CaputiNotizie01/251-300

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[251-300]

251.Li rispose Monsre che havessero patienza che con il tempo haveriano visto quanto essi desideravano, e con questo lo licenziò, ma passati pochi giorni, di nuovo il fratel Luca tornò da Mons.Assessore, e lo supplicò che facesse darli il Breve, che cossì non potevano stare, e che quello non è modo di fare publicar una cosa sotto parola della Sede Apostolica, et tenerla nascosta,con alcune parole spropositate.
252.Per il che Monre. li rispose: Volete il Breve? L’haverete quanto prima e non mi comparite più davanti. Voi havete rovinato la Religione con le vostre sufisticherie e la volete finir di rovinar affatto; andate, che fra due giorni l’haverete stampato, e con questo fratel Luca si partì.

Non haveva intentione Mons.Assessore far uscire detto Breve che tutto haveva fatto per tirar a fine il stabilimento del P.Stefano, che per atterrir li PP. fù più presto finzione la venuta di Palamolla sollecitato dal P.Stefano, che altro, mentre che il Breve non era ancor fatto, ne passato dal Papa, ma solo la minuta et al sicuro non saria più uscito perche cossì mi raccontò Mons.Albici quando vi fui mandato dal P.Generale nell’Anno 1647, come si dirà in altro luogo.

Passati altri sei giorni fù fatto il Breve,e stampato fù portato al Sig.Cardinal Ginetti Vicario del Papa acciò andasse a prender il possesso come ordinario; il quale mandò l’ambasciata che saria andato la matina seguente a far la funzione et havendo questa nova il P.Stefano pensava che al Breve vi fusse quel che haveva fatto mettere al Decreto, che fusse Rettore perpetuo del Colleggio Nazareno. La matina a buon hora se n’andò alla sacrestia di S.Pantaleo per dir messa, et aspettare la venuta del Cardinale, per trovarsi presente alla funzione.

253.Saputo ciò da Padri cominciarono a dire ha pure faccia di venire qui il P.Stefano che ci ha rovinato la Religione e svergognati che non possiamo più comparire tra Religiosi.

Subito corsero tre o quattro fratelli in sacrestia, e fecero finta di volerlo assalire, onde alla meglio che potè se ne tornò al Colleggio Nazareno, minacciandolo, che se tornava più a S.Pantaleo l’haveriano buttato per le fenestre,che non vi comparisse in nessuna maniera.

254.Venne il Cardinale a S.Pantaleo, subito il P.Generale l’andò incontro, e con viso allegro li diede il benvenutto et il Sr.Cardinale li cominciò a consolare dicendoli che lui sempre sarebbe stato parziale non solo di questa Casa di S.Pantaleo, ma di tutte l’altre Case della Religione, e quel che s’era fatto tutto era stato per l’importunità fatta a Mons.Assessore, che esca il Breve, già era uscito, e lo publicaremo acciò tutti stiano quieti e pace perche tutto il giorno mi vengono a dar fastidio che venghi, che in questa maniera non possono vivere, e perciò son venuto, e lasciata una Congregatione di grandissima importanza. Fù letto il Breve, e baggiata prima la mano dal P.Generale, e poi da tutti l’altri secondo il suo grado e Professione li riconnobero come Vescovo e ordinario come comandava il Breve
255.Fatta questa funzione si voleva licenziare il Sr.Cardinale per ritornarse a casa, si levò in piede il fratel Luca, e disse Emmo.Signore è bene che sappiamo chi resta per Superiore della Casa, che non vogliamo il P.Ferdinando, che l’ha fatto il P.Stefano con il P.Pietra Santa, ne vogliamo che vi restano reliquie del loro governo, e tutti li Padri e Fratelli cominciarono a dire che non lo volevano in nessuna maniera, ma volevano una persona osservante, spirituale e timorata di Dio, che li governi con Carità, quiete e pace,per ripigliar l’antica osservanza, che da che haveva mancato dal governo il P.Generale era perso ogni cosa, perche dal P.Mario in quà non vi era vestiggio più di Religiosi delle Scuole Pie, come era prima.

Fù detto dal Cardinale, chi pareva a loro che fusse approposito acciò potesse metterla in piede et habbia Carità con tutti.

256.Subito il fratel Luca cominciò a dire il meglio di tutti saria il P.Gio:Stefano della Madre di Dio che sta al Moricone ritirato, huomo di governo compatisce tutti è fedele e provede di quanto bisogna a sudditi, ma vol che ognuno facci il suo dovere, e voltatosi il Cardinale al P.Generale per sapere il suo parere, li rispose che era buonissimo, e presi i voti di tutti, tanto Padri quanto di Chierici,come fratelli, tutti uniformi diedero il voto al P.Gio:Stefano, fù concluso che il Sr.Cardinale li scrivesse una lettera e gli mandasse in virtù di S.Ubbidienza che se ne venisse in Roma quanto prima, che l’haveva da parlare, altrimente non saria venuto perché fuggiva d’esser superiore. Accettò il Cardinale di scrivere et havuta la lettera subito cavalcò un fratello, se n’andò al Moricone, li portò la lettera senza che li dicesse altro, sicche il P.Gio:Stefano senza far nessuna difficoltà vedendo il precetto del Sr.Cardinale se ne venne a Roma per sapere quel che comandava, e giunto a S.Pantaleo tutti l’uscirono all’incontro dicendoli che l’havevano fatto lor superiore, che per ciò il Sgr.Cardinale l’haveva mandato a chiamare dal che restò molto scontento, dicendo che non era buono e s’era ritirato a far i fatti suoi per pianger i suoi peccati.
257.Subito se n’andò dal P.Generale per prendere la beneditione, il quale li disse, che Dio l’haveva eletto per superior suo e di quella Casa, che non mancasse ad accettarlo per non fare contro la Divina Voluntà, tanto più che tutti erano concorsi all’elettione con gusto e satisfattione cossì sua come del Sr.Cardinale, e sempre haveria fatta oratione acciò il tutto vi esca a maggior gloria di S.D.M. Io ne la prego, acciò rimetta in piedi l’osservanza perché del tutto è persa, ne vi voleva altro che lei a rimetterla in piede. Fece molte difficoltà il P.Gio:Stefano perche sapeva esservi molti debbiti, la famiglia era grande, perso il credito et il buon nome che havevamo prima, che di già era stato informato di tutto da quando era stato Assistente con il P.Mario; li disse il P.Generale che lui l’haveria aiutato quanto poteva, lo stesso dissero il P.Pietro, et il P.Castiglia, che non si sgomentasse che per quanto potevano l’haveriano aiutato
258.A queste preghiere si piegò il P.Gio:Stefano, e disse che l’havessero aiutato con l’orationi a portar quel grave peso, che li ponevano alle spalle havendo a fare con alcuni poco osservanti, e più presto scandalosi,come haveva inteso esser successo il Carneval passato al Corso.

