CaputiNotizie03/01-50

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[01-50]

[Nel documento originale, da qui il testo è tutto a una colonna]

Principio del Tomo Terzo cominciato in Napoli nella Casa della Duchesca il primo Gennaro l’Anno del Signore 1673, come havevo promesso al M.R.fra Egidio di Marigliano Minor Osservante nel Convento Reale di S.Silvia della Nove di questa fideliss.ma Città di Napoli. (nota al margine. N.d.R.)

pº Era gia stabilita la nostra Religione e corsa la voce p tutta l’Europa della pietà e timor di Dio, che dal fonte del P.Gioseppe della Madre di Dio, fundatore, si sentiva l’odore di soavità delle sue virtù, che insegnava ai Poveri fanciulli per amor de Giesù Christo, andava inbevendo non solo li rudimenti della santa Fede, e Dottrina Christiana, ma per più allettarli li cominciò ad imparar leggere, scriver et Abbaco con darli anco carta, penne, inchiostro, libretti p Carità alli figlioli, che non havevano da provedersi per la loro miseria, li provedeva ancora di Corone, medaglie et a quelli che sapevano ben leggere dava libri spirituali et ufficii della Beati.ma Vergine, nell’auspicii della quale haveva poste le sue speranze, che sotto la sua Prote.ne haveva fundata la pma.Cong.ne volendo, che tutti i suoi figlioli si dedicassero totalmente sotto il manto della Regina del Cielo, volendo che si chiamassero Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie, p denotare, che sempre stassero sotto la sua protettione, e p far vedere l’origine e fondamento da dove nacquero i motivi p fundare questa pia Opera. È cosa degna di memoria il saperlo con la seguente visione, che hebbe mentre era Vicario Generale del Vescovo d’Urgel nel Regno d’Aragona, come lui stesso più volte raccontò a me medesimo, che sempre Io curioso di saper qualche cosa di sua bocca l’andavo interrogando
2.Parvole una notte che fusse in Roma, e predicava ad una quantità di fanciulli, che allui parevano Angeli, e l’insegnava come dovevano vivere Christianamente, li benediceva, e poi l’accompagnava alle loro case e con lui li pareva che andavano molti Angeli e l’aiutavano ad accompagnare quei Poveri fanciulli, ma non facendo uso di qsta visione, pensava forsi che fusse un sogno fantastico. Ma la matina cominciò a considerare che quel che haveva veduto era un sproposito non havendo mai havuto pensiero d’andar a Roma.
3.Non passarono poche settimane, che si cominciò a sentir una voce interna, che li diceva Gioseppe va a Roma, va a Roma Gioseppe; li durò questa voce più di due mesi, e se mangiava, o beveva, o facesse qualsivoglia altra operatione nel suo Ufficio di Vicario Generale, che sempre internamente si sentiva dire: Giuseppe va a Roma, va a Roma Giuseppe. Un giorno cominciò a considerare: che cosa ho Io da far a Roma, dicendo fra se stesso, che Io non pretendo cosa nessuna, che p forza stò in questo ufficio di Vicario; e voleva levarsi dalla questa interna voce, mà più l’accendeva il Cuore questo pensiero, che sempre li pareva che lo spronasse se n’andasse a Roma.
Lo combatté questa interna voce più di sei mesi, la quale mai volse comunicar a chisisia. Onde p questa voce interna diede in una malinconia che sempre lo combatteva, dicendoli che andasse a Roma.
4. Un giorno mentre che stava a tavola con Mons.Vescovo d’Urgel s’andava vincendo et sforzando per non parer melinconico, ma accorgendosi il Vescovo, che non haveva la sua giovalità et allegrezza naturale lo cominciò ad interrogare che da un tempo in quà non lo vedeva allegro come prima e ne voleva saper la Cagione, se li mancasse qualsivoglia cosa acciò le fecesse provedere, e se non stasse voluntieri, pche non lo voleva vedere in questa guisa, che li dicesse pur liberamente, che era p. darli qualsivoglia satisfatione che se fosse per spirito come alcuni mi dicono, Iddio non vol esser servito con melinconia mà con allegrezza. Sfogi pure e dicami qualche cosa acciò possiamo trovar rimedio opportuno.
Li rispose: Mons.Illmo, sono combattutto da una voce interna che sempre mi dice Giuseppe va a Roma, va a Roma Giuseppe. Ho cercato di disfarla ma sempre mi tormenta e non mi lascia riposare ne notte ne giorno, e non so che si voglia dire pche Io non ho pretensione nessuna e non sò che cosa m’habbia da far a Roma, e dubito che con questa voce non mi ammalo. Quanto che servendo V.S.Illma. stia contento, sto voluntieri che quanto più sto al suo servitio più imparo, che delle sue virtù fò più capitale che di qualsivoglia cosa del Mondo, vedendomi tanto honorato contro ogni mio merito, ma solo mi tormenta questa interna chiamata, che me ne vadi a Roma.
5.Rise il Vescovo dicendoli, che questa forsi sarà qualche apprensione d’haver qualche Carica maggiore o qualche beneficio ecclesiastico et a me non manca modo di provedere, ne scriverò al Re, che già (conosce)le sue qualità che ne le corse la voce all’orecchie quando vi adopraste ad agiustar quel negotio delle differenze di quei Cavalieri di Barcellona, che fù fatto con tanta prudenza che si sparse la voce p tutta la Spagna.
Questo caso è raccontato nella sua Vita dal P.Pietro della Nuntiata, e però non mi par bene dirlo in questo luogo ma lo riserbo in altro tempo.
6.Li rispose il Vicario, che non era altrimente apprensione ma voce interna e pche non l’haveva mai voluto dar orecchio l’haveva cagionata quella melinconia. Quanto poi che a apprensione d’andar a Roma p. haver Carica Maggiore, non ho havuto mai questo fine, ne mi curo d’haver qualsivoglia officio o dignità che sisia, pche non mi conosco habile di nessuna cosa. Quanto al Scrivere al Re N.Sre non lo facci in nessuna maniera pche non son huomo tale che possi esser honorato dalla sua Clemenza. Quanto finalmente feci con quei Sig.ri in Barcellona non fù la mia diligenza ma fù il fondamento di far semplicemente l’hubidienza di V.S.Illma e le sue salde orationi fecero riuscir il tutto a maggior gloria di Dio p. quiete e pace di quei Sig.ri.
Lo pregò il Vescovo non si facesse gabbare pche alle volte il Demoº si veste d’Angelo di luce p. ingannare chi comincia a servir di cuore Iddio, ma vedesse in ogni maniera di scacciar da se questo pensiero e star allegramente e tirar avanti la cominciata carriera pche chi va a Roma è facile a mutar costumi e vivere, pche l’occasioni son prossime e le compagnie prave che inducono l’huomini a qualche libertà irremediabile, e se bene V.R. è dedito al bene operare e divotioni con tutto ciò sempre si deve temere.
