CaputiNotizie01/301-350

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[301-350]

301.Condusse il medesimo cavalier Eroli il P.Gio:Stefano al Monasterio, e detta la messa andò alla grata, parlò con la Mre.Abbadessa a lungo raccontandoli tutte le loro necessità, e che Mons.Vescovo haveva pensiero di passarli al Monasterio di S.Giovanni e che tutte prima erano risolute morir dentro quella Clausura o vero tornarse alle loro case; che più presto volevano esser visitate dal Vescovo con l’assistenza sua però che come prattico tanto di Religiose come Monache l’haveria compatite e rimediate a quelle cose, che meritavano emendatione.
Il P.Gio:Stefano la cominciò a consolare dicendoli quel detto di S.Filippo Neri, che non dubitasse, che con l’aiuto di Dio al tutto si poteva dar facile et ottimo rimedio, che lui haveria parlato con Monsignore, e l’haveria fatto haver compita satisfatione, e con questo si licenziò.
302.Subito la Badessa mandò a chiamare il P.Felice Cardoli suo stretto parente, li comunicò quanto haveva discorso, e che assistesse al P.Gio:Stefano Spinola sapendo quanto l’amava per la bontà della sua vita, che tutte le sue cose spirituali conferiva con lui, e li promesse di farlo e l’haveria assistito, bastava avisarlo, che l’haveria fatto quanto desideravano tutte le monache, che si ponessero pure nelle mani del P.Gio:Stefano che l’assicurava che haveria agiustato il Monasterio non solo nello spirito mà ancora nel governo corporale, e se pigliava un poco d’affetto non l’haveria mancato modo di danaro, pagar qualsivoglia debito, essendo huomo industrioso, haveva il padre e fratello richissimi, che li faria prestar danaro e poi a poco a poco se li restituiva. Con questo la Madre prese maggior animo, et inanimò le Monache a star allegramente, che tutto saria passato bene, che facessero oratione che Dio provedesse a quella loro necessità cossì urgente poiche succedendo passar ad altro Monasterio saria più la vergogna che altro, ne mai haveriano pace, con quelle Monache, che subito li rinfacciariano: se voi eravate buone sarestino state in Casa vostra, e perciò non conviene che nessuna consenta, ma che si sarà il remedio opportuno che Dio ha mandato questo Padre acciò l’aiuti, e sollievi da questa loro necessità.
303.Il Sig.Felice Cardoli (andò) subito alli Priori della Città, e li pregò, che tutti assiemi andassero dal P.Spinola, e lo pregassero che li sia raccomandato il Monasterio di S.Bernardo perche Mons.Vescovo haveva commesso a lui acciò veda d’indurle a dar il consenso, acciò passino al Monasterio di S.Giovanni e questa cosa saria di grandissima vergogna della Città, che non possa mantener un monasterio, et inquietudine grande a tutte le Monache perche non haveriano mai pace e sempre viveriano in grandissimi disgusti, sicche Mons.re starà assolutamente alla relatione del P.Spinola e loro possono far assai poiche li Padri delle Scuole Pie dependono assolutamente dalla Città, che li paga ogni anno 300 scudi.
304.Fecero consulta tra di loro i Priori, e conclussero d’andar tutti assiemi a parlar al P.Gio:Stefano, e con poche parole li dicessero che si rallegravano della sua venuta in Narni, e che li raccomandavano il Monasterio di S.Bernardo quale stava sotto la protettione della Città, essendo le Monache tutte nobili.

Andarono tutti i Priori a trovar il P.Gio:Stefano, e fatte le congratulationi della sua venuta in Narni li raccomandarono il Monasterio di S.Bernardo, acciò non fusse levato che saria grandissima vergogna della Città e che loro dove potevano aiutare, l’haverebbero aiutato.

Li ringratiò il P. e li promise di far quanto comandavano, che sariano state servite, mà più presto havevano bisogno di qualche poco di riforma, che altro, e lasciassero far a lui il resto, che haveria posto ogni studio per aiutarli, e con questo si licenziarono tutti satisfatti.

305.Cominciò il P.Gio:Stefano la sua funtione ad esser Confessore estraordinario, et ogni giorno li faceva una conferenza spirituale, li ridusse il vivere in comune, che prima non ne volevano sentir parola, si fece prestar danari e procurò, che vi fusse un salone dove potessero lavorare, chi merletti, chi affilare, cuscire, e far altre opere manuali, e che di quello, che guadagnavano ne potessero haver la terza parte, e spender il danaro per loro bisogno, levò molte spese superflue, e per cappellano ordinario le serviva lui senza stipendio nessuno, fece restringere le grate, et a questo hebbe difficultà grandissime non dalle Monache, ma dalli Parenti. Fece far una provisione di Droghe, con farli mettere una spetiaria, e le fece insegnare il modo di far Conserve, Confitture da uno che fece apposta venir da fuora, fece coltivar tutte le possessioni che eran incolte, et in pochi Anni non solo pagarono molti debiti che prima havevano fatti. Procurò che fussero vestite altre Monache che vennero da Roma, et una in particolare di grandissimo spirito che lui haveva insegnato a Norcia, la quale era Monaca di Casa, questa si chiamava Sora Marta principale di Norcia, portò buonissima dote, ma portò abbondanza di spirito per infondere a quelle Madri, che di tutte fu esempio d’ogni virtù.
306.Questa monaca poi dell’anno 1669, il Cardinal Sacchinetti vi ottenne un Breve da Papa Clemente Nono, che passasse in un Monasterio a Spoleto dove lui era Vescovo, acciò con il suo esempio lo riformasse, e le monache di S.Bernardo ne restarono prive, e sconsolate. Tutte queste opere fece il P.Gio:Stefano in Narni, havendoli data l’autorità assoluta Mons.Vescovo, et oggi è il miglior Monasterio non solo della Città di Narni, ma forse di tutta l’Umbria.
307.Vi stiede il P.Gio:Stefano al governo di dº Monasterio dall’Anno 1646 sino l’Anno 1656, che lo chiamo in Roma il Cardinal Ginetti per esser stato eletto Assistente Generale da Papa Alessandro Settimo, quando rimessa la Religione in piedi con restituirli l’insieme della Religione, che tutte le Case stavano soggette all’Ordinarii de luoghi, li rimesse sotto il Generale con quattro Assistenti, che furono il P.Gio: di Giesù Maria detto il P:Castiglia, P.Francesco della Purificatione, P.Gio:Stefano della Madre di Dio, et il P.Gioseppe della Visitatione.