Non applicò il Padre a questa parola del Corso perche non sapeva che cosa si voleva dire, e perciò tagliò il discorso con dirli che s’andasse a riposarsi perche era bene poi andar dal Sig.Cardinale e parlar con lui per sapere come si doveva portare nel governo.

Si licenziò il P.Gio:Stefano, et andato a pranzo tutti l’erano d’intorno pregandolo, che accettasse il governo, che tutti l’haveriano aiutato ne si sgomentasse perche ognuno di loro haveria fatto più di quel che pensava, e con questo li disse che haveria fatto quanto li comandava il Sr.Cardinale.

259.Il giorno il P.Gio:Stefano se n’andò dal Cardinale, e fattali riverenza li disse esser venuto per saper i suoi comandamenti. Il Cardinale li cominciò a discorrere di molti accidenti, che eran successi alla Religione, e che fù fatto il Decreto dalla Congregatione e rimesso a Mons.Assessore, e che per importunità era uscito il Breve, havevano uniformemente eletto lui per superiore, che li dava tutta la sua Autorità, che castigasse chi lo meritava che lui sempre l’haveria aiutato, e sostenuto, che vedesse chi saria buono per far Superiore in Borgo che lo facesse, che lui se consentiva, l’haveria dato il suo beneplacito, e con questo accettò il governo il P.Gio:Stefano pregando il Sr.Cardinale, che l’aiutasse nell’occasioni, che non haveria mancato chi si lamentasse di quelli, che non erano osservanti, che per rimetterla in piedi vi bisognava riformare i costumi di qualche relasciato.
260.Li replicò il Cardinale, che facci pure il tutto a suo modo che sempre l’haveria sostenuto, difensato, et aiutato, e con questo si licenziò e tornossene a casa con la patente fattali dal Cardinale.

La sera all’oratorio fece legger la patente, e fatta una breve conferenza, pregò ognuno a far il suo obligo, che dal canto suo haveria visto dar ad ogn’uno quella satisfattione possibile, che poteva e con questo prese il possesso con ogni satisfattione di tutti.

Erano più, che pretendevano esser superiore di Borgo, e di già cominciavano a venir favori, e raccomadationi, ma il P.Gio:Stefano consultò con il P.Generale chi li pareva più approposito e fù concluso far il P.Camillo di S.Girolamo perche poteva esser Minsitro, et attendere alle scuole havendolo sperimentato huomo osservante, li fecero la patente e mandato al governo della dª Casa.

261.Se n’estava fratanto il P.Stefano al Colleggio con il P.Gio:Antonio et altri suoi Amorevoli a fare quel che li piaceva, e non riconosceva nessuno, solo andò da Mons.Donazet Decano della Rota, dicendoli che il Colleggio Nazareno dove lui era Superiore era sotto la sua protettione, e quando li fusse comodo andar a vederlo, l’haveria aspettato.
Li rispose che parlasse a Mons. Ghislieri, sotto Decano, che lui haveva pensiero di queste cose, s’accordassero assieme che lui si contentava di quanto haveria fatto detto Prelato. Andò dal sotto Decano il P.Stefano, e cominciò con belle parole a dirli,che il Cardinal Tonti fundò il Colleggio Nazareno di dove lui è Rettore, e che N.Sre. haveva confirmata questa protettione con un Breve, che haveva parlato a Mons.Decano, e l’haveva mandato da Sua Rza.Illma., che parlassero assiemi, e quando li fusse comodo andar a veder dº Colleggio li faria favore.
Li rispose Mons.Ghislieri, che già haveva visto il Breve, e che non era protettione che haveva la Rota, ma la potestà assoluta, che voleva prima parlarne con l’altri Auditori, e poi saria venuto a vedere, e con questo lo spicciò.
262.Questa risposta non molto piacque al P.Stefano perche mentre ne voleva parlar con l’altri, Dio sa dove andava a battere il negotio, ne s’attentava parlarne con nessuno per non scoprire questa facenda, e fusse penetrato da Padri di S.Pantaleo che l’haveriano fatto contro, ma andava temporeggiando, et aspettando occasione opportuna e perciò fece dare una rappresentatione pubblica composta dal P.Gio:Antonio per invitarli tutti, come anche molti Cardinali, acciò andando per l’opera, non havessero motivo di far nessuna dimostratione.

Passarono poche settimane che posta in ordine la scena al Palazzo del Sri.Rusticani dove allora stava il Colleggio, vicino S.Pietro in Borgo, et all’hora fece invita di tutti l’Auditori di Rota, e d’altri Signori, che veramente riuscì la representatione meglio assai di quello che pensava, e con questo non dissero altro, che li piaceria che tirasse pur avanti, e vedesse che fussero trattati bene quei giovani quali parevano di buonissima indole, e riuscita, prese animo promettendoli di far l’officio suo come doveva.