7.Io son vecchio e non saprei a chi confidar questo ufficio, che mi levate le maggiori fatighe e confido alla vostra diligenza e pietà con i Poveri. Facciamone oratione p. veder quel che vuole Iddio, e poi facci pure quel che le più inspirerà.
Parve che D.Giuseppe in queste persuasioni si rallegrasse un poco, ma non p. questo lo lasciava quell’interna voce che li diceva che andasse a Roma, che durò quasi un Anno. Alla fine fatta oratione, e raccomandandosi al Sig.re, alla Beata Vergine, a S.Giuseppe, et a S.Teresa sua particolar Avocata, fece risolutione di domandare licenza al Vescovo, ma non li bastava l’animo a lasciarlo.
8.Ma pche li pareva che quell’interna voce d’andar a Roma più che mai lo sforzasse, si risolvè con buona occasione dirli che si provedesse d’un altro Vicario pche già era risoluto d’andar a Peralta sua Patria, e star ivi alcuni giorni ad agiustar le sue cose, e stabilir qualche fatto a beneficio de Poveri, e poi andarsene a Roma, giache Dio lo chiamava, p. veder in che poteva impiegarsi p suo amore, che non haveva altro fine.
Restò molto sconsolato il buon Prelato havendolo già visto resoluto a partire, li disse che molto li dispiaceva, mà che considerasse chi poteva pigliar in suo luogo p. Vicario, e s’havesse qualche suo conoscente l’haberia preso più che voluntieri, pche la diocesi era grande, stava ben incaminata, che prima che prenda la pratica un altro e conosca le persone vi voleva del tempo, e poi Dio sa come riesce poiche voleva persona che non sia interessata, di buon esempio, che non guardi a favori, e facci la giustizia retta come haveva fatto lui.
9. Li rispose che lo ringratiava di questa Confidenza, che l’haveva , li diria semplicemente il suo parere che p. fare un buon governo vi voleva persona esperimentata, ma forastiera, che fatalmente o p. rispetti humani dei favori, o vero p. privati interessi, per quanto lui poteva conoscere in quel tempo che haveva esercitata la Carica di Vicario Generale, era assai pericolosa a chi non era spogliato da queste cose; e pche alle volte pensano d’avanzarsi a maggior dignità quelli che caminano retti, è necessario che sia forestiero, pagarlo bene e prohibirli che non tenga appresso di se persone scandalose, che da quelli imparano i sudditi e piglia mal nome il Vescovo, che ancorche sia Santo, da dietro pure lo taccano. Mi dispiace havermi cercati questi Consegli, che Io ho havuto più bisogno d’ognaltro essere avvertito, mà guidato dal esempio di V.S.Illma ho fatto quel che ho potuto, si bene con retta intentione.
10.Mi dispiace sommamente lasciarla, che so quanto perdo in tutte le cose, mà solo la prego raccordarsi di me alle sue orazioni, a quali grandemente confido, che dovunque andarò sempre mi raccordarò de buoni documenti, che m’ha dato, dell’honor che m’ha fatto, e che con larga mano sempre m’ha somministrato più di quel che meritavo. E con queste tenere et amorose parole si misero tutti due a piangere pche uno lasciava l’altro essendosi accoppiati tutti due d’un genio.
Finita la sessione si partì tutto allegro D.Giuseppe ritirandosi nelle sue stanza si diede all’orationi, e ringratiando Dio, che l’era riuscito il bramato suo fine d’haver licenza del Vescovo, con ogni satisfattione p. eseguir quel che voleva Dio servirsi di lui con la chiamata interna che presto, in altre parole che affrettase la partenza e se n’andasse a Roma, et sempre haveva questo stimolo interno, e li pareva mill’Anni di partire.
Per la satisfa.ne grande che haveva havuta dal Vescovo li passò ogni melinconia, li venne il colore, e sempre via più giovale lo dimostrava con tutti, ma mai conferì questa sua interna chiamata con altro che con Mons.Vescovo pregandolo, che non palesasse a nessuno quanto l’haveva conferito.
11.Pensava il Vescovo di divertirlo con pigliar tempo a provedersi, et accortosi D.Giuseppe che andava procrastinando dicendoli che aspettava una risposta della Corte di Madrid dove haveva commesso che ritrovasse il suo succesore.
Et entrando in qualche sospetto scrive a Peralta, che venisse a Lerida un suo fratello cugino a chiamarlo, pche stava gravemente ammalata una sua sorella carnale che pma di morire haveva desiderio di vederlo, e con questa inve.ne prese licenza dal Vescovo d’arrivare alla Patria p. veder la sorella che stava per morire.
Dubtava il Vescovo che non tornava più, e voleva la parola che quanto pma fusse ritornato, che non haveria fatta altra provista dell’ufficio senza la sua presenza.
Li rispose ambiguo, che la sorella moriva, era necessario d’aggiustar molte cose della sua casa, e vi voleva tempo e da Peralta l’haveria scritto quanto ocorrreva, li dispiaceva di lasciarlo, mà la necessità era grande pche il fratello maggiore era alla Corte, e l’interessi di sua Casa pativano.
12.Con questo si licenziò, si pose a cavallo, e se n’andò a Peralta dove non perdè tempo, stabiliì con un Instrumento il monte fatto a Peralta come scrive il P.Pietro della Nunziata nella sua vita scritta da lui, e fra pochi giorni mandò una lettera al Vescovo di Peralta, che lo scusasse se non tornava pche già era risoluto far il viaggio di Roma, dove Dio lo chiamava, e con l’occasione della lettera mandò anco a pigliar le sue Robbe e libri che teneva a Lerida. Dispiacque molto al Vescovo e rimettendosi alla Voluntà Divina li rispose che vada felic.mo, che lui l’haveva accaro, che li scrivesse spesso, che se li dimandasse qualche cosa l’haveria proveduto di quanto bisognava, che hauria scritto ancora a Roma al suo Aggente acciò havesse qualche appoggio in quella Santa Città, poiche sapeva che non vi conosceva nessuno e veramente, che come li scriveva andava appogiato alla Providenza Divina, con tutto ciò sempre è bene conoscere alcuno nelle Città forastiere, li scrisse il nome del suo Agente, che l’andasse a trovare in ogni maniera, che forsi le saria giovato in qualche cosa.
13.Questò fù circa l’Anno 1591 (cancellato ed al margine: 1590. N.d.R), quando partì da Peralta come ricontano, che non si sà di certo.