Detto P.Gio:Stefano doppo quasi un Anno rinunciò l’ufficio d’Assistente, e si ritirò a Norcia per viver più quieto, mà non fù lasciato stare perche fù fatto Provinciale della Provincia di Genova, e li fù fatta instanza da molti Principali Cavalieri, che con licenza della Sacra Congregatione governasse un altro Monasterio di Dame principali Piamontese, che sta alli confini de Genovesi e Savodiani, chiamato Millesimo; quelli che lo procuraron furono i Conti Carretti, che stavano uno Maggiordomo dell’Infanta Maria di Savoia e l’altro era Agente del medesimo Duca di Savoia.

308.Hora questo Padre ancor vive, e stà nel medesimo Monasterio in età cadente che mai la S.Congregatione l’ha concesso licenza di potersi ritirar alle Carchere dove vi è un Convento delle Scuole Pie lontano da quel Monasterio solo tre miglia.

Questo P. è stato tre volte Assistente Generale, Provinciale in Germania, in Genova, et in Roma Maestro di Novitii dove aperse publico studio, in tempo che li Barbarini ci levarono il Noviziato dell Anno 1639 riparò il Noviziato nella Casa di Borgo, poi rinunciò per disgusti, che non poteva esercitar l’ufficio suo come doveva, che vi metteva le mani il P.Giacomo di S.Maria Madalena.

Quanto s’è detto di sopra tutto m’ha raccontato il medesimo P.Gio:Stefano et il P.Glicerio della Natività, et io medesimo havuto in pratica per esser stato mio maestro di Novitii.

309.Portò il biglietto il P.Castiglia al Cardinal Ginetti Vicario del Papa, il quale restò maravigliato come cossì presto il P.Gio:Stefano era partito, per il che disse al P.Castiglia, che havesse pensiero della casa e li trattasse con piacevolezza, acciò non havesse disgusto perche era sicuro, che il P.Gio:Stefano era partito per qualche disgusto; patienza, che si vedrà appresso quel che si deve fare.

Cominciò con la sua bontà il P:Castiglia, et il P.Stefano prese più animo perche sapeva d’haver a far con un huomo di bontà grande, e timido peraltro, ma quando cominciava a dir di no, non era cossì facile a voltarlo, ne faceva cosa che non la comunicasse con il P.Generale, e con il P.Pietro, e le cose andavano competentemente bene, e con quiete.

310.S’andava accostando la festa di S.Pantaleo, et il P.Stefano usò un arte grande a quello vi potesse cantar la Messa, et introdursi in Casa, mandò un imbasciata al P.Generale, che vedesse di trovar modo che venga a cantar la messa alla festa di S.Pantaleo, perche altrimente l’haveria fatto cacciar di Roma, tanto lui come il P.Pietro della Natività, il P.Castiglia, il P.Francesco della Nuntiata, et il P.Gioseppe della Visitatione, che tutti questi l’ostavano a poter venire a S.Pantaleo, che gli altri poco o niente li stimava, e che aspettava la risposta con il medesimo che portava l’imbasciata, altrimenti la matina seguente saria andato Mons.Assessore all’udienza del Papa, et haveria ottenuto la licenza che tutti cinque sfrattassero da Roma; a questo discorso fù presente il P.Castiglia, più per atterrirlo e metterli paura e lo dicesse ad altri, acciò più facilmente potesse haver l’intento; machina machinata con alcun altro di Casa suoi Amici.
311.Quando il P.Generale sentì questa proposta, non disse altro, che alzò le mani e l’occhi in Cielo e disse: Signore difendete voi la Causa vostra, che sarà quel che permetterà S.D.M. Questa fù la risposta, ma il P.Castiglia cominciò a dire: Padre, noi siamo vecchi, e cossì il P.Pietro: dove andaremo? Il P. li rispose, lasciamo fare a Dio, e rimettiamo a lui il tutto, che trovarà il modo ad ogni cosa. Si trovò presente al tutto il P.Gabriele della Nuntiata, Secretario del P.Generale, il quale pubblicò per Casa questa proposta, sicche cominciò un nuovo disturbo, che fù necessario che il P.Generale li quietasse dicendo solo: lasciamo fare a Dio (e questo era sempre solito di dire, in tutte l’occasioni che occorrevano et Io li ho sentito dire migliara di volte) fù maraviglia grande il caso, che successe l’istessa notte.
312.Portò l’ambasciatore la risposta, et il P.Stefano disse lasciate far a me: e questo ambasciatore fù il P.Vincenzo Maria della Passione, che stava con lui al Colleggio; essendo già partito il P.Gio:Antonio per Turi con altri suoi compagni, come si dirà al suo luogo.

La matina a buon hora capitò un biglietto d’un Colleggiante che mandava ad una Monaca sua zia, in mano del P.Gabriele della Nunziata, lo lesse e vidde che li raccontava quel che la notte l’era successo con il P.Stefano, e che lo mandasse a pigliare perche non voleva star più al colleggio in nessuna maniera, che se non fusse stato per il fratel Horatio che stava alla loro guardia, saria successo qualche gran male.

313.Letto questo biglietto dal P.Gabriele, richiamò un Compagno e se n’andò da Mons..Ghislieri Vice Decano della Rota e li comunicò quanto passava, acciò rimediasse perche non succedesse qualche caso peggiore. Prese il Biglietto Mons.Ghislieri e li disse che non si prendesse altro fastidio, che haveria rimediato al tutto.

Subito mandò un biglietto a quattro altri Auditori di Rota, che furono Mons.Corradi, Mons.Ottoboni, Mons.Decano, e Mons.Cerri, che andassero al Colleggio Nazzareno, che havevano da fare una diligenza di molta importanza, ma che fusse quanto prima e non mancassero.

Andarono i Prelati al Palazzo de Rusticucci dove allora si faceva il Collegio, et entrati in sala, subito il P.Stefano li fece accoglienza, non pensando a quel che li poteva succedere, li domandò che favori erano questi; li risposero che passavano per andar in Rota e che aspettavano Mons.Sotto Decano, che ancora no era venuto, e cossì pensavano di trattenersi un poco ivi.