263.Mentre stava governando il P.Gio:Stefano la Casa di S.Pantaleo con grandissima quiete vi fù uno che non so chi si sia,ma solo sò,che fù di Savona come mi scrisse il P.Generale in una sua delli 12 Aprile 1646, che trattò di pigliar il primo Breve per uscir dalla Religione,che dice in questa maniera:
Al P.Gio:Carlo di S.Barbara dei Padri delle Scuole Pie Napoli. Px xpi. Ho ricevuto la lettera di V.R. delli 7 del corrente e mi pare che le diligenze più approposito in queste nostre afflitioni sarebbero le lettere, sì della Città come del Viceré, per le persone, e Congregationi che V. R. significa con la sua lettera. Qui ancora vi sono molti principali che ci aiutarebbero, ma non pubblicandosi il Breve, non si sa in che debbano aiutare. Staremo qui osservando come caminano le cose e come anderanno, e ne daremo costì continuamente avviso.
264.Alli sacerdoti, qui si dice, che si spedirà Breve dummodo habeant patrimonium vel alium modum quo commode vivere possint, di ritornar al secolo sotto l’obedienza del Vescovo, e s’intende che uno di Savona habbia già cavato il Breve et alli fratelli operarii dicesi che haveranno anco maggior libertà, pagando però tutti il Breve che otterranno. Non manchi costì di far le diligenze che li parranno convenienti, et in particolare di raccommandare a persone devote la conservatione del nostro Istituto. Haverei caro se il fratel Marc’Antonio venisse in Napoli, arrivasse poi in Roma; che è quanto per hora mi occorre. Roma adì 12 Aprile 1646. Servo nel Signore Giuseppe della Madre di Dio.
Giontami questa lettera in Napoli fù pensato esser questo il P.Nicolò Mª del Rosario perche scrisse qui ad alcuni suoi Amici se volevano procurato il Breve prima che si serrasse la porta, e questa lettera la viddi Io medesimo.
Poi fù visto il Registro della Secretaria di Brevi, e si trovò esser stato lui il primo cioè il P.Nicolò MªGavotti
265.Il 2º fù che prese il Breve il P.Ferdinando di S.Giuseppe Ciambellar Siciliano della Città di Mazzara, quel che fù fatto Ministro di S.Pantaleo dal P.Stefano e dal P.Pietra Santa, che per questo successero li disgusti, che i Padri andarono a parlar al Papa. Una matina senza dir niente a nessuno se n’andò all’hebrei, vendè la veste e il mantello con le scarpe, e si comprò una veste, et un mantello a fra due giorni comparve alla scuola dell’Abbaco vestito da Prete secolare, che voleva esser insegnato, e vedendo ciò i Padri ne diedero aviso al P.Gio:Stefano, il quale scesse abbasso, lo chiamò da parte dicendoli che non si vergognava comparire tra scolari vestito da Prete, mentre era stato Superiore della prima Casa della Religione, et haveva portato via il nostro habito senza restituirlo, il che era gravissimo mancamento, che lo portasse altrimente l’haveria fatto castigare e che non comparisse più alle scuole perche non era suo decoro ne tampoco del nostro Istituto e fattali una buona correttione fraterna, li disse che se n’andasse presto, acciò non succedesse qualche inconveniente perche tutti i fratelli erano arrabbiati contro di lui e cossì partì
266.Passando li nostri cercanti dall’hebrei furono chiamati se si volevano comprare una veste, mantello, cappello e scarpe del loro habito, che l’haveriano dato a buon mercato, cominciarono a dimandare da chi l’havevano havuta; li risposero da un frate vostro che qui medesimo li cambiamo una veste, et un ferraiolo e fù il tutto ricomprato trenta cinque giuli, che pagò il medesimo P.Gio:Stefano, il quale voleva farlo castigare, ma poi non vi fece altro, che farlo avisare, che non venga più a S.Pantaleo se non voleva provar qualche cosa che non li piacesse.

Quando questo si seppe per la casa lo volevano schiarire, mà il P.Gio:Stefano non volle, che se ne facesse nessuna dimostratione.

267.Era in quel tempo in Roma consecrato il nuovo Vescovo di Mazzara, l’andò a visitar D.Gio: Ciambellaro, e non più P.Ferdinando, il quale li promise farlo Canonico della sua Cattedrale perchè non haveva Patrimonio, e partiti da Roma morì per la strada mentre viaggiava.

Gionto in Napoli il Ciambellaro non sapeva come farsi, se n’andò dal Gran Croce di Malta Brangiforte, e lo pregò che l’aiutasse perche non poteva celebrare per non haver Patrimonio, li disse che l’haveria fatto Vicario e Parrocchiano della sua Comenda, come fece, mà non passò molto tempo, che disgustato con alcuni della Terra fù accusato ai Reggi per la Giurisditione, per il che andò fuggendo molto tempo, e veduto esser castigo di Dio pregò il P.Gio:Luca della Beata Vergine Provinciale che volesse accettarlo all’habito della Religione, ne scrisse al P.Camillo Generale che li concedesse l’abilitazione di poterlo ricevere, li fù risposto che andasse in Sicilia et accordasse con quel P.Provinciale, che non voleva metter mano nella Provincia di Sicilia, et havuta questa risposta se ne venne in Roma, parlò a me che l’havessi introdotto dal P.Generale, che li voleva parlare e li risposi che facesse chiamar il suo compagno dal Portinaro

268.Fù fatta l’ambasciata al P.Camillo Generale il quale li disse che parlasse dal P.Pietro della Nuntiata Assistente e secretario della Congregatione.

Fece chiamar il P.Pietro e cominciò il primo esordio dicendo, che lui uscì dalla Religione con vane speranze, et havendo conosciutto il suo errore, ritorna alla sua madre, che dopo haver lasciato l’habito mai più haveva havuto più bene, per amor di Dio che lo consolasse e facesse dar licenza al Provinciale di Napoli acciò lo potesse aiutare.

269.Li rispose il P.Pietro in presenza mia, che le difficultà erano più, prima che lui haveva venduto l’habito all’hebrei, che questo era mancamento insanabile havendoci fatto un torto alla Madre chi amava, e non era degno d’essere ascoltato, il che lui non credeva esser vero, il 2º era che si stava in procinto di farsi il Capitolo Generale, ne si poteva per hora innovar cosa nessuna, che havesse patienza che fra quindici giorni cominciava il Capitolo e l’haveria proposto a Padri Capitulari e se l’accettavano saria servito, e lui l’haveria fatto ogni servitio mentre veniva con tanta summissione.

Rispose che haver venduto l’habito all’hebrei era vero per grandissimo bisogno confessava haver fatto errore, e mentre vi voleva tanto poco tempo per il Capitolo Generale haveria aspettato quanto comandava.

270.Cominciato il Capitolo fù fatto Generale il P.Cosma di Giesù Maria siciliano, e saputa l’elettione subito si partì senza cercar altro, questo vive, et è fra servente de Cavalieri di Malta, et esercita la cura dal Comendatore Brangiforte, in un Casale vicino Napoli.

Il secondo che prese il Breve fù il P.Stefano, et il 4º il P.Gio:Antonio e poi tutti i loro aderenti, ma non se ne servirono molti.

Il P.Gio:Antonio se ne servì per forza come si vedrà ad altro luogo; il P:Stefano, et Nicolò Maria non se ne servirono.