Accomodate le cose in Peralta sua patria, presago di non tornarvi più, come si legge nella sua vita scritta dal P.Pietro della Nunziata, partì p. la volta di Roma. Fratanto il Vescovo d’Urgel che tanto l’amava, scrise al suo Agente in Roma avisandolo ch’era partito p. quella volta D.Gioseppe Calasantio Aragonese Nobil.mo, mà assai più Nobile di costumi e santità, il quale era stato suo Vicario Generale e li dispiaceva tanto haverlo lasciato, quanto la propria vita, pche ha esercitato il suo Ufficio in tal maniera che li levava quasi tutta la fatica, ha fatta la giustitia in tal maniera che quelli che faceva castigare li restavano Amici. Non ha preso mai niente da nessuno, anzi faceva molte elemosine, e secrete e publiche, che quando fù partito improvisamente i Poveri lo piangevano.
14.Dove è stato ha fondato molte opere pie con fondar monti di grano, come p. maritar zitelle orfane e povere, ch’era il refugio di tutti. Me è scampato dalle mani come Dio sa pche questa è la sua voluntà, e spero al partir dalla patria, che si porti talmente in Roma, che rilucano le sue virtù come ha fatto in Spagna, che ha accommodate cose difficil.me con la sua prudenza, che non era bastato l’Animo alle prime teste del Regno d’Aragona, e lui con la sola presenza agiustò il tutto con scambievolezza e consenso delle parti, che già erano in Campagna con gente armata d’ambe le parti p.uccidersi e lui seppe trattar in maniera tale che non solo sedò il rumore, ma li congiunse in pari matrimonii di Nobiltà.
15.Lui è humilissimo, et assai vergognoso, che sentendo una parola sconcia o chiamar il Demonio arrossisce e subito si parte p. non sentir cose, che non stano bene. Non so se la verrà a trovare, ma facci la diligenza, lo trovi e s’ha bisogno di qualsivoglia cosa, o Danaro, gli dia quel che bisogna, che Io tutto lo remetterò, e lo stimi come se fusse la mia propria persona. Queste o simili parole scrisse il Vescovo d’Urgel al suo Agente a Roma.
Un giorno quest’Agente andò dal Cardinale Marco Ant.Colonna /Marco Antonio Colonna Cardle creato da Pio IV l’an.1565 a 12 di Marzo morì in Zagarola a 13 di Maggio 1597, sepolto nella Chiesa de frati Minori.. Nota al margine. N.d.R./ p. alcuni suoi affari, e tra il discorso il Cardinale le disse che haveria bisogno d’un huomo p. Auditore, mà che sia huomo da bene, et incorrotto, che se ne potesse fidare nelle cose secrete delle Congregationi et altre facende più intime di Casa. L’Agente li rispose che s’aspettava dal Spagna un Nobile Aragonese, il quale è stato Vicario Generale del Vescovo di Urgel, che lo piange per la sua partenza, e cavatisi la lettera del Vescovo di saccoccia, la fece leggere al Cardinale, e restarono d’accordo che si facessero le diligenze quando venisse, che lo voleva vedere e mentre ha queste qualità sarà al mio proposito.
16. Subito l’agente se n’andò alla Madonna di Monserrato dove capitano l’Aragonesi, parlò con il sagrestano, che li facesse favore far diligenza se fusse capitato o capitasse un Prete Aragonese chiamato D.Giuseppe Calasantio, il quale è di Peralta de la Sal, et è stato Vicario Generale del Vescovo d’Urgel, che trovandosi l’avisasse per cose importantissime. Li rispose il sagrestano, che lui era della Diocesi d’Urgele, l’haveva sentito nominare et era un gran Servo di Dio, e questi Sig.ri Calasantii hanno qui un sepolcro con una inscrizzione che sta avanti la porta della Chiesa d’un tal Beltrando Calasanzio /Antonio Calasantio sepolto in Roma. Nota al margine. N.d.R./ che fù Cubiculario d’un Papa, et ha lasciato in questa tre messe la settimana, e questa matina se ne fà l’Anniversario, che non puol fare che non capiti qui.,o vero cercarà qualche Paesano, che si saprà subito quando viene, e ne le darò subito l’aviso.
17.L’Agente soleva passar sempre da Monserrato pche stava di Casa a strada Giulia et ogni matina entrava in Chiesa a sentir Messa, e domandava s’havessero qualche nuova del Calasantio.
Doppo alcune settimane giunse D.Giuseppe Calasanzio in Roma, il quale cominciò a visitare i Santuarii di quella Città, et ogni giorno andava alle sette Chiese non curandosi di trovar ne l’Agente del Vescovo d’Urgel ne i Paesani, ma solo se n’andava facendo le sue devotioni e diceva la Messa hora in una Chiesa, et hora in un altra.
Accaso una mattina fù visto da un suo Paesano e chiamatolo p. nome lo riconobbe, e fatte le sue cerimonie, lo dimandò quanto tempo ch’era arrivato in Roma, perche lo voleva vedere il Sacrestano della Chiesa di Monserrato il quale è della Diocesi d’Urgel et haveva accaro di vederlo havendo havuto nuova che era p. viaggio.
18.Li rispose che erano pochi giorni ch’era venuto, che stava in una Camera locanda alla Piazza di Spagna, e come poteva esser questo, che sapesse il Sacrestano, che era p. viaggio, che Io non ho mai parlato con nessuno, ma dimani l’andarò a trovare, e vi dirò la Messa pche in quella Chiesa vi sono l’ossa de miei antenati.
Si licenziarono, e seguitò il suo viaggio delle sette Chiese.
Subito l’aragonese andò a trovar il Sacrestano, e li diede nuova d’haver visto e parlato a D.Giuseppe Calasantio e di matina verrà per a dir la messa.
Molto si rallegrò il Sagrestano a questa nuova e fece star alla porta il medesimo, che lo conosceva acciò quando veniva l’avisasse p. farle quelle accoglienze che meritava. Venne D.Giuseppe, fù avisato il Sacrestano, fatte le cerimonie li cominciò a dimandare molte cose del Paese, come stava il Vescovo d’Urgel, et altre persone che lui conosceva.
Li rispose in poche parole, che conosceva Mons.Vescovo d’Urgel pche son stato Servidore, et altri non conosco, vorrei dir la Messa se cossì le fusse commodo, pche poi devo andare alle sette chiese.
