ChiaraVita/Cap03

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Doppo d’esser graduato in qull’Università viene in stima di molti signori, e di quello gl’accadde. Cap. III

Havendo già finiti con somma lode i corsi di tutti li studii delle scienzie, et in quella Università presi i gradi di Dottore nella Legge, Canoni e Sacra Teologia, con fama universale, si rendette conspicuo all’occhi di tutti, che veniva ammirato in ogni parte per l’idea non meno dell’ingegno, e suo gran sapere, che dalla bontà e virtù. Stava pero D. Gioseppe lontano dalla scorta e sequela degl’applausi dell’honori e terreni godimenti, e vivendo a se medesimo, e da vero all’acquisto del vero bene, con asidua meditazione di quello haveva operato, e patito Christo Signore Nostro nella sua vita e passione in morire per l’huomo. De giorno e di notte altro non pensava, senon la sua Santa Croce, e solo bramava, e voleba starsene unito con il suo divino volere tra rasoii, e punture in seguirlo.

Non potevano le sue singolari qualità, et un così virtuoso vivere non essere osservati, e riconosciuti, e quanto più egli con la sua humiltà, e modestia s’ingengnava nascondersi, e fuggiva l’appettito dell’ambizione, tanto maggiore s’egli incontrava la stima, e l’honore de suoi maggiori. Laonde D. Giovanne Gaspare della Figura, vescovo di Balbastro, delquale furono discepoli il Bannes et il Medina, allora maestri dell’studii in Salamanca, procurò al possibile d’haverlo appresso di se, il che fù con molto gusto e sodisfazione di quello, et anche del Calasanzio, per potere sempre meglio apprendere maggior dottrina con la conversazine di un Prelato si segnalato e dotto nelle scienze.

Non potè più il Demonio contenersi da’ suoi fieri assalti per opprimere questo servo di Dio dal quale si temeva una cruda guerra da si forti e grandi avanzi, se non li trovasse il modo di vincerlo, et abbatterlo. Era in quel paese una gran signora il cui nome si tace per ogni dovuto rispetto, all’orecchi della quale pervenne la fama e grido di D. Gioseppe Calasanzio, et in occasione d’haverlo veduto, s’affezzionò molto alla sua persona, et in tutti i modi volse haverlo in corrispondenza d’amicitia, e familiarità per prevalersi de suoi consigli, et in cose d’importanza in affare di conferirli con un simile soggeto (così il traditore ingannevole nella mente di quella adombrava la maschera che durare non poteva). Ammirava questa li discorsi virtuosi, e sante operazioni del casto giovane, come quello che era di belle fattezze ed aspetto leggiadro, e con una angelica modestia , maneroso nel trattare. Non volse il Demonio perdere l’occcasione così buona d’attaccare il fuoco, ed allacciare il petto della donna, apunto come tese et ordì la rete contro Giuseppe il giusto, e casto nella moglie di Putifar prencipe dell’esercito del Rè Faraone. Incominciò la meschina ad affezzionarseli, e crescendo il fuoco della concupiscenza si servì dell’arte et inganno che il tentatore gli somministrava, a ridure Gioseppe il pio e casto alle sue voglie, e come che quella descrisse il savio ne proverbii, irretivit eum multis sermonibus, et blanditiis labiorum[Notas 1].

Non si stà nel campo senza nemici, è di bisogno havere con chi combattere, chi uno l’essere fedele al suo Dio. Entrò il Demonio nella casa di questa signora, e servi a D. Gioseppe per accostarsi più con Dio. Non conobbe esso da principio l’aspetto della guerra del suo fiero nemico, che ordiva la tela per vincerlo, espogliarlo della preziosa gioia della castità, bensi ne siette sempre armato contro il suo contrario con virtù della temperanza e santo timore. Con una retta intenzione, non stimava malizia l’affabilità e gentilezza di quella. Il credere facilmente il male suole essere leggereza, e da un animo buono non solgiono haversi pensieri senon corrispondenti a suoi giuste e rette operazioni. Finalmente la cieca, comme quella già era vinta dal fuoco dell’inferno, e perso il suo decoro e honestà, s’onoltrò a scuoprirsi manifestamente per tirare alla sua sfrenata voglia Gioseppe il casto. Intese all’ora il continente giovane che il peccatore con suoi seguaci intenderunt arcum, et paraverunt saggittas inpharetra, ut sagittent in obscuro recto corde[Notas 2], subito con alto grido latrò il fido cagnoletto, e disse, “Gesù mio, non sia mai”. E stimando solo nella fuga tener sicura la sua vittoria in così abominevole assalto, chiuse l’orecchi a sibili infernali, e voltando le spalle all’aspiede, sordo generosamente, e con gran velocità si pose a fuggire, e gridando diceva: Deus qui precinxit me virtute, et posuit immaculatam viam meam, ipse perficiet pedes meos tanquam cervorum super excelsa, statuens me[Notas 3], et così velocemente correndo uscì da quella casa, e anco della città per mai farni più ritorno, pigliando il camino verso Peralta della Sal sua patria. Dove giunto con incredibile suo contento, pregate le ginocchia humilmente, e solo rivolto al suo Dio, gli rese le dovute grazie, in haverlo fatto libero da ogni da quei impuri lacci di Satanasso, e fortificata la sua debboleza contro il suo fiero nemico in una tale abominevole contesa così gli disse: Gratias tibi ago Domine Jesu Christe, qui custodisti ab infantia iuventutem meam ne abstradatur aniis hostis mens mea, neque decipiar a smitis eius penetrantibus in interiora mortis. Te adiutore spurcitias diaboli immaculato calle transivi, tibi soli servo fidem, et ipsi me tota devotione commito.

Notas

  1. Prov. C. 7. (v. 21)
  2. Ps. 10 (v. 3)
  3. Ps. 17 (33-34)