il quale disse sostate un poco, ecco il P.Abbe, aspettiamolo. Venite P.Abbe, che andate facendo a quest’hora cossì calda.

Li rispose: Sig.Cardinale è vero che è caldo, mà l’hubidienza m’ha comandato che venga a quest’hora, che altrimenti non l’havrei trovata. Non habbiamo calice ne pianeta, e l’ubidienza almeno m’ha detto, che vole quaranta scudi.

396.Subito il Cardinal Burghesio si cavò un guanto, vi pose non so che doppie, poi andò dall’altri Cardinali cercandoli elemosina p. l’Abbe, che la facessero voluntieri altrimenti non l’haveria lasciato andar in ricreatione quieti; ognuno di quei Card.li pose la parte sua, e nel contar il danaro trovò il Cardinale che erano quaranta scudi, quanto haveva chiesto il P. L’Abbe se ne tornò a Casa tutto contento sempre cantando: fà l’ubidienza, che cossì vol Iddio e guadagnarai. Da indi in poi l’Abbe fù sempre ubidiente, ne mai lasciò cosa da farsi che li comandasse l’ubidienza, come dicono mangiasse tre Carboni accesi ancorchè l’ubidienza non dicesse a lui che li mangiasse, li mangiò e disse poi, che in vita sua non haveva mangiata cosa più soave di quella, come scrive il P.Pietro della Nunziata alla vita del P.Fundatore.
397.Giunse da Milano in Roma il Sig.Tomaso Landriani, suo fratello, et andò subito alle Scuole Pie p. visitarlo, havendoli cossì ordinato Mons.Fabritio suo fratello, che era fatto Vescovo di Pavia, pche era lungo tempo che non haveva havuto nuove. Trovò il Sig.Tomaso che non vi era l’Abbate, et era andato a Campo Vaccino a far la Dottrina Christiana con il P.Francesco Fabio. L’andarono a trovare e quando l’Abbe vidde il fratello con altri Cavalieri Milanesi si fermò; il fratello voleva cominciar a discorrere e lui li disse aspetatte un poco quanto faccio un gioco con questi figlioli, che poi parleremo, e senza dirli altro se n’andò da certi figlioli, che stavano a cavallo ad un trave, che facevano la cavaltalena come dicono a Roma, se misse a Cavallo alla punta del trave, poi chiamò il Compagno, che andasse dall’altra banda, cominciò a fare il salescendi con quel trave, che non finiva mai, e venuti quei Sig.ri a tedio (di) quella leggerezza si partirono e lo stimarono pazzo, e visto che era partito il fratello con quei cavalieri, se ne tornò a Casa cantando : e viva Dio, e viva Dio p. mare, p. terra, p.monte, p.piano, e che ho da far Io con Cavalieri, e non volle veder il fratello, che erano molti anni che non haveva veduto.
398.La matina mentre che andava accompagnar li scolari a Campo di Fiori, l’incontrò di nuovo il fratello con quei cavalieri, e vedendolo tanto divoto con il crocefisso nelle mani, si fermò il Sig.Tomaso con quei Sig.ri a salutarlo, li passò davanti senza far cenno nessuno, s’accostò il Sig.Tomaso dicendo: Sig.Abbe sapete pure che io son Tomaso Landriani vostro fratello, e non so la cagione pche non mi volete vedere, non dubito niente di voi, altro che pregate Dio per me e p. la casa nostra. Mons. Fabritio vi saluta.

Lui postosi il Christo in petto si buttò nella fanga et infangato bene si levò in piedi, e li disse guardate che bel parente che havete. Vedendolo cossì malconcio si partirono senza parlare p. non aspettar la terza mortificatione.

Li domandò il P.Francesco Fabio pche faceva quelle stranezze ad un fratello che lo voleva solamente vedere. Li rispose che haveva rinuntiato il mondo, i Parenti, e se stesso p. seguitar solo Christo ignudo ad una Croce et è meglio esser Pazzo p. amor di Dio, che attaccarsi di nuovo alli Parenti et Amici.

399.Si trovava il P.Fundatore con molti debiti e senza provisione, un giorno disse all’Abbe che facesse oratione acciò Dio provedesse e ne desse di trovar qualche elemosina pche la necessità era grande pche chi haveva da havere voleva esser pagato, et havevano raggione

Li rispose che lasciasse far a lui, che haveria procurato qualche elemosina dal Cardinal Burghese Nipote di Papa Paulo. Se n’andò a Palazzo e pche era la vigilia della Pentecoste, et andassero i Cardinali al vespro, dove erano venuti molti Cardinali entrò nella Cappella Paolina si mise in ginocchio con le braccia in Croce et tutti i Cardinali lo stavano guardando, venne il Card. Burghese se li mise accanto e lo domandò di che haveva di bisogno, che saria stato proveduto, che ivi non stava bene pche veniva il Papa con l’Ambasciadori e Prencipi. Li rispose che l’ubidienza voleva elemosina in grosso p.pagare i debiti e far le proviste p. i Maestri.

400.Li replicò il Cardinale che se n’andasse che l’haveria mandata a Casa. E lui li replicò forte che sentissero tutti i Cardinali che la mandasse, e non lo burlasse come haveva fatto altre volte, e cossì si partì ridendo, benche il Cardinale restasse alquanto affrentato, la sera li mandò una polizza di Cento scudi d’oro, la portò al P.Fundatore dicendoli che pagasse pure i debiti, che Dio già haveva provisto, e volendo saper il P. come era andata la cosa li raccontò il tutto come haveva fatto, del che il P. lo mortificò dicendoli che haveva fatto male, e che fusse andato a ringratiar il Cardinale.

L’Abbe li rispose che lui ringratiasse Dio che l’haveva dato da meritare tanto alla borsa quanto a lui medesimo.

Tra pochi giorni ci andò il P.Fundatore con l’Abbe, ringratiò il Cardinale della Carità usatali, et il Cardinale li rispose, P.Abbe quando volete qualche cosa venite pure mà non in publico, che haverete quanto saprete desiderare.

Li rispose che più volte vi era andato, l’haveva promesso e non haveva havuto altro che parole, che lo scusasse se l’haveva dato da meritare... da dove si vede quanta stima ne facesse la Corte.

Della Casa comprata dalli Sig.ri Torres attaccata alla Chiesa di S.Pantaleo, p. la quale spese diecimila scudi, che è quella dove stanno hora i Padri, non ne parlo pche n’ha scritto abbastanza il P.Pietro della Nunziata nella Vita del P.Fundatore, che se si volesse scrivere il tutto saria assai lungo.

Notas