271.Doppo d’esser pubblicato il Breve di papa Innocenzio Decimo, di marzo 1646 successe un caso al P.Nicolò Maria del Rosario triste e lamentabile.. Una sera del mese di marzo del medesimo Anno, mentre i Padri stavano alla Recreatione de la sera come si suol fare, vene un fratello a chiamare il fratel Lorenzo della Nunziata compagno del P.Generale, con queste precise parole: fratel Lorenzo, il P.Generale vi chiama. A questo rispose il P:Nicolò Maria del Rosario detto il P.Gavotti, che Generale, si chiama il P.Gioseppe, non è più Generale,che l’ha levato il Papa. A queste parole si levò da sedere il fratel Gio:Batista di S.Andrea detto Gio:Battista Moro, e prese in braccia il P.Nicolò Maria, lo cacciò fuora della Ricreatione e l’altri li saltarono ad’osso per strappazzarlo dicendoli che ancora haveva animo di parlare contro il P.Generale, fecero fracassi tali, che venne il P.Generale che sentì il rumore, che una gran confussione, che volle del buono a quietarli che lo volevano ammazzare. Il P.Generale non disse altro, che tutto si prendesse da mano di Dio, che alle volte constituisce Ministri per essercitare alla patienza, quelli che li piace, e cossì compatiamoci l’un l’altro se volemo esser compatiti nell’occasioni e disse al P.Nicolò Mª che si ritirasse, ne desse occasioni di maggior disturbo, che stassero tutti quieti applicandosi all’oratione, e lasciassero andare le cose humane mentre siamo chiamati ad un Instituto di tanta pietà, che con l’esempio nostro facendolo come si deve possiamo convertire tutto il mondo. Subito tutti si quietarono, e composero con una grandissima modestia come se mai fusse successa cosa nessuna, et il Padre disse che si sonasse le letanie, facessero la disciplina, e poi andassero a riposo con la benedizione di Dio, come il tutto fù puntualmente eseguito, e che di questo non si parlò più.
272.Subito si ritirò in camera il P.Nicolò Maria senza far altro motivo. La matina sonata l’oratione, non vi andò il P.Nicolò Mª, che haveva paura per qualche nuovo accidente, e finita se n’andò presso il P.Generale per giustificarsi, et il Padre li rispose che non voleva altro,che stassero quieti et osservassero le Constitutioni, che s’havessero la Regola come deve ognuno parlare nelle Ricreationi non saria successo quell’accidente, vi parlerò Io al fratel Gio:Battista che di questo non se ne parli, che stia avertito un altra volta a non dar materia, che vengano disturbi, ma che attenda al fine in che Dio l’ha chiamato alla Religione, e con questo lo licenziò.
273.Fece poi il Padre chiamar il fratel Gio:Battista di S.Andrea, e dimandandoli la Causa del disturbo della sera passata con il P. Nicolò Mª, li rispose, questo Traditore della Religione ancora ha ardire di parlare. Venne l’ambasciata di V.P., che voleva il fratel Lorenzo, suo Compagno, e perche disse che lo voleva il P.Generale cominciò a rispondere: che Generale, si chiama P.Gioseppe, e non è più Generale, che l’ha levato il Papa, non potei supportare queste parole, e perciò lo presi di peso e cacciai fuor della Recreatione senza farli altro, se poi altri l’hanno fatto insulto e dato i pugni o bastonate, Io non l’ho fatto, in fine si trovò haver havuto non so che botta, et il medesimo P.Generale l’assolvè secretamente, con pregarli che non se ne parlasse più come fù fatto.
274.Li fece riconciliare tutti assiemi e solo fù detto al P.Nicolò Mª da uno di quelli che non venisse più alla Recreattione acciò si leva l’occasione e non si parlò più di queste materie che sono molto odiose, et il negotio ancora era vivo. Osservò questo il P.Nicolò Maria e quasi due Anni mai più comparve alle Recreattioni, e questo l’ho visto Io medesimo più d’un Anno e mezzo, che mai veniva con l’altri ma mangiato subito si ritirava in Camera.

Subito che il P.Stefano intese l’elettione del P.Gio:Stefano molto si rallegrò, e li mandò a visitare dicendoli, che voleva venir di persona a far quest’ufficio, mà non s’era risicato per non haver qualche affronto da quell’insolenti che erano in Casa, mà con il tempo l’haveria fatto di persona, sapendo quanto l’haveva amato da quando erano giovanetti, che quasi erano contemporanei, e che non stasse attento alle chiacchere di tutti, che facilmente l’haveriano inquietato il governo.

275.Molto gradì la visita il P.Gio:Stefano pensando che con la domestichezza si poteva aggiustar qualche cosa, le disse che lo ringratiava dell’ufficio, e che lui medesimo voleva andar a vederlo, mà per non dar gelosia a nessuno non lo faceva, et haveria caro saper qualche notitia dell’interessi di Casa perche non si trovava nessun libro di conti, et ogni giorno si scoprivano debiti nuovi, tutti eran sprovisti d’ogni cosa ne sapeva dove mettere le mani per rimediare alle necessità comune, che almeno li mandasse qualche notitia per sapere come si potesse regolare, con questo spicciò il messo il quale se ne tornò molto contento.

Si rallegrò il P.Stefano della risposta havuta dal P.Gio:Stefano, et andava pensando di trovar occasione di poterli parlare, mà perche sempre sentiva borbuttare che non andasse a S.Pantaleo, che al sicuro l’haveriano buttato dalle fenestre quelli che non havevano perdere.