314.Venuto Mons.Ghislieri Sotto Decano, disse al P.Stefano, che volevano veder il Dormitorio delli Collegianti, giàche erano assieme, e accompagnatoli al salone, disse al P.Stefano, che li mandasse i Collegianti, che li volevano vedere: disse al P.Vincenzo Maria che li chiamasse, et entrati in una stanza, li chiamarono tutti uno per uno, pigliando i nomi di ciascheduno, e venuto aquello che haveva fatto il biglietto, li dimandò Mons.Ghislieri, si quella era mano sua e se lui haveva fatto quel biglietto; presolo in mano l’Alunno, fece uscir tutti fuora, si serrarono nella stanza, e li dimandò quale era la causa, che haveva scritto il biglietto alla Monaca sua Zia, che lo mandasse a pigliare che non voleva star più al Colleggio in nessuna maniera.

Il giovane vergognandosi disse che facesse chiamar il fratel Horatio, che la notte stava alla guardia loro, che haveva visto e sentito il tutto, e lui l’haverebbe detto quanto passava.

315.Fece chiamar il fratel Oratio Guardarobba, e cominciatolo ad interrogare, li disse liberamente, quanto era successo, e che il P.Vincenzo Maria l’haveva mortificato perche lui haveva chiamato l’altri Padri che venissero ad aiutare non sapendo chi era che la notte passata il Collegiante gridava, che lo lasciassero stare.

Chiamati gli altri vicini che stavano più in Camerata, dissero il medesimo; e con prudenza scusarono il tutto, dicendo al Giovane, che non partisse, per esser stato qualche sogno o vero illusione del Demonio, lo quietarono, e li diede parola di non parlar d’altro, e si stasse quieto, come fece e non partì più, e vi stiede altri due Anni.

316.Fatto questo chiamarono tutti i Collegianti dicendoli che attendessero a studiare e fussero buoni figlioli, che spesso sariano stati visitati, e fatti provedere di quanto havevano di bisogno, e stassero allegramente; licenziatoli, mentre calavano la scala gl’accompagnava il P.Stefano con gl’altri Padri, gl’Auditori si ritirarono al Cortile, e discorsero un poco assieme, e si licenziarono, restando solo Mons.Ghislieri, discorse un poco con il P.Stefano, e poi si partì; e se n’andò a drittura a S.Pantaleo a trovar il P.Generale, et entrati nella sua stanza siedero un pezzo assieme discorrendo, et alla fine li domandò, chi li pareva approposito, che potesse subentrare per Rettore del Colleggio, perche quei Signori Prelati non vi volevano più il P.Stefano.
317.Il P.Generale li rispose che al suo parere saria buono il P.Camillo di S.Gerolamo Ministro delle Scuole Pie di Borgo, huomo integro, dotto, et haveria atteso non solo alle scuole, ma anco al governo della casa e cossì fù concluso, che lo facesse chiamare, e lo mandasse da lui, che li voleva parlare, e fù posto in luogo del P.Stefano per Rettore del Colleggio, che per essersi portato da suo pari ancora vi dimora, e vi starà finche vive, havendosi eletta quella casa quando finì il suo Generalato, che benche stia con le solite sue indispositioni, sempre fa scuola, o almeno ripete le lettioni a quei Collegianti.

Il P.Stefano, partito l’Auditor di Rota, preso il suo ferraiolo et cappello si partì per Frascati, dove stiede sino alli 8 di maggio 1647 e non venne più, sinche fece pregar alcuni Auditori di Rota che potesse per qualche giorno star al Colleggio per haver da fare alcuni negotii in Roma, il che fu rimesso al Rettore, che parendoli bene lo poteva fare, e questo perche era mutato Mons.Ghislieri, che da Papa Innocenzio xmo, fù levato dalla Rota, e fatto Vescovo di Terracina, et in luogo suo fù fatto Auditor di Rota Mons.Albergati, fratello del cardinal Ludovisio, et oggi è Decano della Rota.

318.Si conclude, che quello che voleva fare dar lo sfratto al P.Gioseppe, e suoi Compagni con due altri di casa, confidato il P.Gioseppe, che si lasciasse fare a Dio, il medesimo fece che lui sfrattasse da Roma, con sua poca riputatione, e maggior gloria delli Servi di Dio; quest’esempio si dovrebbe scrivere à lettere d’oro; si ben credo, che alcuni lo sentino male per scoprire i mancamenti oculti, ma questo fù tanto publico, che ne fù piena non solamente tutta la Rota Romana, ma tutta la Corte.

Questo fatto tutto mi raccontò il P.Gabriele della Nunziata mentre stava in Roma, e poi tutti quelli che stavano alla casa di S.Pantaleo che con l’occasione, che si discorreva raccontavano questo fatto mirabile.

319.Vedendo disperato il fatto suo il P.Gio:Antonio di Sta.Maria non sapendo che fare prese il Breve, mà non havendo Patrimonio vistosi mal voluto da tutti, non sapeva dove ricoverarsi, alla fine si trovò in Roma Mons.Bonsi, Vescovo di Conversano che haveva inteso la nostra disgratia del Breve, andò a visitar il P.Generale, dicendoli che nella sua Diocesi vi era un Convento delle Scuole Pie in una terra chiamata Turi, dove erano pochi Padri e che haveva a caro ve ne fussero andati alcuni, perche la casa era comoda, e vi potevano stare 20 persone, e che lui l’haveria aiutati.
320.Il P. li rispose che lui non poteva far niente essendo la religione in quel stato che l’haveva posta Papa Innocentio.

Saputo ciò dal P.Gio:Antonio di S.Maria se n’andò con il P.Gio:Carlo di Savona da Mons.Vescovo e le disse, che mentre voleva crescer la famiglia di Turi, lui vi saria andato con quattro altri Padri e due fratelli. Li rispose Mons. che l’haveria a caro e presi i nomi li disse che spettassero per la lettera, che haveria scritto al suo Vicario Generale acciò l’havesse ricevuti, mentre erano sotto la sua Giurisditione; presa la lettera si partì da Roma in compagnia del dº P.Gio:Carlo Gavotti di Savona della Concetione , et fratel Antonio della farina, per far, come diceva lui, un triumvirato stante che a Turi vi era il P.Gioseppe di S.Francesco di Paula, quel che fu medico, che governò il P.Mario, che questo era quello del triumvirato, che pensava dovessero far l’Anni loro assiemi e star allegramente a Turi.