19.Haveva già preparato il Sacrestano acciò potesse dir la messa, perche l’aspettava, le più pretiose cose che haveva nella Sacrestia, la quale è ricca appari di qualsivoglia Chiesa, fastosi paramenti da Re, e da Regina, che quando D.Giuseppe le vidde, per la sua humiltà ne restò mortificato, le disse che li dasse cose ordinarie, perche lui era un povero Prete, e non meritava tanto honore, et il Sacrestano li rispose: si vesta pure pche oltre alli suoi meriti, che lo conosceva Vicario Generale d’Urgel, lo faceva anche p. il beneficio che hanno fatto in questa Chiesa li suoi Antenati. Alla fine, doppo molti atti d’humiltà disse la Messa nell’Altare della Madonna di Monserrato, effigie molto miracolosa, e di grand.ma divotione, nella quale sparse i raggi della sua divotione, che non si satiava di mirar la santa Immagine e tutti quei boni Preti lo stavano osservando.
20.Mentre che diceva la Messa venne l’Agente del Vescovo d’Urgel, si trovò anche lui a veder i sentimenti e la devotione con che celebrava e benche andasse nascondendo le sue virtù, con tutto ciò s’accorsero, che questo era un gran Servo di Dio. La Messa la diceva più presto breve, che lunga pche pma. si preparava con dir molte orationi con far i Mementi, e poi rendeva le gratie conforme il Rito della S.Chiesa, e tutti esortava i suoi figlioli che facessero quando dicevano la Messa, acciò non siano di tedio a chi l’ascolta, mà che non fussero tanto brevi, acciò non s’ammirano quelli che l’asoltano, che non passa però la mezzora. Questi documenti sempre dava alli novelli Sacerdoti quando dovevano dir la prima, che vi voleva esser sempre presente.
Finita la Messa e rese le gratie, ringratiò il Sacrestano della cortesia e carità, che l’haveva fatto, e se voleva che ritornasse lo trattasse come l’altri Preti della Chiesa, altrimenti non vi saria più tornato, pche lui era un povero Prete, forastiero, che era venuto a Roma a far le sue devot.ni.
21.Mentre si voleva licenziare, se li fece inanzi l’Agente del Vescovo d’Urgel e le domandò quanto tempo era che era gionto in Roma, che l’haveva aspettato che l’andasse a trovare, havendo ordine dal Mons.Vescovo d’Urgel che tutto quello che havesse bisogno l’haveria provisto e non havesse difficultà pche non l’haveria fatto mancare cosa alcuna.
Li rispose: Mons.Vescovo è molto mio Padrone, sono stato e sono anco suo Servidore, lo ringratio, non ho bisogno di cosa ver’una, son pochi giorni che son venuto, et attendo a visitare i luoghi santi, e fare le mie devotioni, ringratio V.S. dell’offerte et occorrendo me ne avvalerò.
Li sogiunse, che haveva havute però lettere da Mons. circa la sua persona, e che l’ultima l’haveva vista il Cardinal Marco Antº Colonna e desiderava vederlo, e conoscerlo, e se le fusse comodo andassero assieme, che cossì l’haveva promesso quando fusse venuto.
22.Li rispose che lui non conosceva nessuno, neppure chi era il Cardinal Colonna, essendo nuovo haveva sentito qualche cosa, era la sua bontà e cortesia, che lui era un Povero Prete, che voleva far le sue devotioni, che lo scusasse, che doveva andar alle sette Chiese, che già si faceva tardi, che ancora non sapeva bene le strade che staria accompagnato con qualche altro Peregrino p. impararle, che lo scusasse p. quella giornata.
Li replicò quando li fusse comodo che fussero assieme p andar dal Cardinale, che lo stava aspettando con g.mo desiderio di conoscerlo e parlarli, che lui l’haveva promesso di menarlo seco subito che fusse venuto in Roma. Questo è un Cardinale, il p.mo et il più Nobile della Corte Romana, et è molto partiale del Vescovo d’Urgel, infine lo strinse tanto che si fece promettere che vi sariano andati il giorno seguente, con tutto che D.Giuseppe s’andava scusando che lui era spagnolo, e non haveria intesa la lingua spagnola, che non intendeva bene la lingua italiana. Li rispose che il Cardinale era stato in Spagna, parlava benissimo spagnolo, che li parlasse pure alla sua lingua, che haveria havuta ogni satisfatione, e cossì appuntarono che il giorno seguente doppo d’haver fatto le sue devotioni si trovassero alle 20 ore alla Chiesa di S.Apostoli, che ivi l’aspettava e con questo si licenziò D.Giuseppe, e se n’andò alle sette chiese.
23.Restò tanto innamorato l’Agente della modestia et humiltà ma decise parole pesanti e poche, mà di ponderatione, che addrittura se n’andò dal Cardinal Colonna, li diede nuova che il Calasantio già era venuto, haveva sentita la messa che spirava devotione, e credeva che fusse tale e più di quello che l’haveva scritto il Vescovo di Lerida. Lo volevo portar meco, mà pche è tuto dato alle devotioni è andato alle sette chiese e doppo molte difficoltà ha promesso che domani alle 20 hore ci troviamo alla Chiesa di S.Apostoli. Mi fece difficoltà che lui non intende bene la lingua italiana, che lui era necessario che parla spagnolo, e con questo lo legai, che V.E. era stato in Spagna, e parlava benissimo spagnolo, sicche lo staré aspettando e domani saremo qui assiemi piacendo a Dio.
24.S’accese tanto il Cardinal Colonna a queste parole che li pareva mill’anni a vederlo, e li disse che l’era stata intimata una Congreg.ne p. le 20 hore, ma la voleva lasciare e non andarvi p. aspettarlo, perche più l’importava parlar al Calasantio che andar alla Cong.ne. V’aspetto dimane alle 20 hore, e non fate di meno a venire poiche non mi posso fidar de miei Ministri, che n’ho havuti richiami, et Io non voglio pigliar mal nome per la giustizia, che lei sà come si tratta alla Corte Romana, e benche Io habbia buona intenzione non posso veder il tutto e mi possono ingannare.
25.Li rispose che l’haveria aspettato, e subito l’haveria menato da Sua Eza.Illma, che cossì si dava a quel tempo a Cardinali /A Cardli solam.te si dava V.S.Illma. Nota al margine. N.d.R./
Si trovarono tanto D.Giuseppe quanto l’Agente pma. delle 20 hore a S.Apostoli e fatali l’imbasciata da parte del Cardinale p. impegnarlo maggiormente li disse che lo stava aspettando con grand.mo desiderio, che già l’haveva detto che alle 20 hore sariano stati a servirlo.
Parse a D.Giuseppe una cosa affettata aspettarlo un Cardinale che non conosceva ne sapeva chi era, li pareva cosa impropria, mà guidando Dio lo lasciava guidare p. veder il fine della propositione et instanze fatteli tante volte.
Subito arrivati in Sala venne un Cavaliero e li disse il Sr.Cardinale li stava attendendo, che entrassero pure.