276.La prima cosa che fece il P.Gio:Stefano per rimettere in piedi la Casa, e pagar i debiti, fece prima una Congregatione secreta avanti il P.Generale, P.Pietro, e P.Castiglia Assistenti già privati e propose come si poteva fare per dar principio a trovar denari, e che fusse cosa riuscibile, e ferma per sempre poiche haveva havuta la lista di debiti, le limosine non correvano per haver perso il Credito appresso i Benefattori, e li cercanti tornavano da fuora sempre mortificati perche alcuni li dicono, che siamo distrutti dal Papa, et ancora andate cercando elemosine; e questa è quella pena che più mi fà dissanimare, tanto più che non vi sono Cercanti approposito, e Dio sà se son fedeli. Ho pensato che dove sono le scuole nuove al vicolo della Cuccagna farvi delle Boteghe, che s’affittariano di buon prezzo. E ridar le scuole in Casa come erano prima, e si potria far una entrata di 400 scudi Annui, e cossì s’andaria levando qualche debito, e mantener la Casa con decoro, mà vi vorrà di spesa da 300 scudi, questo è quello che si potria fare che si vedesse come si potria trovar questo danaro, che tutte le altre cose poco a poco s’andariano aggiustando, che con l’assistenza del P.Pietro, e del P.Castiglia nelli Confessionarii in Chiesa potevano far grande aiuto.
277.Piacquero assai le propositioni al P.Generale et alli due altri Padri, e quanto al trovar li 300 scudi disse il P.Pietro che l’haveria cercati al Sr.Stefano Pallavicino, suo Penitente, che haveva speranza che l’haveria dati, e fù concluso che il P.Gio:Stefano ne facesse prima una Congregatione con tutti di Casa acciò sappino il tutto, e non si lamentino che si faccino le cose senza loro, e tanto il P.Generale quanto il P.Pietro e P.Castiglia haveriano seguitato il suo parere e che con questo l’altri sariano concorsi, e fratanto il P.Pietro haveria parlato al Sr.Stefano Pallavicino per haver li 300 scudi.
278.La matina seguente andò il Sr.Stefano a confessarsi come faceva ogni matina, et il P.Pietro li cercò il danaro in presto per un Anno, che l’haveria restituito subito che l’haveria perche volevano far le boteghe al vicolo.

Promise il Sr.Stefano il danaro mà sempre andava procrastinando, che non si vedeva mai finire, e cossì si lasciò questa prattica.

Il quel tempo partì da Napoli una Donna chiamata Lucia Saliga la quale era stata Madre di latte o Nutrice della buona memoria del Cardinal Boncompagno Arcivescovo di Napoli morto pochi Anni prima, questa era spiritata et in Napoli era stata Penitente del P.Pietro, la quale andò in Roma apposta a trovarlo non havendo mai trovato persona approposito a consolarla, e conoscere il suo male come il detto P.Pietro (che in queste cose di spiritati haveva il dono di Dio, come è noto a tutto il mondo, et in particolare alla Città di Napoli). Questa Donna era vestita dell’habito di S.Francesco, et era una gran Serva di Dio, et l’ho esperimentata da quindici e più Anni nello Spirito, e sempre faceva oratione, e li spiriti di quando in quando li davano fastidio, ma non la tormentavano quando si voleva confessare e Comunicare, che faceva almeno tre volte la settimana.

279.Mi conferì una volta, che il Cardinal Boncompagno fece diligenze gradissime per farla guarire e che fù risposto, che Dio si voleva servir di quella Creatura per maggior gloria sua e cossì la lasciò stare senza tormentarla più perche con un minimo cenno obbedivano al P.Pietro.

Giunta questa Donna in Roma cioè Lucia Saliga subito la matina se n’andò a S.Pantaleo, e fatto chiamar il P.Pietro della Natività dellaVergine, venne abbasso e quando vidde tutta si rallegrò dicendoli: Padre mio son venutta apposta da Napoli a trovarla per vivere e morire sotto la sua ubbedienza. Io non ho bisogno in questo mondo di cosa nessuna perche il Sr.Cardinale m’ha lasciato tanto che possa vivere con una serva e servidore, come mi piace, e se havessino un Canto vicino alla vostra Chiesa ne vivrei felice in questo poco di tempo che mi resta di vita, che quanto ho tutto è vostro, qui in Roma ho de luoghi de Monti, et in Napoli 200 scudi, che stanno a mio piacere.

280.Fu lunga la conferenza soggiungendo di più, che nel Testamento del Cardinale comanda al Duca di Sora, suo fratello, che li fusse dato il vitto e quanto li bisognava tutto il tempo della sua vita, dove era stata doppo la morte del Cardinale con ogni comodità, come veramente sempre l’haveva trattata, mà per attendere solo all’Anima sua haveva lasciato il tutto per venir a vivere sotto l’ombra sua.

Il P.Pietro in poche parole li disse, che haveva caro haverla veduta et in quanto volere vivere sotto la sua ubbideinza, l’haveria fatto più che volentieri, e quanto alla Casa haveria trattato con i Padri di Casa se si contentavano darli quella attaccatta alla Chiesa, dove erano due stanze sopra con un mezzanino e soffitta da tener Robbe et abbasso una stanza con la Cantina, che tornasse la matina per la risposta.

Subito il P.Pietro andò dal P.Generale, e fatto chiamar il P:Gio:Stefano li disse, che Dio già haveva provisto del danaro necessario per accomodar le scuole e farvi le boteghe come havevano stabilito, perche da Napoli era venuta una Donna chiamata Sora Lucia antica sua penitente, Donna di tempo, la quale haveva danari et offeriva quanto haveva purche se li dasse l’habitatione, et haveva pensato, che quelle due stanze, che stavano vicino al coro fussero approposito, che vedesse quel che li pareva conveniente acciò se li dia la resolutione, che saria tornata la matina seguente, e che saria bene lo parlasse il P.Generale con il P.Gio:Stefano prima di comunicar questo negotio con l’altri di casa.

281.Piacque la proposta al P.Generale et al P.Gio:Stefano, mà il P.Castiglia ne haveva qualche difficoltà a tener Donne vicine et incorporate alla nostra Casa, ma con raggioni evidenti fù superata la difficultà, e fù concluso che quando sor Lucia tornasse la matina, li parlassero tutti quattro assiemi e concludessero il tutto.

Venuta la matina Sor Lucia fece chiamar il P.Pietro, il quale avisò l’altri Padri che l’haveria fatti chiamare, quando haveria appuntato con Sor Lucia, che già era venuta, di quel che s’haveva da concludere

Quando Sor Lucia vidde il P.Pietro li disse: Padre mio, questa notte questi benedetti spiriti non m’hanno fatta riposare rinfacciandomi, che l’ho condotti dal loro Inimico, e la mia Serva m’ha detto male cose che dicevano a lei che procurasse che tornassimo a Napoli dove stariamo bene e non haveriamo bisogno della pagnotta de frati, che ci haveriano fatto stentare. Ma Io quel che ho proposto è già stabilito. Io voglio vivere e morire in questa vostra Casa ancor che sapessi non haver da mangiare.

282.Più volte questi spiriti m’hanno posto in capo di partirmi da Napoli perche mi faceva la Charità il P.Roberto de Robertis, huomo veramente santo, et hora, che ho trovato V.P. non vorriano che stasse in Roma, già ho stabilito, e qui voglio morire piacendo cossì a Dio,che mi ha condotta dove Io desideravo.

