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Cap. 5 Belli Impieghi che hebbe il nostro D. Gioseppe con il Vescovo di Lerida

Furono sì eroiche le virtù del nostro D. Gioseppe, e tanto bene risplendettero con la nova dignità sacerdotale, che il suo buon nome si sentiva in tutti quelli due Regni di Catalogna et Aragona; per il che Mons. Ill.mo Vescovo di Lerida lo ricercò di andare in sua casa per suo Theologo, Confessore, e Padre Spirituale, ancorché fosse nelli anni assai giovane, e li diede anche la carica di pubblico Essaminatore, nelle quali cose non fu mai possibile tirarlo a cosa inconvenevole per qualsivoglia o favore, o promessa mirando alla sola verità del fatto. Dopo alcun tempo essendo questo Prelato stato eletto dal Sommo Pontefice Sisto V e dal catolico Re Filippo secondo, per Visitatore della santa Casa e Chiesa della Madonna di Moserrato, menò seco il nostro Don Gioseppe Calasanzio, al quale oltre li già detti ufficii dette andhe la carica di secretano della Visita. Giunti in quel sacro luogo, prima cosa che il nostro Calasanzio procurò, si fu di havere una stantia, di dove potesse a suo beneplacito essere in quel sacro tempio ad honorare, riverire e supplicare la gran Madre di Dio. Li toccò una camera, che porgeva in quella S. Cappella, nella quale molto spesso si ritirava, e faceva le sue divotioni, e la notte particolarmente faceva le sua lunghe veglie, tenendo la gran Madre di Dio per suo unico bene, et amata sposa dell'anima sua, assistendo sempre con molta sua consolatone . . . Messa cantata che si celebra ogni mattina in quella s. cappella prima del giorno.

Cominciarono la Visita, con l'assistenza anche di un Regente mandato da S. M.à Catolica con ogni essatezza, e se bene in questa visita il nostro Don Gioseppe haverebbe potuto guadagnarsi molti danari, non però hebbe mai altro fine, che la gloria di Dio, la salute delle anime, et il bene publico di quella S. Casa, con la fedeltà del suo ufficio, et così mai potè essere corrotto per qualsivoglia sorte di donativo, che non piccoli li furono proferiti, et più volte avvisò il Prelato, che stesse cauto, sospettando di qualche male, perché si erano scoperti gravi delitti nel maneggio di quelle sì grandi entrate. Era perciò amato molto dal Prelato, e stimato dal Regente, vedendo che in effetto portava egli la maggior parte della fatica della Visita, in tanto che il buon vecchio Regente non poteva star senza di lui, e voleva che fornita la Visita se ne andasse insieme a Madrid per haver occasione di trattar seco di cose spirituali. Dicendo il giorno io attenderò alla Corte per l'ufficio che tengo, la sera poi la passeremo in ragionamenti, e lettioni di cose spirituali, et vi voglio conferire l'interno dell'anima mia, tenendo il nostro Calasanzio in concetto di huomo molto spirituale. Non furono sufficienti gli avvisi del nostro Don Gioseppe con Mons. Vescovo per farlo stare sopra di se, perché all'improviso dopo li 6 mesi in due soli giorni d'infermità passò all'altra vita, con non poco sospetto fosse stato tosicato per li segni che se ne vedevano assai evidenti.

Restò imperfetta la Visita et il Regente confuso con tutti gli altri, consultarono fra di loro qual Prelato sarebbe stato a proposito per seguitare la Visita, et il nostro Don Gioseppe, et l'ill.mo Regente dando parte alla Maestà del Re catolico della morte del Vescovo di Lerida, soggiunsero che più a proposito di ogni altro per seguitarla giudicavano fosse Mons. Sig. Vescovo di Vie, al quale da S. M.à fu mandata la patente, e li fu presentata dal nostro D. Gioseppe, il quale anche informò sua Sig.ria Ill.ma di quanto si era fatto nella Visita, e pregando Mons. volesse aggiutarlo con l'istesso carico di secretarlo, il nostro Calasanzio con il convenevole riguardo ne lo ringratiò, ritirandosi al suo paese con non poco dolore del detto Ill.mo Regente, che li pareva di perdere il suo Maestro nelle cose spirituali. Non fu senza particolar previdenza Divina, che non accettasse da Mons. Sig. Ill.mo di Vie il carico di proseguire la Visita in Monserrato, perché poco doppo morse di sua infermità il Padre del nostro Don Gioseppe, il quale se non era in casa, dato non havrebbe quegli aggiuti, che si possono immaginare, perché morisse santamente, et con quelle maggiori consolationi interne che fosse stato possibile. Era il nostro D. Gioseppe in questo tempo di circa 30 anni.

Notas