26.Entrati all’Anticamera fù aperta la portiera dell’Appartamento Nobile vicino all’appartamento di S.Carlo Borromeo, et usci il Cardinale. Famigliarmente cominciò a discorre in lingua spagnola, domandandoli come stava Mons.Vescovo d’Urgel, il quale era molto suo Amico, lo conosceva alla Corte di Madrid, e l’haveva in concetto d’un gran Prelato e Servo di Dio, e quanto tempo l’haveva pratticato.
Li rispose che quando partì da Lerida, che saranno da quattro mesi, stava assai bene, e quanto la bontà della vita, dottrina e modestia, è celebrato da tutta la Spagna e la Maestà del Re ne fà grand.ma stima per la pietà grande, che usa con i Poveri e fà insegnar la Dottrina Christiana a Poveri, poi le fà dell’elemosine, et alle volte tiene delli Poveri a tavola seco e li serve come se fussero la persona di Christo.
Fù lungo il discorso, ma mai li disse cose particolari, solo indifferenti, volle esser informato di tutte le cose di Spagna forsi p. vedere dal discorso quanto pesava, finalmente volse che l’informasse del modo del governo del Vescovado d’Urgel, quanto rende e che cosa si guadagna il Vicario Generale, essendo una Diocesi cossì vasta e vi sono de Prencipi grandi.
Li rispose che non sapeva quanto fruttasse il vescovato, e quanto al Vicario Generale secondo il soggetto che lo maneggia pche Mons.Vescovo lo paga bene, non li fà mancar cosa veruna, vuol persona che dependa assolutamente da lui, che vol sapere quanto si faccia, acciò la giustizia vada retta et ogni cosa vol che passa Congne. Secreta col solo voto suo e del Vicario, e quando son cose Chriminali vi entra ancora il Giudice a dar il voto e cossì le cose caminano bene.
27.Informato appieno il Cardinale e conosciuto che era molto sufficiente p. quello si voleva servire di lui, li domandò quale era la caggione dela sua venuta in Roma, poiche haveva lasciata una Carica cossì conspicua di Vicario Generale, che già sapeva come l’haveva essercitata, et il disgusto grande, che haveva havuto Mons.Vescovo di Peralta della sua Partenza et in che si voleva trattener in Roma.
Li rispose che era venuto in Roma per vivere a se medesimo et attendere all’Anima sua, pche alle volte gli honori e le cariche fanno precipitare l’Anime all’Inferno, et anco p. eseguire la voluntà di Dio che l’haveva fatto renuntiare l’ufficio con molto suo contento e satisfa.ne, in quello che penso far in Roma far le mie devotioni, e qualche opera di pietà conforme Dio me l’anderà somministrando, che questo è il mio proprio fine.
28.Dunque, li replicò, lei vol seguire la Volontà Divina in tutte le sue attioni. Cossì spero, se me ne farà la gratia. Sappiate, li replicò, che la Volontà di Dio è che veniate in Casa mia ad essercitar quante opere pie volete, che vi darò tutte le comodità possibili, farete quel che vi piace, mà solo, che alle volte conferiamo assieme le cose più importanti che m’occorrono, haverete le vostre stanze, chi vi serva, e non vi farò mancar quel che bisogna, mandaremo a dir dove state che p. questa non vi aspettino perche m’aiutarete a studiar una Causa di grand.ma importanza, la quale non posso conferire con tutti. Questo lo diceva il Cardinale p. assicurarsi maggiormente della sua dottrina, pche già l’haveva provato nelle altre cose.
29.Li rispose: Sig.Cardinale, Io sono un Povero Prete Ignorante, che è vero haver studiato, ma non ho quella esperienza che lei pensa. Ho fatto più fondamento nella Theologia, che in altre e benche habbia essercitato il Vicariato havendo p. Maestro Mons.Vescovo, e p. fuggir da queste cure et eseguir quel che vol Dio da me son venuto apposta p. non saper le cose del mondo. Mentre che havete più atteso alla Teologia, in questo vi esercitarete a vostro piacere, sarete mio Teologo e maneggiarete la mia Coscienza, che di questo ho più bisogno, e quanto che volete eseguir la voluntà di Dio, sappiate che qsta è la sua Voluntà e non voglio altro che mi guidi la Casa nelle cose spirituali et in particolare un mio Nipote. Le replicò, se Dio vol cossì sia fatta la sua Santi.ma voluntà. E cossì si piegò a restar in Casa. Li furon assegnate le stanze a mano manca quando si saglie la pma. scala che vi sono due stanze che corrispondono le fenestre alla Chiesa di S.Apostoli sopra la Cappella dove hora sta il Sant.mo Sacramento e questo le fù di g.ma consolatione p star più vicino al suo Amato Sgre. e darsi all’oratione quanto voleva.
30.Queste stanze sono nel medesimo essere e si vedono dalla Chiesa due gelosie che si vedono da tutti, et Io più volte ho visto e li Sigri Colonnesi non vi lasciano entrar se non i loro Confidenti. Hanno solo mutate le porte e fatteli di marmo, come sono quelle dell’appartamento di S.Carlo Borromeo, che sono all’incontro, e vi sono l’inscrittioni su le porte, che dicono stanze di S.Carlo Borromeo, come da tutti si vedono nel saglir la 2ª scala p. andar appartamento nobile del Contestabile Colonna, che non si puol seguir sopra, che d’ognuno si vede.
Li fece assignare un servidore, che lo serviva la parte di quanto bisognava p. lui e p. il servidore, et ordinò al Mastro di Casa che lo trattase come la sua propria persona.
La sera lo fece chiamare familiarmente, e li fece studiar una scrittura p. una Cong.e, et un altra p. il Consistoro, cosa di gma. Importanza. Ne fece il ristretto, e poi il voto che doveva portar il Cardin.e con una facilità e chiarezza grande, et il Cardinale ne restò molto satisfatto, con che li prese più affetto. Lettole le scritture li cercò una gratia, la quale si poteva concedere facilmente se cossì le fusse stato comodo.
31.Il Pio Cardinale le rispose: dica pure liberamente e con ogni libertà, che Noi siamo p. darli ogni satisfat.ne.
Sig.Cardinale, Io la servirò puntualmente in tutto quello che arrivaranno le mie forze e sapere, ne tralascierò fatica in qualsivoglia maniera, ma desiderarei starmene fatte le mie devozioni starmene sempre ritirato a studiare, non vorrei star in Ante Camera, ne venir a Corteggio con l’altri Gentil huomini p. non perdere il tempo, che è la più preziosa cosa che sia in questa vita, questo fù il pº avertimento che mi diede Mons.Vescovo quando partii da lui. Quando poi mi farà chiamare verrò sempre prontisimo ad ogni suo cenno.