La consolò il P.Pietro quanto potè e venuto al negotiare per stabilire il tutto li disse che voleva,che parlasse con il P.Generale et il Superiore della Casa acciò meglio si concluda presto.

A questo si muttò alquanto Sor Lucia, vedendo il P.Pietro la mutatione comandò alli spiriti che non dassero fastidio alla Creatura perche cossì comandava Dio, che molto bene lo conoscevano.

Ubidirono li spiriti e fatto chiamare il P.Generale con l’altri Padri la modesta Donna si mise inginocchioni pregandoli che non la scacciassero et accettassero quel che haveva proposto al P.Pietro, suo antico Padre spirituale.
283.Cominciarono a discorrere e fatteli molte difficultà dal P.Generale per vedere se stava salda alle proposte,sempre li rispondeva: Io ho da vivere comodamente con la mia serva, mà per star più sicura, vorrei star in questa Casa, piangere i miei peccati, haver chi mi consiliarà nelle mie tribulationi, e mangiar la broda che avanzi ai Padri, che quel che Io ho è tutto vostro, ne faremo una publica scrittura, e da questo punto li rinuncio il tutto perche questa è la mia voluntà.

Vedendola cossì risoluta il P.Generale li rispose che lui non voleva la Robba di nessuno e quanto alla Casa l’haveria fatta dare da mangiare e bere quello che hanno li Padri, con la serva sempre l’haveria havuto e portato sino in Casa si la matina come la sera,che solo dasse 300 scudi, che servono per accomododar alcune cose di Casa, del resto non voleva altro.Li rispose Sora Lucia: Padre vi sono 200 scudi in Napoli di contanti, che li tiene D.Ruberto de Rubertis in custodia, altri cento scudi ho Io di contanti, e vi sono anche 12 luoghi di Monti che si possono vendere e servirsi del danaro, che Io non voglio altro.

284.Li rispose che li luoghi de Monti le tenesse per se per qualche bisogno che solo bastavano li 300 scudi, e che fra quattro giorni si saria accomodata la Casa, e Murata la porta che andava dal coro, et aperta quella della strada, e con questo restarono d’accordo senza far altra scrittura s’agiustò il tutto, e restò contenta di quanto haveva detto il P.Generale con l’altri Padri.

Doppo pranzo furono chiamati tutti Padri e fratelli, e comunicarono quanto s’era trattato, tutti si contentarono senza che nessuno replicasse una parola, e cossì diede Sor Lucia li 300 scudi, e subito si diede principio alla fabrica, et accomodate sei boteghe con dispensa, cantina, mezzanini, et a due vi nacquero due stanze con le Cucine et altre Comodità per li mercanti che li dovevano pigliar, sicche non fù fatta la fabrica, che subito furon appiggionate et accomodate le scuole capaci per li scuolari quanto bisognava e cossì si cominciò a rispirare

285.Fu assignato un fratello,che tanto la matina come la sera portasse da mangiar a Sora Lucia, et ordinato al fratel Francesco Coco che la trattasse con ogni Carità e la sera li mandasse la parte sua prima dell’Ave Maria. All’incontro Sora Lucia fece scrivere una lettera al Sr . (in bianco) in Napoli che consegnasse per poliza di cambio li duecento scudi per Roma al P.Gio:Carlo di S.Barbara delle Scuole Pie, e perche non giunse la lettera a tempo il P.Generale scrisse al P.Gio:Carlo di questo tenore come segue sotto li 23 Giugno 1646
286.Al P.Gio:Carlo di S.Barbare nelle ScuolePie. Napoli. Pax xpti.
Ho caro che V. R. sia stata eletta per Procuratore della Casa percioché essercitarà l’officio con ogni diligenza e fedeltà massime havendo per compagno il Sig. Palma prattico in simili cose. Haveria caro sapere come si porta l’Em.mo Cardinale et il suo Vicario con li nostri Padri, essendovi tra questi nostri tanti diversi pareri, mostrando alcuni poco affetto all’Istituto cavando Brevi per ritornarsene al secolo. Vorrei che tra tutti li nostri vi fussero tanti ben affetti all’Istituto che mantenessero le scuole e l’osservanza per utilità de scolari. V. R. mi risponderà a questa, secondo che gli parerà esser vera la relatione che mi darà.
Quanto alli 200 scudi, quanto prima si manderanno tanto più saranno a proposito. Qui non ci occorre altro di nuovo di che poterla avvisare. Il Signore ci benedica tutti.Amen. Roma adì 23 giugno 1646. Servo nel Signore Giuseppe della Madre di Dio
287.Fù fatta la poliza di cambio e subito fu mandata dal medesimo D.Ruberto de Rubertis alla medesima Sor Lucia, con la quale mentre vissero sempre passavano tra di loro lettere di Conferenze Spirituali, la Bontà di questo Servo di Dio fu nota a tutta questa Città di Napoli, che da medico eccellente diventò voluntario Anacoreta, e visse molti Anni con esempio mirabile in tal maniera, che molti dotti huomini di questa andavano a pigliar i suoi Consegli.

Havuta la poliza Sor Lucia la consegnò al P.Pietro e restò perfettionata la fabrica; estabilita l’entrata di 400 scudi in circa alla Casa de S.Pantaleo.

Attendeva Sor Lucia con quel spirito, che Dio li comunicava e fatte le sue solite orationi, che non mancavano mai, attendeva a lavorare e far provisiò di biancheria

288.Molte Signore che venivano alla nostra Chiesa di S.Pantaleo, dove Io ero Sacrestano maiiore cercavano d’havere in qualche corrispondenza spirituale vedendola cossì devota, la domandavano s’haveva bisogno di qualche cosa, e lei li rispondeva non haver bisogno nessuno essendo provista da suoi Padri di quanto haveva bisogno, mà se volevano far qualche bene, lo facessero alla sacrestia, che ne teneva estrema necessità, non havendo biancheria, e con questo chi li portava filato, e chi tela, et andava provedendo di quato Io li domandavo, sicche in pochi Anni si provedè abbastanza di quanto vi era di bisogno.