321.Giunti che furono in Napoli, non vennero alle nostre Case perche sapevano non esser ben visti, se n’andarono alla casa di Posilipo dove mandò a chiamare il P.Gio: di S.Antonio, detto Gio: del Cairo, e lo cominciò a tentare che andasse seco a Turi, che sariano stati bene et allegramente, essendo casa comoda e non haveriano havuto disturbi di nessuno.

Il P.Gio: l’era obligato, che per esser fratello operario l’haveva fatto fare sacerdote, e cossì fu concluso che andassero assiemi acciò facesse le scuole di scrivere.

Il medesimo fece al P.Pietro si Sassuolo, che da semplice fratello l’haveva fatto far sacerdote, e partirono da Napoli con intenzione di far cose grandi, ma non riuscì come pensava perche presto si ruppe il triumvirato per permissione Divina.

322.Giunti a Turi il P.Gio:Antonio cominciò a far il Padrone spacciandosi che era assai amico di Mons.Vescovo di Conversano, che l’haveva raccomandati l’interessi della Casa, faceva e disfaceva tutto quel che li pareva.

Una sera mentre che stavano alla Recreatione discorrendo delle cose della Religione il P.Gio:Antonio cominciò a dir male del P.Generale, et il P.Gio: del Cairo li rispose al contrario, che il P. era un santo, che l’era stato fatto torto, che per capricci era venuta a quel segno la Religione, e si cominciarono a rompere in tal maniera che ebbero da venir alle mani, che furono spartiti acciò non succedesse qualche disordine.

La notte il P.Gio: prese un bastone se n’andò in camera del P.Gio:Antonio li diede una mano di bastonate, dicendoli, che imparasse a parlare del P.Generale, sentendo l’altri il rumore nessuno s’atentò a parlare. Quello stesso punto prese le sue Robbe, e si partì per Napoli, e così fu rotto il primo triumvirato.

323.Gionto in Napoli il P.Gio: del Cairo non venne a nessuna delle nostre Case, ma se n’andò da un suo Paesano perche si vergognava et incontratosi con due dei nostri Padri li raccontò il fatto perchè era partito da Turi, e che non poteva durar quell’unione perche il P.Gio:Antonio voleva esser padrone assoluto.

Non passò un Anno mentre che Io ero in Roma, venne il P.Gioseppe di S.Francesco di Paula, detto il medico, e mi raccontò che non haveva più potuto durarvi perche il P.Gio:Antonio era unito con Mons.Vescovo di Conversano, e l’haveva proposto di far un Seminario che lui l’haveria governato e fatti huomini et arrichita la sua Diocesi con le scienze.

324.Partì ancora il P.Gio:Carlo di Savona disgustato, e restò con il P.Pietro di Sassolo, e quello della farina con due altri fratelli. Disgustato Antonio della farina partì per il suo Paese, e lasciò l’habito con il Breve sicche il P.Gio:Antonio restò Padrone assoluto della Casa senza che nessuno li potesse dar fastidio.

Cominciò Mons.Bonsi vescovo di Conversano a trattare, che voleva per servitio suo un nostro fratello acciò li facesse la cucina, lo disse al P.Gio:Antonio, e li rispose, che lui non haveva altro che lo potesse lasciare et ogni giorno li mandava a cercare hora i Bovi hora la Carretta, Giomente, e quel che li pareva sicche infastidito di questo il P.Gio:Antonio scrisse più lettere al P.Stefano che in ogni maniera procurasse che fussero publicate le Nuove Costitutioni, che havevano fatte assiemi con il P.Pietra Santa, e fatte vedere da un P.della Chiesa Nuova, che già lui sapeva quel che continevano acciò si sapesse quella giurisditione che havevano li Ordinarii sopra le Case delle Scuole Pie, e quando non poteva far altro ne desse memoriale al cardinal Roma Capo della Congregatione, et anco al Papa acciò si sollecitassero dette Costituzioni, che non poteva più risistere con Mons.Vescovo.

325.Tutto questo conferiva prima di mandar le lettere con il P.Pietro di sassolo, et il P.Pietro secretamente scriveva il tutto al P.Generale, dicendoli che lo strapazzava, et ogni cosa andava alla peggio, e che il P.Stefano l’haveva risposto che già era all’ordine di darne memoriale al Papa perche il Cardinal Roma l’haveva detto ricorresse al Papa; siche quanto scriveva e quanto diceva Gio:Antonio tutto sapeva il P.Pietro, e lo scriveva a Roma al P.Generale, e fra l’altre cose li scrisse che il P.Gio:Antonio haveva il Breve, e l’haveva visto lui e che un giorno poteva vendere l’Animali e portarvisi via il danaro, che vedesse di rimediare, e l’altri Padri che vi erano nessuno s’attentava a parlare perche era tutto di Mons.Vescovo.
326.Una matina mi chiamò il P.Generale e mi disse che m’informasse come si poteva fare che il P.Gio:Antonio fusse fatto spogliar per forza mentre havevalo, acciò non facesse tanto rumore che escano le Constitutioni nove, perche con quelle saria finito affatto la religione, e non vi sariano più le Scuole Pie, che vedessi, che rimedio si poteva trovare.

Me n’andai in Banchi dove trovai il Dottor Gio:Battista Lupo di Chieti che era Auditore del cardinal Ceva, li comunicai il negotio, e subito mi disse vi vogliono nove giulii per la speditione d’una inibitoria dall’Auditor della Camera, che fra un breve tempo lasci l’habito della Religione o vero comparisca in Roma fra tanti giorni a dir le sue ragioni, e con questo vi levarete questa peste da torno.