Li rispose il Cardinale che molto l’edificava della sua p.ma che li faceva esenta da ogni cosa, ma haveria accaro che alle volte trattase con suo Nipote, e li dasse l’avertimenti di ben vivere, acciò la gioventù non lo deviasse essendo assai vivace, e lui p. li negotii non vi poteva attendere , che l’indirizzasse nelle cose spirituali e li darò ordine che non esca di casa senza che li da conto dove deve andare, e che cosa deve fare, habbia patienza se li dò questa fatica di più.
32.Il P. li rispose che l’haveria fatto volentieri non solo al Prencipe, mà a tutta la famiglia, che questo era il suo genio a levar l’offesa di Dio quanto si poteva.
Subito il Cardinale fece chiamar il Prencipe D.Filippo Colonna e li diede ordine che ogni giorno andasse a stare almeno un hora con D.Gioseppe, e non uscisse mai di Casa se prima no pigliasse la sua beneditione e li dicesse con chi, e che cosa doveva trattare con chichesia acciò imparasse i buoni e santi costumi, che a lui saria di grandissima consolatione, e l’haveria dato quel che voleva.
Il Prencipe ubidiente baciò la mano a D.Giuseppe, e li disse che li saria stato sempre ubidiente et haveria fatto quanto li comandava il Sig.Cardinale.
Restò tutto allegro il Cardinale, et ogni sera chiamava il Nipote e si faceva dire quanto haveva trattato con D.Giuseppe.
33.Il Prencipe la sera andava dal Cardinale e li raccontava come con una gratia grande e facilità l’andava dichiarando i pmi rudimenti della fede, e poi pianpiano andava salendo p. farli conoscere l’obligo del Christiano, e come doveva farsi p. fuggir il Peccato, sicche il Principe li prese tal affetto che mai se ne sapeva distaccato, e con questa occasione andava il Prencipe dicendo molte cose spirituali alli Cavalieri, et altri Gentil huomini di Casa, i quali alcuni andavano col Prencipe a farli compagnia e sentir il Padre Gioseppe, che cossì lo cominciarono a chiamare e non più lo chiamavano D.Gioseppe.
Vedendo tutta la famiglia, che tanto il Cardinale come il Principe che godevano assai che ognuno andasse ad imparare qualche cosa, pregarono il Cardinale che comandasse al Padre Gioseppe che alloro ancora insegnasse qualcosa, et il Cardinale godeva grandemente di queste domande e si rallegrava sentirlo chiamare il Padre Gioseppe, sicche quando lo faceva chiamare diceva che chiamassero il P.Giosppe, e pciò li diede il titolo di Padre Prefetto delle cose spirituali della sua famiglia, e pregò allui che aiutasse tutti ad indirizzarli p. la buona strada, acciò conoscano e sappiano quello che devono far p. essere buoni christiani.
34.Il P.Gioseppe assigno l’ora proportionata conforme era la servitù acciò non l’impedissero pª li studi e poi il servitio, che dovevano far al Padrone, e sapeva trovar modi et inventi nuovi tali che tutti capissero quel che diceva, e poi li faceva ripetere alloro stessi; che fece frutto tale, che si rempi tutta la Corte che il Cardinal Marc Antonio Colonna haveva riformata la sua famiglia in maniera che tutta Roma ne restava edificata.
Si sparse questa voce p. il Colleggio de Cardinali, e domandavano il Cardinal Colonna chie era questo suo Padre Prefetto delle cose spirituali della sua famiglia, che era tanto buono che tutti andavano positivamente e con modestia grande, che non pareva più la corte di pma. Uno di questi Cardinali fù il Cardinal Alessandro Cardinal de Medici, che assunto al Pontificato si chiamò Leone undecimo.
35.Li rispose il Cardinal Colonna che l’era capitato un spagnolo del regno d’Aragona di Casa Calasantio Nobil.mo il quale era stato Vicario Generale del Vescovo d’Urgel, huomo dottissimo che intende le materie delle Congregationi in maniera tale, che mi fa li voti p. le Cong.ni con una facilità e prestezza, che Io ne resto stupito; della bontà della vita poi ha riformato non solo i costumi del Prencipe mio Nipote, mà di tutta la mia famiglia, che pare che siano altri huomini, e quando vedono il P.Giuseppe è cosa incredibile come si compongono tacete dicono, che passa il Prefetto, et Io n’ho un gusto tanto grande p. vedere la mia famiglia cossì composta che l’amo più che me istesso; il ritiramento poi che ha quest’huomo, mai esce dalle sue stanze se non quando va a dir la messa a S.Apostoli, poi si ritira alle sue stanze, e non esce se non lo faccio chiamare.
36.Ha insegnato la Dottrina Christiana sino alli garzoni della stalla con tanta facilità, che Io ne resto stupito, non lo vedo mai pratticare con nessuno, ne credo che conosca nessuna persona, e la pma cosa che mi domandò, che l’esentasse dall’anticamera e corteggio, ha l’ore sue tanto spartite che fà satisfatione a tutti, e li vogliono bene contro l’uso delle corti. Quando il Cardinal de Medici intese che insegnava la Dottrina Christiana con tanta facilità, della quale lui era il Protettore, li disse, che li facesse gratia mandarlo da lui con qualche imbasciata dichiarando il voto di qualche Congregatione che lo voleva in ogni maniera conoscere, pche la Cong.ne della Dottrina Christiana benche fusse numerosa, e di persone dotte, non havevano quella esperienza, che lui desiderava.
Lo compiacque il Cardinal Colonna. Disse che l’haveria mandato con due voti fatti da lui, uno p. la Congne de Vescovi e regolari, e l’altro del Concilio, e vedrà con che chiarezza li compone. Restarono che l’haveria mandato p. la sera.
37.Subito tornato a casa il Cardinal Colonna fece chiamare il P.Giuseppe, e li disse che andasse dal Cardinal de Medici, li dichiarasse li due voti fatti p. le Cong.ni pche haveva non so che dubio, e non l’intendeva, se li può metter in ordine, che alle 20 hore la sta aspettando, che haveria dato ordine che se li facci metter all’ordine la carozza, e veda quel che li dice, pche è un Cardinal molto devoto e pio, che se tutti i Cardinali fussero come questo Beata saria la Santa Chiesa. Li rispose che haveria fatto quanto li comandava, mà come che non haveva bene appresa la lingua italiana non sa se l’intenderebbe, e quanto alla Carozza, saria andato appiedi con il suo servidore, acciò l’insegna la strada che lui non sapeva dove stava il Cardinal de Medici.