Un giorno mi stiede tanto appresso che voleva far il suo testamento e voleva lasciar conforme li dettavo Io, li dissi che non penò che dirmi, che facesse pure quel che li pareva che Io l’haveria scritto quanto indicava. Alla fine tanto mi pregò che li dissi che mentre era tanto devota del Sant.mo Sacramento facesse per l’oglio della lampada, che di continuo era accesa innanzi al Signore, che saria di grandissimo sollievo alla Chiesa e di grandissimo merito appresso S.D.M. et l’altre cose li lasciasse alla serva, et a chi li pareva.

289.Portò questa carta scritta al P.Diana Teatino, il quale le disse che non poteva far meglio, e li PP. delle Scuole Pie si vedeva non esser interessati, e con questa consulta mi prese tanto affetto, che non faceva cosa, che non mi communicasse.

Alli 18 d’ottobre 1647 morì il P.Pietro suo Confessore, e questo li trapassò l’Anima non sapendo chi pigliare per guidar l’Anima sua, perché il P.Generale era assai vecchio et il P.Castiglia molto occupato nelle confessioni non poteva darli quella satisfattione che voleva, altri Padri l’andavano attorno, ma perché non erano secondo il suo genio non le volse dar orecchi, alla fine si consultò con il P.Castiglia Superiore, chi poteva pigliar per Confessore, che non era tanto occupato. Li disse che prendesse il P.Arcangelo della Madre di Dio, Sacerdote di gran bontà, che l’haveria data ogni satisfatione, questo accettò e questo la governò nello spirito mentre visse. Morì questa Serva di Dio nel mese di Maggio l’anno 1659 mentre si faceva il Capitolo Generale, che fù eletto il P.Camillo di S.Girolamo

290.Fece il suo testamento di nuovo, e lasciò otto o dieci luoghi di Monti alla nostra Infermeria con tutta la biancheria, casse, quadri, et baguli, et altri utensilii di Casa con un legato di cinquanta scudi al suo Procuratore, et un’altro di 25 scudi alla sua serva con il suo letto, vestiti, et altra biancheria di Donna con tutte le cose che servino per suo uso. Fù questa Donna di grandissimo esempio, fù pianta da molte Signore sue conoscenti che domandarono per loro divotione delle cose sue, fù sepellita alla Chiesa di S.Pantaleo alla Cappella del Crocifisso al corno dell’epistola.
291.Non mancò mai il P.Stefano dell’Angeli a far pregar il P.Gio:Stefano Superiore, che li voleva parlare di cose importanti, solo per insinuarsi a venir alla casa di S.Pantaleo, che mai la poteva visitare, alla fine vinto il P.Gio:Stefano dalle preghiere li fece dire che andasse la matina e l’aspettasse dentro il Cortile del Palazzo del Marchese de Torres, che ivi si sarebbero abboccati assiemi e l’haveria data satisfatione. Venuta l’ora appuntata andò il P.Gio:Stefano dal P.Generale, e li disse che il P.Stefano più e più volte l’haveva fatto per amor di Dio, che li voleva parlare e che lo stava aspettando ivi vicino. Li rispose il Padre che andasse e vedesse se poteva agiustar qualche cosa in beneficio della Religione, e benche lui haveva perso il credito con tutto ciò poteva assai con Mons.Assessore , e vedendo quel che apportava per haver al meno qualche cosa acciò non escano tanti sugetti saria cosa buona.
Promise il P.Gio:Stefano di far quanto poteva, e dalle sue proposte haveria visto quel che si poteva trattare.
292.Andò il P.Gio:Stefano con il suo Compagno, e trovato il P. Stefano solo cominciarono a discorrere dell’andamento del Breve , che mai saria uscito e per l’importunità del fratel Luca con andar dal Papa con tante persone ha caggionato questo danno, et ancor che fusse letta la minuta del Breve tampoco si saria fatto stampare, ma s’andava passando et aspettando il tempo opportuno, mà tanto importuno insistere da parte di tutti che volevano il Breve per vedere come si restava, che si risolvè mandarlo fuora e farlo stampare, per hora era necessario haver patienza, che poi poco a poco saria veduto quel che si doveva fare. Ma approssimandosi la festa di S.Pantaleo voleva venir alla festa per non parere che assolutamente havesse havuto l’esilio da quella Casa.
293.Comprese subito il P.Gio:Stefano il desiderio del P.Stefano e li rispose, che il suo nome era a tutti odioso e non li pareva conveniente per allora, che si proponesse, ma che s’aspettasse altro tempo più opportuno, che s’andassero smorzando le passioni, che lui l’haveria andato mellificando con ogni dolcezza et con questo si licenziò.

Accaso passarono due de nostri e viddero il P.Gio:Stefano che parlava con il P.Stefano, tornarono in Casa, e sparsero, che il P.Gio:Stefano teneva corrispondenza con quel traditore del P.Stefano, che cossì lo chiamavano.

294.Tornato a Casa il P:Gio:Stefano trovò il fratel Luca di S.Bernardo et il fratel Gio:Battista di S.Andrea, e salutateli li risposero con un saluto spropositato, dicendoli che lui teneva corrispondenza con quel traditore del P.Stefano, et tutta la Casa ne mormorava, che non volevano che nessuno li parlasse.

Il P.Gio:Stefano con prudenza li rispose che andassero sopra in Camera per farli Capaci acciò non si fusse dato qualche scandalo alli secolari, ma fece peggio, perché andati sopra cominciarono a dirlo delli spropositi, che l’havevano fatto Superiore con tanto gusto di tutti, e che lui li tradiva con haver corrispondenza con loro nemici. Non replicò il P.Gio:Stefano, ma con patienza li licenziò con buone parole e promesse, che mai più l’haveria parlato, ne ricevere da lui qualsivoglia imbasciata, et haveria osservato quanto li diceva, che si quietassero per amor di Dio ne si facessero vincere dalle passioni, che a tutto saria rimediato e con questo si li levò d’attorno acciò non succedesse peggio.

295.Non si quietarono qui mà andarono dal P.Generale a dirli, che il P.Gio:Stefano li tradiva con haver corrispondenza con il P.Stefano, e quello che non haveva potuto farli quello forse pensa farli lui mentre piglia il suo conseglio e sono stati assiemi più di tre ore a discorrere nel cortile del Palazzo del Marchese Torres.

Li rispose il P.Generale, che si dassero pace, e quietassero perché facevano giuditio temerario, non vi era cosa nessuna perche il P.Gio:Stefano l’haveva mandato per fine buono e no per altro, per amor di Dio quietatevi e non fate più strepito, e con questo partirono, l’altri facevano il peggio tra di loro massime quelli che il P.Gio:Stefano haveva mortificati.