327.Li risposi che il danaro era pronto, che facesse far allora, che haveria aspettato mentre che si faceva. Andassimo dall’Ufficio del Simoncelli Notaro dell’Auditor della Camera, et in meno di due ore fù fatta l’hinibitione, la portai a casa, fù letta al P.Generale, che ne restò stupito per haver sbrigato quel negotio in si breve tempo. Fece chiamare il P.Gabriele della Nunziata, suo Segretario dicendoli che ne facesse una Copia, e l’originale lo mandasse al P.Pietro a Turi sotto nome a Bari del Sr.Prospero del Core, che lui l’haveria fatto ricapitare in proprie mani del P.Pietro a Turi, che essi erano d’accordo. Fù copiata l’hinibitione, e portata Io medesimo alla posta, che non lo poteva saper altro che il P.Generale, il P.Gabriele, che l’haveva copiata et il P.Castiglia, che fù presente quando si lesse. Fù fatta una diligenza dal Notaro per prefisarli il termine quanti giorni vi voleva da Turi a Roma, e nessuno lo seppe dire e perciò lasciò in bianco lo spatio delle giornate, e mi disse che m’informassi da qualche prattico di quel paese e nell’aggiungese io et io vi aggiunsi quinque dies.
328.Giunsero le lettere a Turi al P.Gio:Antonio, la sera si vestì da Prete e la matina partì per Conversano, dicendo al P.Pietro lui si spogliava, e li lasciava la Casa in mano, del che il P.Pietro maravigliandosi della novità lo dimandò perche Causa, li rispose lo saprete appresso che in ogni maniera voleva dire a Monsre. Lo seppero anco l’altri Padri che per darli campo non mostravano di saperlo.

Partiti che furono il P.Gio: del cairo, Gioseppe Medico e Gio:Carlo Gavotti capitò a Turi il P.Tomaso di S.Agostino, e questo scrisse a Chieti che venisse il P.Gio:Evangelista di S.Elia, che entrò nella prima scuola, sicche restarono alla Casa di Turi quando partì, il P.Tomaso di S.Agostino, il P.Gio:Evangelista, Antonio della farina, il fratel Marcantonio della Croce, il fratel Gioseppe di S.Orsola, e due altri fratelli. Sicche ancorche partisse Gio: non restava sprovista tanto di soggetti, massime, che quasi tutti erano del Paese, che questo ancora fece risolvere a partir Gio:Antonio.

329.Se n’andò il P.Gio: a Conversano dove pose scuola con intenzione di trattar con Mons.Vescovo di far un Seminario alla Casa di Turi, e prenderne lui il governo, ma non li poteva riuscire perche già la Casa era ben provista di suggetti.

Capitò a Turi da Firenze un Chierico molto dotto, che ivi haveva fatta la scuola di Nobili, che haveva lasciata il P.Gio:Francesco di Giesù, ch’era partito per Napoli, questo si chiamava fratel Gioseppe della Madre di Dio, il quale era Campese, e proprio d’un luogo chiamato S.Pietro Vernotico; gionto questo giovane a Turi parse bene alli Padri che andasse a pigliar la benedizione da Mons.Vescovo di Conversano mentre che restava suggetto all’Ordinario e giuntovi li disse il Vescovo, che cosa sapeva, e che haveva studiato, li disse che haveva fatta la scuola a Firenze, mà per l’infermità s’era ritirato vicino al Paese, e perche Mons.Bonsi era fiorentino lo cominciò a dimandare chi haveva havuto a scuola in fiorenza, ne disse alcuni, che Mons. conosceva et hebbe grandissima satisfatione. In questo discorso si trovò presente il già P.Gio:Antonio che si rideva di quanto diceva il Giovane e disse a Mons. che mentre doveva far squola, era bene per l’osservanza del Breve esaminarlo perchè cossì ordinava il Breve di Papa Innocentio Xmo che dava la potestà assoluta all’Ordinarii de luoghi, e Monsig. rispose che l’esaminasse.

330.Lo cominciò ad esaminare e li rispose con tanta franchezza che il Gio:Antonio restò mortificato perche il giovane li dimandò d’un emblema che non lo seppe sciogliere, siche per esaminare, restò esaminato, questo fù l’anno 1648., quell’Anno morì il venerabil P.Gioseppe, Fundatore, e quel giovane chiamato anche fratel Gioseppe della Madre di Dio morì poco doppo a Turi in mano del P.Tomaso di S.Agostino, come egli stesso m’ha raccontato qui in Napoli oggi che siamo alli 17 ottobre 1672.

Stiede DºGio:Antonio da due Anni a Conversano a far scuola, ma perche non vedeva riuscirli il suo disegno partì per Bologna dove dicevano che entrasse in un Colleggio per far la scuola, non havendo li suoi di darli da mangiare per essere figlio d’un chissaottiene.

Partirono poi da Turi il P.Pietro di sassolo et Antonio della farina, tutti due fatti sacerdoti dal P.Stefano per mano del P.Gio:Antonio e se n’andarono alli loro Paesi, i quali ancor vivono, e sono Parrocchiani

331.Per seguitar l’istoria delli tre memoriali dati al Papa dal P.Stefano ad istanza del P.Gio:Antonio, è necessario che dica prima che successe perche ancora non è venuto il tempo d’scrivere la mia partenza da Napoli per Roma, che fù alli 4 di Novembre 1646, come si dirà appresso più diffusamente per saper l’accidenti più diffusamente, e quel permesse Dio per suoi occulti giuditii.

Dalle lettere scritte dal P. Pietro di Sassolo al P.Generale s’era scoverto che il P.Stefano già haveva dati tre memoriali a Papa Innocentio Xmo acciò uscissero le nuove Costitutioni per levar affatto l’habito delle Scuole, e supprimere quanto haveva fatto il nostro Venerabil P.Fundatore con tante fatiche e persecutioni. Una matina mi disse il P.Generale se mi bastava l’animo a farli un servitio di grandissima importanza perche non si poteva fidar in questo negotio di nessuno.

332.Li risposi che con ogni fedeltà hauria fatto quanto comandava, sogiunse andate a Palazzo, fate richiamare un scopator segreto, e dite a questo che vi chiami Mons.Pietro Lucci, ch’è quello che spoglia e veste il Papa, e diteli, che mi faccia gratia che quando potesse scappare venisse qui, che li vorrei comunicare un negotio di molta importanza e fate che non vi senta nessuno.

Li replicai chi potrei chiamare per Compagno perche non ero pratico in Roma, che pochi giorni eravi arrivato e non conoscevo nessuno, mà havendo chi mi guidasse haveria fatto il tutto.

Cominciò a pensare e mi disse, che da parte sua chiamasse il fratel Gio:Battista di S.Andrea detto il Moro, che conosceva Mons.Pietro Lucci, e non haveria detto niente a nessuno.

Venne fratel Gio:Battista e li disse che andassimo assiemi a Palazzo, che per strada il P.Gio:Carlo l’haveria comunicato quel che si doveva fare, e cossì ci avviammo.