38.Li replicò il Cardinale, che non voleva in nessun conto, che andasse a piedi, e quando andasse p. suoi negotii sempre ordinasse al Cavalerizzo, che se li metta all’ordine la Carrozza perche non era suo decoro, che i suoi Gentilhuomini vadano appiedi, anzi voleva, che l’accompagnassero due Palafrenieri, che cossì si costuma alla Corte Romana, et in questo si lasciasse governare sintanto che piglia la prattica dell’uso della Corte, e quanto alla lingua Italiana parli pure alla spagnola, che lo sentirà benissimo p.che tutti i Cardinali sentono la lingua e francese e spagnola.
Fù concluso che haveria fatto quanto li comandava, come che era docile, e si lasciava guidare et ubidiva ai cenni.
Venuta l’ora fù chiamato il P.Giuseppe, e postosi in Carrozza, l’accompagnarono due servidori del Cardinale et il suo, giunti al Cortile del Cardinal de Medici, lo dimandò il servidore se voleva che avisasse il Mastro di Camera, che veniva il P.Gioseppe Teologo et Auditor del Cardinal Colonna come s’usava nella Corte, quando vanno questi personaggi primarii de Cardinali che rapresentano la persona del Padrone, e cossì haveva ordinato il Cardinale.
39.Li rispose che quando erano in sala bastava che dicesse che era venuto un Prete del Cardinal Colonna a ricevere i comandamenti del Sr.Cardinale. Entrati in sala andò il Palafriniero dal Mastro di Camera e li disse, che vi era un Prete spagnolo del Cardinal Colonna p. sentire quel li comandava il Sg. Cardinale. Li domandò il Mastro di Camera s’era il P.Prefetto. Li rispose esser lui, il quale è tanto humile che l’haveva ordinato che dicesse solamente un Prete del Cardinale. Subito uscì fora il Mastro di Camera e senza far altra imbasciata lo introdusse dal Cardinale de Medici, il qle li fece sedere e fatte poche cerimonie, li disse in lingua spagnola che il dº Cardinal Colonna suo Sig.re l’haveva mandato a ricevere i suoi commenti, e cominciato a discorrere il Cardinale voleva che li leggessi le due scritture del che restò molto satisfatto, e fingendo di non intenderli p. darli occasione a allungar il discorso, volle che li dichiarasse e vedesse la dottrina trattandosi di negotii assai gravi che il suo Auditore non l’era bastato l’animo di farle in quella maniera.
40.Stava il D.Giuseppe con un sembiante alto mà assai modesto che appena alzava gli occhi a mirar il Cardinale, e lette di nuovo le scritture, le dichiarò le difficoltà con citare le dottrine a mente in tanta copia che il Cardinale ne restò stupito della memoria grande, e nel modo che li rappresentava.
Onde prese l’occasione di domandarli dove haveva studiato, e chi fusse stato il suo Maestro.
Li rispose haver studiato pma in Lerida, e poi in altre Università, mà più s’aveva avanzato sotto la direzione del Vescovo di Lerida, che con la sua gran prattica, che sempre scriveva li voti d’più importanti della Corona di Spagna, haveva appreso qualche infarinatura quando alle volte studiava con lui, questo si che l’aiutava assai la memoria, p. haver studiato Teologia l’apriva più la strada alle cose spirituali, che nella legge Civile e Canonica.
41.Da questo prese il motivo il Cardinale d’interrogarlo maggiormente nella Teologia, e li rispondeva con tanta franchezza, che haveva un gusto grande, onde li cominciò a dire che lui era Protettore della Dottrina Christiana, dove erano scritti molti Gentilhuomini della Corte p. operarii, che facevano qualche frutto, mà non havevano quella diretione che voleva lui, et haveva inteso dal Cardinale Colonna che l’haveva insegnata con tanta facilità alla sua Corte che ne restava assai sodisfatto; se li voleva far piacere le feste a prendersi un poco d’incomodo, saria venuto ancor lui a sentire il modo come la insegnava, che con questa direttione sariano fatti prattici l’altri operarii, e che si contentasse farsi scrivere nella Compagnia.
42.Li rispose che l’haveria fatto volentieri quando si contentava il Sig.Cardinal Colonna suo Padrone. Li prese tant’affetto il Cardinal de Medici, e l’hebbe tanto credito, che pregò il Cardinal Colonna, che li facesse questa gratia a comandarli che si scrivesse alla Dottrina Christiana; come subito eseguì. Cominciò ad operare e fece profitto tale che venuta all’eletione del nuovo Prefetto, che si fece avanti il Cardinale, tutti diedero il voto di Prefetto al P.Giuseppe Calasantio, e prese tal nome per tutta la Corte, vedendo l’altri operarii della Compagnia restar a dietro et elegger lui forastiere, se ne facevano tutti maraviglia, et il Cardinal de Medici che poi fù Leone undecimo lo predicava a tutti i Cardinali, che se ognuno di loro havessero un huomo simile a quel che haveva il Cardinal Colonna, al sicuro tutta la Corte Romana saria riformata, e quando poi fù assunto al Pontificato, se ne racordò facendoli dire, che piacendo a Dio l’haveria aiutato a quanto bisognava; ma pche non campò piu di venti sei giorni li riuscì vano al P.Gioseppe il suo preparamento che haveva fatto come scrive il P.Pietro della Nunziata nella vita di lui al capitolo XV, come si puol vedere.
43.Dopo la morte del Venerabil P. diedimo nota a Mons.Gio: Francesco Ginetti et al Sr.Marchese Cesare Battinoni, Superiori in quel tempo della Dottrina Christiana, e loro, credo che fusse l’anno 1650, essendone Protettore il Cardinal Francesco Barbarino, diedero ordine si vedesse nei libri della Dottrina Christiana, che si conservano dal Secretario nella Chiesa di S.Martinello nella piazza del Monte della Pietà, che si facci la diligenza, se si trova nel catalogo de fratelli il P.Gioseppe Calasanzio Aragonese, e fù trovato che nell’Anno 1593 fù eletto Prefetto della Dottrina Christiana, e fattane publica Congr. destinarono due Parrochiani che furono il Parrochiano di S.Nicola de Cesarini, e l’altro, il Parrochiano di Santa Maria in Monticelli, che facessero tre memoriali in nome di tutta la Compagnia e Congr.e della Dottrina Christiana alla Santità di Papa Alesandro settimo raccontando le virtù d’un loro fratello, li facessero instanza della Beatifica.ne come fecero, parlarono a bocca al Papa che con gusto grande remise li tre memoriali alla Sacra Cong.ne de Santi, quali memoriali poi furono registrati da me nel mio libro fatto apposta p.l’instanze che lasciai in Roma al P.Generale alla mia partenza.