Il P.Generale mandò il P.Castiglia a parlar al P.Gio:Stefano che havesse patienza, e non guardasse alle passioni spropositate di quei fratelli.

Li rispose il P.Gio:Stefano, che dicesse al P.Generale che l’aiutasse con l’oratione acciò S.D.M. ne cavasse la maggior gloria sua, e che facesse il medesimo il P.Castiglia, che poi saria stato dal P.Generale a discorrer assieme.

296.Il giorno il P.Gio:Stefano andò dal P.Generale, li disse quanto haveva discorso con il P.Stefano, e non haveva potuto altro cavarli da bocca, che voleva venir alla festa di S.Pantaleo, et haveva risposto che non dipendeva da lui solo mà da tutti, i quali erano si arrabbiati che non potevano sentirlo nominare. Io penso ritirarmi un poco a fare l’esercitii spirituali a Moricone; fratanto V.P. facci oratione per me, e fratanto potrà supplire il P.Castiglia.

Il Padre li rispose, per amor di Dio non faccia, habbia patienza un altro poco perché Iddio si voleva servir di lui, che già haveva dato sesto alla Casa, e non guardasse alli spropositi di quei fratelli, che si facevano tentar dal nostro comune Nemico che sempre ha cercato d’inquietarci, e con questo il P.Gio:Stefano si ritirò in Camera. Si pose a scrivere un biglietto al Sr.Cardinal Ginetti, dicendoli, che doveva andar a far li esercitii spirituali in una casa vicina e che in luogo suo lasciava il P.Castiglia, la matina a bon’hora disse la messa, diede il biglietto al P.Castiglia senza dirli altro che mandasse secretamente il Biglietto al Cardinale, e se lo portava lui faria meglio perche era cosa che importava, e non si poteva fidar di nessuno perche facilmente pigliavano qualche suspetto per le cose successe ieri.

297.Prese il Biglietto il P.Castiglia promettendo portarlo lui medesimo.

Il P.Gio:Stefano preso un Compagno si fece accompagnare al Corso, e postosi in Carrozza con pensiero d’andar alla Madonna di Loreto e da indi ritirarsi a Genova a finir la vita alla sua Patria, dove l’haveva chiamato il Sig.Francesco Maria Spinola suo fratello, che andasse in ogni maniera perche la signora Bianca Maria, sua sorella stava male, ( e suo Padre stava cadente, era bene prima di morire lo vedesse) e prima di morire lo voleva vedere, e perciò fece questo viaggio all’impensata senza comunicar altro a nessuno. Gionto a Narni la matina seguente andò alla nostra Casa a dir messa, e visto da Padri stupiti della novità, li disse che era partito da Roma, e pensava passar alla Madonna di Loreto e poi passar a Genova perche sua sorella stava male e l’haveva fatto pregar prima di morire che lo voleva vedere, e questa era la caggione del suo viaggio, e detta la messa se si contentavano voleva seguitar il suo camino, fratanto che diceva la messa il P.Carlo di S.Domenico, Ministro della casa, con il P.Glicerio pagarono il Cocchiero dicendoli che se n’andasse pur via perche il Padre non poteva seguitar più il viaggio, che restava con loro a Narni. Partí la Carozza, senza che il P.Gio:Stefano sapesse nulla, e finita la messa cerca la Carozza, e non la vede, mà li fù detto da Padri, che già era partita, e pagatoli il viaggio, che volevano in ogni maniera stasse un poco di giorni con loro, li consolasse e li dicesse il stato della Religione e come stavano a S.Pantaleo, che con tutta la vicinanza di Roma, mai havevano potuto sapere la verità, poiche quelli che erano passati per diverse parti nessuno li diceva la verità, e loro stavano sospesi.

298.Si lasciò tanto persuadere da quei Padri, che restò a Narni per pochi giorni. Subito i Padri andarono dal Vescovo pregandolo, che facesse chiamar il P.Gio:Stefano e lo pregasse che si trattenesse ivi essendo persona di spirito e di lettere, e bontà di vita, subito il Vescovo andò lui medesimo lo visitò e li cercò in gratia che confessasse le monache del Monasterio di S.Bernardo, il quale pensava farlo dismettere et unir le Monache con quelle del Monasterio di S.Giovanni perche non potevano vivere per haver fatti molti debiti, che cercasse di contentarle, che consentano ad andar all’altro Monastero, che di già n’haveva scritto alla Sede Apostolica per la licenza e questa era una grand’opera di Carità, e che l’abbraciasse.

Accettò il P.Gio:Stefano d’andar alle Monache di S.Bernardo a visitarle, che li dasse in scritto quel che voleva che trattasse, che voluntieri per pochi giorni l’haveria finita quell’impresa sperando al Signore che l’haveria dato buon esito.

299.Tornato a casa Mons.Vescovo fa regalare il P.Gio:Stefano, e mandò il suo Vicario Generale alle Monache di S.Bernardo a dir alla Badessa che era capitato il P.Spinola delle Scuole Pie molto bene da loro conosciuto, haveva pensato darlo per loro Confessore estraordinario acciò le consolasse e provedesse nelle cose spirituali, che n’havevano molto bisogno.

Si rallegrò la Madre Badessa a questa nuova, dicendoli che la maggior gratia, che Monsignore li poteva concedere era questa, sapendo la bontà e spirito del Padre che venisse pure, che lo stavano aspettando quanto prima, ma che non li trattasse che entrassero ad altro Monasterio, che ivi volevano morire o nuovamente andarse alle Case loro, che a questo tutte erano risolute. Il Vicario li disse che stassero di buon cuore, che la prudenza di questo Padre haveria dato rimedio al tutto, che alargassero pur il Cuore con lui, e cercassero lasciar tante conversationi dalle grate, che tutto seria caminato bene perche questo Padre era molto delicato nell’osservanza

300.La Madre Abbadessa fece sonar a Capitolo delle Monache e conferito quanto l’haveva detto il Vicario restarono tutte sommamente contente, e satisfatte.

Fece chiamar il Cavalier Eroli fratello della Badessa che andasse da sua parte a visitar il P.Spinola e li dicesse che tutte le Monache lo salutavano e l’aspettavano la matina seguente a dirli la Messa, che di già havevano havuta licenza da Mons. Vescovo, e che non manca di venir a consolare

Notas