333.Le dissi per strada che dovevamo parlar a Mons.Pietro Lucci, che venga dal P.Generale per cosa importante. Subito questo cominciò a sofisticare quel che poteva essere, sicuro che non poteva esser altro che usciranno le Constitutioni nove, e quel traditore del P.Stefano ci farà tagliare le vesti a mezza gamba come vanno i fratelli della Chiesa nuova, che questo è un capo delle d.e Constitutioni; mà spero che questa giornata non la vederà piacendo a Dio, e con questo cominciai a penetrare qualche cosa di quel che contenevano dette Constitutioni, perche il medesimo fratel Gio:Battista già n’haveva veduto un sbozzo, e questa era la causa maggiore che non potevano sentir il nome del P.Stefano.
334.Giunti a Montecavallo fece chiamar un scopator secreto che si chiamava Capodigallo che lui conosceva, venne subito fuora, et il fratel Gio:Battista mi disse parla con questo che chiamarà Mons.Pietro Lucci, e con questo io soggiunsi che dicesse a Mons.Lucci, che due Padri delle Scuole Pie li volevano dir una parola.

Venne subito fuora Mons.Pietro Lucci, e dimandato, che volevo l’esposi l’imbasciata del P.Generale, e mentre parlavo estava a vedere la Signora D.Olimpia Cognata del Papa, che stava su la soglia d’una porta, et haveva a mano una putta, che poi fù Principessa di Palestrina.

Quando Pietro Lucci vidde D.Olimpia mi disse la Sig.ra ci ha visti, patienza. Dite al P.Generale, che di matina sarò là Io a buon hora, e sarà servito, e con questo ritornammo a casa, et il P. volle saper tutto.

La matina a buon hora me n’andai alla portaria, e fra un poco venne Mons.Lucci, l’accompagnai in Camera del P.Generale e discorsero un pezzo assiemi, e nell’uscire disse al P. che mi mandasse la matina seguente, che saria stato servito, e con questo si licenziò.

335.La sera mentre stavo in Recreatione con il P.Generale discorrendo mi disse che domani andasse a Palazzo, facesse chiamar il Dº Pietro Lucci, che mi daria alcuni memoriali, li pigliassi e li portessi a lui senza farli veder a nessuno, essendo cosa secreta. Me n’andai la matina seguente, fatto chiamar il dº Lucci venne subito fuora e mi diede tre memoriali, dicendomi che quelli erano sul tavolino del Papa, che stavano da parte e non haveva trovato altro, che se occorreva qualche altra cosa haveria avisato il P.Generale, che li portasse a lui, che stasse allegramente che quanti ne sariano venuti, tutti l’haveria presi e mandateli in sua propria mano, mà questo non scoprisse, che altrimenti poteva essere la sua rovina.
336.Portai li tre memoriali al P.Generale, il quale sentiti leggere li pose dentro un Credenzino, e non si videro mai più, se non doppo che fu morto, che il P.Castiglia mi dimandò, che cosa potevano essere, e comunicandoli il secreto subito l’abbrucciò e cossì mai si seppe cosa nessuna.

Più volte andò il P.Stefano dal Cardinal Cherubini Auditore del Papa e secretario de Memoriali per saper la provista e sempre li diceva, che non l’haveva visti, che mentre non si vedevano era segno che N.S. non ne voleva far niente, perche prima di leggere lui i memoriali, il Papa se li faceva leggere da qualche Cameriere Secreto, e quelli che voleva spedire li dava a lui che vi facesse il rescritto, e di quelli che non voleva far niente li faceva stracciare, e con questo si quietò per un pezzo e non fece altro.

337.Saputo dal P.Pierfrancesco della Madre di Dio, Napolitano, fundatore delle Scuole Pie nella Città di Cagliari in Sardegna, che haveva mandato apposta in Roma il P.Antonio di S.Michele acciò ottenesse che quelli che haveva vestiti, facessero Professione, non mai haveva havuta risposta, mà solo haveva havuto aviso esser uscito il Breve della distruzione della Religione, subito si mise in viaggio per saper non solo la contenuta del Breve, perche non poteva sapere la verità del fatto come passava, e gionto in Roma trovò il fratel Lucifero, che haveva condotto suo Compagno il dº P.Antonio, che stava su la scala che haveva la berretta di chierico in capo, del che restò molto maravigliato, e dissimulando cominciarono a discorrere delle cose di Caglieri per saper qualche cosa della sua Patria, li disse molte cose occorse in quella Città, e ripigliando appoco appoco le disse che lui haveva havuto il Breve stampato da Mons.Assessore, e lettere a Mons.Arcivescovo di Caglieri acciò publicasse il Breve e pigliasse possesso della nostra casa come ordinario al quale era fatta sogetta con tutti i Padri, che cossì comandava il Breve, e che fra pochi giorni doveva partire aspettando il buon tempo, che già haveva data la caparra ad una feluca, che partiva per Napoli, da dove poi saria imbarcato per Sardegna, et il tutto haveva procurato il P.Antonio con il P.Stefano da Mons.Assessore, in fine le disse quanto era successo e quanto havevano operato per le lettere che portava le quali lui haveva già ricevute, e se non fusse stato il tempo cattivo saria già giunto a Caglieri perche haveva ordine che partisse quanto prima acciò non patisse più quella Casa, che voleva aggiudare con la sua presenza havendo havute Constitutioni dal P.Visitatore, dal P.Antonio e dal P.Stefano.
338.Quando il P.Pierfrancesco intese questo discorso hebbe da morire, ne sapeva che partito pigliarsi, solo le disse che aspettase lui, che fra quattro o cinque giorni saria spedito, e sariano andati assiemi, che lui haveva tutte le provisioni necessarie, e non haveria fatto interesse della spesa a quella Casa.

Li rispose che il P.Antonio l’haveva già provisto di quanto bisognava, che lui non pensava tornar più a Caglieri, che già faceva la Scuola a S.Pantaleo; più.s’afflisse il P.Pierfrancesco, non lo voleva lasciare per cavarlo qualche altra cosa da boca, ma avisato il P.Generale che era venuto il P.Pierfrancesco lo fece chiamare et il fratel Lucifero avisò il P.Antonio solo che era venuto il P.Pierfrancesco, e stava in Camera del P.Generale.

Subito il P.Antonio l’andò a trovare e discorso un pezzo col P.Generale si ritirarono in Camera fingendo il P.Pierfrancesco non saper niente, li disse che molto si maravigliava non haver havuta mai nessuna resolutione per trattar il negotio per il quale era venuto con tanta spesa, e non haverli avisato cosa nessuna, che poi da secolari haveva saputo che era uscito non so che Breve del Papa, e non sapeva che conteneva, e per ciò s’era resoluto a venir in persona per saper la verità.