44.Cominciò con tanto fervore ad insegnar la Dottrina Christiana che non contentandosi le feste, mà ancora li giorni di lavoro mentre andava dispensando l’elemosine della Compagnia di S.Apostoli trovava figlioli che non sapevano fare il segno della Croce, ne havevano cognitione delli rudimenti della fede, che questo fù il motivo di cominciare pianpiano ad insegnarli come diremo appresso p. non guastar il filo dell’opera buona che andava facendo, e delle virtù in che s’andava avanzando, pche hora non pretendo scrivere la vita del Venerabil Padre, che ha scritta il P.Pietro della Nunziata, ma dire più chiaramente all’occasione quel che m’ha detto lui.
45.Per fugir l’otio, il sonno, e l’accidenti dell’incursione del Demonio del mezzo giorno l’estate, alli caldi eccesivi di Roma, mentre stava in casa Colonna era solito andarsene al secondo chiostro de Santi Apostoli, et ivi passeggiava dicendo o il Rosario, o vero si portava qualche libro spirituale p. far la lettione (come diceva lui) spirituale, che poi introdusse nelle Regole (dei) Novitii p. levar l’occasioni di qualche pensiero somministratoli dai fumi dei cibi, che sogliono deviar la mente dalle Cose Divine.
Un giorno mentre stava passegiando scesero due Giovani, uno chiamato il P.Bagnacavallo e l’altro fra Gio:Batta di Larino, studenti de frati Minori di S.Francesco, e mentre che passegiava li due studenti cominciarono a far delle leggerezze burlando si seguitavano l’un l’altro, e s’andavano spassando con urtarsi l’un l’altro, come se facessero alla lotta, che passando da una colonna all’altra facevano mille baie da giovanetti.
46.Il P.Gioseppe con bella maniera, li chiamò a se, riprendendoli, li disse, che era meglio quel tempo spenderlo a studiare, o vero far qualche cosa p. salute dell’Anime loro, che in spenderlo in ciance e cose senza profitto alcuno, che attendessero pur a studiare pche loro due dovevano esser i primi Prelati della Relig.ne, et havevano da dar buon esempio all’altri p.aiuto della lor Religione, che solo stava nella mente di Dio quel che li doveva succedere
47.. Restarono a queste parole il Bagnacavallo e fra Gio:Batta di Larino non solo corretti, ma anco emendati, pche quel hora che havevano di riposo dal P.Regente del Collegio di S.Bonaventura non lo spenderanno ad altro, che a studiare o vero a far la lettione spirituale, e fù tanto il loro profitto nelle scienze, e nello spirito, che meritarono i Primi uffici della Religione, poiche il P.Bagnacavallo non solo arrivò ad esser dignissimo Generale della Religione, mà con la consulta e parere del nostro P.Gioseppe pretendeva di riformar la Religione come l’haveva instituita San Francesco, e poi rimessa in piede da S.Bonaventura, onde p. levarsi dalli pericoli d’alcuni poco osservanti, che non lo potevano patire, se n’andò in Venetia dove stiede alcuni Anni, come si vede nelle lettere scritte dal P.Generale al P.Melchior di tutti i santi in Venetia, come si legge nelle lettere raccolte da me nell’Anno 1630, 1631 e 1632, che in una dice che haveva speranza che il Papa Urbano haveva buonissima intentione et ordinava anche al P.Melchiore, che non facesse nessuna operatione senza il Conseglio del P.Bagnacavalli. Il P.Gio:Batta Larino non solo fù compagno dell’Ordine, ma Vicario Generale mentre il Bagnacavallo stiede in Venetia, ma poi fù fatto Generale, et hebbe tutte le preminenze della Religione. /Questo Padre morì di peste in Napoli a S.Fracesco di Capodimonte l’anno 1663 Nota al margine. N.d.R/ Morì in Venetia il Pre Bagnacavallo a tempo della Peste dell’Anno 1632.
48.Tutto il pmo caso della preditione, quando erano giovani, il P.Bagnacavallo e fra Gio:Batta Larino, l’ha raccontato a me et al P.Vincenzo della Concettione il medesimo Pre Larino dell’anno 1652 se mal non mi racordo, che venne in Roma e pretendevamo di farlo esaminare nel processo, che si stava facendo via ordinaria del nostro Venerabil Padre, che poi si partì p. Napoli dove morì, ma lasciò il tutto scritto di sua mano come una fede al P.Vincenzo della Concettione, che di quel tempo era lui Procuratore della Causa, che non so dove lasciasse detta scrittura.
49.Fù anco fundata nelli medesimi Anni 1592 o vero 1593 la Compagnia delle Sacre Stigmate di S.Francesco da molti Signori pii, che chiamava la scuola della mortificatione, et in particolare v’era il Duca d’Acqua di Casa Cesis, huomo di gran pietà, che haveva una ampolla di sangue uscita dalle sacre piaghe di S.Francesco, che donò a detta Compagnia, come tutta l’ottava delle Sacre Stigmate sta esposta, e da tutti si vede su l’altare, et Io l’ho vista molte volte, dove p. devotione vi concorre tutta Roma, et la Domenica infra l’ottava ne fanno una soll.ma proces.ne che l’accompagnano tutti i frati dell’ordini di S.Francesco con g.ma divozione, e tutta l’ottava vi sono due Panegirici uno la matina, l’altro la sera; e si fà eletione delli megliori Predicatori che sono in Roma, e Protettore in questa Compagnia è il Cardinal Francesco Barbarino. Il quale v’assiste con grand.mo esempio d’humiltà, sono Guardiani in questa Compagnia i Prencipi conspicui di Roma eletti da medesimi fratelli, vi è stato alcuni anni il Duca.Strozzi. D.Lelio Ursino, et il Prencipe di Palestrina Nipote del detto Cardinal Barbarino.
50.Per il nome della bontà grande, che haveva il nostro P.Gioseppe fù invitato a questa nuova fund.ne della Compagnia, il quale ogni venerdì doppo pranzo andava a questa scuola di mortificazione p esercitarsi alle sante virtù, dove spiegava le vele del suo spirito, che ne lasciò la memoria ai posteri, fecero le loro Regole e ne fù lui il zelatore p. farli osservare come raccontava il Duca Cesis morto. S’innamorò tanto di questo Instituto, e della Divotione delle Sante Piaghe, che vole andare due volte ad Assisi alli 2 d’Agosto in due Anni p. guadagnar l’indulgenze della Porciuncula a S.Maria dell’Angeli, come lui medesimo raccontò a Mons. Fra Bonaventura Claver vescovo di Potenza ancor vivente dal quale ho saputo quel che successe e che lui li conferì in discorso mentre che era Regente del Colleggio di S.Bonaventura con l’occasione, che li conferiva li travagli, che passava il P.Bagnacavallo come al fine dichiararò come si seppe.

Notas