339.Si cominciò a scusare, che vedendo le cose mal parate, che non haveva potuto negotiare per la resolutione della Congregatione, et era uscito il Breve, e se ne cavò uno da saccoccia, e lo fece leggere dicendoli che cossì stariano meglio, non havendo bisogno più la casa di Caglieri a far tanti viaggi per venire a Roma, che si poteva governare da per se stessa con la sopraintendenza di Mons.Arcivescovo al quale saria andato diretto il Decreto che li mandava con sue lettere Mons.Assessore.
340.Finse il P.Pierfrancesco di non haver appplicato a quel che haveva detto il P.Antonio, che già sapeva il tutto per bocca del fratel Lucifero, e li domandò se lui haveva intentione di tornar a Caglieri acciò non si facessero tante spese dupplicate et inutili, havendo fatti molti debbiti si per il viaggio, che haveva fatto dº P.Antonio con Lucifero, come anche haveva fatto lui in pochi mesi a venir a Roma due volte, e questa solo per sapere le risolutioni, che mai da nostri haveva potuto haver nessuna nuova, ma solo speranze con lettere di secolari.

Li rispose che lui non pensava più tornar a Caglieri stante che le cose stavano in quella maniera, et haveva dato danaro al fratel Lucifero per il suo viaggio per Caglieri e quaranta scudi haveva lasciati in Napòli al P.Francesco di S.Caterina, che teneva in deposito quando saria ritornato a Napoli per il viaggio di Caglieri, et accordate le partite restarono d’accordo di discorrere più a lungo dell’altre cose.

341.Subito il P.Antonio chiamò il fratel Lucifero dicendoli, che vedesse di partir quanto prima acciò arrivasse a Caglieri prima del P.Pierfrancesco, acciò quando tornasse lui, l’Arcivescovo havesse preso il possesso della Casa, e fatto il nuovo Superiore, acciò lui non sia sempre Padrone che li teneva come schiavi, e quando non si quietasse presto il tempo, sabato se n’andasse per terra a Napoli, che non mancaria comodità perche il P.Pierfrancesco si saria trattenuto un pezzo in Roma e fratanto lui haveria fatto polito e che non mancasse di scriverli quanto passava, et havesse mandate a lui le risposte di Mons.Arcivescovo a Mons.Assessore acciò sempre havesse protettore quella Casa, e lui in particolare.

Alli tre giorni partì il fratel Lucifero con una feluca per Napoli senza dir altro al P.Pierfrancesco; et essendo avvisato dal Portinaro, che già Lucifero era partito per Napoli, disseli che non dicesse cosa nessuna, che l’haveva avisato solo per veder se il P.Antonio li dicesse qualche cosa che mai li disse niente.

342.Passati tre giorni il P.Pierfrancesco disse al P.Antonio, che non vedeva più Lucifero, se sapesse quando parte perchè già lui era all’ordine per partire alla volta di Livorno dove haveva lasciata la comodità. Li rispose che non sapeva s’era partito perche li disse che voleva star al Colleggio o al Noviziato sin tanto che s’aggiustava il tempo perche il P.Gio:Stefano non voleva tanti forastieri in Casa, e con questo scovarse manifestamente la doppiezza, e se ne cominciò a guardare tanto più che haveva saputo esser tutto del P.Stefano e del P.Nicolò Maria, che era stato quello che l’haveva fatti molti favori mentre fù Visitatore a Caglieri.
343.Giunse il fratel Lucifero in Napoli alla Casa della Duchesca, et il primo che vidde fù me; il quale mi domandò dove era il P.Gioseppe Valuta, che non era in Casa, e vedendo Io con berretta in mano di quelle grandi alla spagnola, e da dietro haveva un facchino con una Balice grande piena, et altre Robbe pensavo, che fusse qualche Padre di consideratione, lo portai in camera mia con le Robbe fratanto venisse il P.Ministro acciò li dia alloggio, et anco il P.Gioseppe Valuta, che lo conosceva in Caglieri. Cominciammo a discorrere e pensando che era Sacerdote li diedi più volte di V.P., che tra di noi non si sol dar se non a Provinciali, Assistenti, et al Generale, mi rispose, che non era sacerdote, ma chierico, e che tornava in Caglieri con la patente del P.Stefano, di Mons.Assessore e del P.Visitatore per ordinarsi. Quando sentii questo mi venne quasi in nausea, e li cominciai a dimandare che si faceva a Roma, chi era partito, chi era venuto, e quanti erano; mi rispose, che ancora a S.Pantaleo non erano finiti di quietare, havevano fatto Superiore il P.Spinola, che riusciva con sodisfattione, erano partiti molti, che non li conosceva per esser stato al Colleggio con il P.Stefano, et haveva inteso che il P.Ferdinando, Ministro passato haveva preso il Breve e vendute la veste, il mantello e scarpe all’hebrei e s’era partito et in Roma era gionto da Caglieri il P.Pierfrancesco che fra pochi giorni partiva per Livorno per tornarsene a Caglieri, che il P.Generale non era più niente ma stava bene. Mentre stavamo discorrendo tornò il P.Gioseppe Valuta, cominciarono a parlar sardo, che non intendevo quel che si dicessero, e venutomi a noia uscissimo fuora e se n’andarono alla camera del P.Gioseppe dove li feci instanza che portassero le Robbe del forastiero Lucifero.
344.Domandai il P.Gioseppe che persona era; mi rispose esser il Coco di Caglieri, che haveva accompagnato a Roma il P.Antonio, et hora lo vedo con la berretta, che mi dice haverla concessa il P.Stefano, hor veda come vanno le nostre cose, si vuol patienza, ma a Caglieri al sicuro non comportaranno queste cose, che mai vi sono state queste pretendenze che li fratelli pretendano la berretta, che da qui è venuta la rovina della Religione.

Pregai più volte che prendesse in camera sua le robbe di Lucifero, il quale mi disse che per quella notte li lasciasse stare perche non sapeva dove metterle.

345.La matina mentre che volevo uscire per i miei negotii giunse il P.Pierfrancesco da Roma, e vedendo il fratel Lucifero su la scala con la berretta, li disse in lingua spagnola: Padre Lucifero ha tomado la bonetta, guarda che Patrasso caccia Caglieri, il Coco tiene la barretta di sacerdote, chi vi l’ha concessa, e non voglio permettere in nessun conto, che a Caglieri la portate, che quei Padri e Chierici vi lapidaranno. Li risposse che l’haveva concessa il P.Stefano e Mons.Assessore, che la potevano dare.
346.A questo si tacque il P.Pierfrancesco, e tirato in Camera mia cominciamo a discorrere, mi domandò il P.Pierfrancesco, che robbe erano quelle che tenevo in Camera. Li risposi che erano del fratel Lucifero, che le lasciò la sera quando venne, et ancora non l’haveva prese. Mi pregò per amor di Dio, che li lasciassi stare perche ivi era il Breve con le lettere che haveva fatto fare il P.Stefano da Mons.Assessore all’Arcivescovo di Caglieri e portandoli saria la rovina di quella Casa, e molti di quelli che erano innocenti delle cose haveriano preso il Breve, et usciti dalla Religione, che vedessimo aprir la Balice, e vedesimo che portava, pigliassimo solo le lettere con il Breve, e lasciassimo star l’altre cose perche era di gran servitio della Religione e che lui haveva presa una filuca apposta per venir presto ad impedirlo, che l’havevano fatto partir di Roma senza sua saputa il P.Stefano, il P:Antonio, et il P.Nicolò Maria, e vediamo di gratia se la potessimo aprire che forse la mia chiave della mia buggia si facesse.
347.Non mi parve conveniente farlo a quell’hora, ma più presto di notte lo facessimo in Camera del P.Gioseppe Valuta dove il medesimo fratel Lucifero la voleva portare, che vedesse ripigliarlo con le bone, e non le bravatte come haveva fatto a primo lancio quando lo vidde, e restammo con questo perche fummo disturbati dall’altri Padri che lo vennero a vedere.

Subito chiamai il fratel Lucifero, li feci prendere la balice, e la portò al P.Gioseppe Valuta dicendoli che li facesse gratia conservarla ne la dia a nessuno se non a lui medesimo perche vi erano alcune robbe, che andavano a molti Signori, che l’havevano fatte comprar a Roma.

Il P.Gioseppe la buttò sotto il letto dicendoli che stava sicura e non l’haveria data a nessuno se non a lui medesimo, l’altre robbe restarono nella mia Cella che per non scomodar il P.Pierfrancesco, e l’altri Padri non le presi

348.Il fratel Lucifero non lasciava mai il P.Pierfrancesco per cattivarselo, e lui l’andava dando buone parole dicendoli che lui era stanco, che andasse alla Dogana a pigliar le sue Robbe acciò non patissero, e vedesse quel che spendeva, che tutto l’haveria restituito, che doveva pigliar il danaro da un Mercante a chi portava la rimessa, e cavatasi una Carta da saccoccia li disse, che quell’era la lettera di cambio di Cento Scudi, che sariano serviti per il viaggio e se haveva bisogno lui di comprar qualche cosa l’haveria dato quanto voleva, tutto questo diceva per allontanarlo da Casa acciò si pigliasse l’escritture dalla balige.

Credè Lucifero che quella cartaccia fusse poliza di cambio e li disse quanto pareva a lui, che si doveva spendere per levar le robbe dalla Dogana perche non essendo prattico non voleva esser gabato,

Li rispose che vi volevano quindici ducati per il Nolito della filuca, e da quindici carlini alla Dogana. Li fece dar un Compagno, e se n’andò a pigliar le Robbe e pagò il Padrone della filuca, e li fece spendere da 20 ducati, sicche poco più danaro li restava per il viaggio quando havesse da partire solo per Sardegna.

349.Partito Lucifero andammo con il P.Pierfrancesco in Camera del P.Gioseppe Valuta, li comunicò come dentro la balice di Lucifero vi era il Breve con un piego che portava all’Arcivescovo di Caglieri, che se li fusse capitato nelle mani saria la rovina della casa di Caglieri, e sariamo svergognati perche con le contesse e dispute, che haveva havute lui cioè il dº Valuta con i Padri Gesuiti li sariano stati contrarii, e saria necessario che lui non tornasse a Caglieri e quelli che vi erano Dio sà che cosa fariano essendo tutti giovani, che li facesse questa gratia, che aprissimo la balice per solo vedere se vi erano questi pieghi; acconsentì il P.Gioseppe, si provò più volte ad aprir con la chiave e mai fù possibile, e doppo haver fatte più diligenze non potè trovar modo d’aprirla. Tra tanto venne l’aviso da quello che havevamo posto in guardia, che quando tornasse quel fratello di Sardegna ci avisasse, venne e disse che veniva con due facchini carichi, subito il P.Pierfrancesco scese abbasso , portarono le Robbe in Camera del P.Mario, et il P.Gioseppe restò solo in Camera, e vidde, che la balice si poteva aprir da sotto senza che si vedesse, mà vi voleva tempo poi per accommodarla, e cossì trasferì questa funzione sino alla notte, tanto ci comunicò il P.Gioseppe, il quale uscì di Casa, e non tornò sino alla sera, alle due hore della notte acciò non havesse voluntà Lucifero di pigliar la Balice, haveva già pagato il tutto il fratel Lucifero e datali la lista della spesa le disse, che domani saria stato dal Mercante, e preso il Danaro l’haveria restituito quanto haveva speso, e con queste buone parole il povero Lucifero campava di speranze, e senza quasi danari non pensando mai quel che li doveva succedere.
350.La sera tornò il P.Gioseppe et il P.Pierfrancesco era andato al letto perche disse a Lucifero che era molto stanco dal sonno, che non haveva potuto dormire su la filuca, et il sempliciotto si credeva ogni cosa, se n’andò ancor lui a riposare, e verso cinque hore di notte venne il P.Pierfrancesco, mi chiamò, andassimo assiemi dal P.Gioseppe Valuta, e presa la Balice il dº P. la scusci da sotto, e trovammo tre grossi pieghi di lettere, uno andava a Mons.Arcivescovo dove eran quattro Brevi Autentici con l’instruttioni come si doveva portare per far l’elettione del Superiore e che la facesse subito prima di giungere il P.Pierfrancesco havendo spedito quel fratello apposta con altri avvertimenti acciò li riuscisse quanto havevano tramato in Roma.

Notas